Messina Denaro, tutti i nomi in codice nei "pizzini" - QdS

I nomi in codice e il Messina Denaro “filosofico” che emerge dai pizzini

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I nomi in codice e il Messina Denaro “filosofico” che emerge dai pizzini

Redazione  |
sabato 04 Marzo 2023

Un "credo" personalissimo, tanti soprannomi e soprattutto un profondo amore per la mafia e la sua "cultura": ecco cosa emerge dai "pizzini" del boss di Castelvetrano.

I “pizzini” decisivi per la cattura dell’ormai ex superlatitante Matteo Messina Denaro e finiti nelle mani delle forze dell’ordine hanno rivelato molto del boss, compresi i suoi “soprannomi” (o meglio, nomi in codice).

Sono decine e decine di fogli, analizzati con la massima attenzione nell’ambito dell’inchiesta sulla rete di fiancheggiatori di Messina Denaro e che ha portato all’arresto – tra gli altri – della sorella del boss, Rosalia.

Tutti i nomi in codice di Matteo Messina Denaro

I “pizzini” andavano distrutti, ma così non è stato. Si è già ampiamente parlato di come quei documenti cartacei – che mettevano nero su bianco spostamenti, “business” e attività del boss Messina Denaro – siano stati fondamentali per il suo arresto.

Da quei pezzi di carta accuratamente arrotolati e conservati, però, emergono anche tante verità sull’ex superlatitante. Come i “soprannomi” che utilizzava per non farsi riconoscere e continuare indisturbato la sua lunga latitanza, con la complicità della sorella, dei prestanome e degli svariati fiancheggiatori al centro dell’attenzione degli inquirenti.

Nei “pizzini” finiti in mano alle forze dell’ordine, appaiono i tanti nomi in codice del boss Messina Denaro: tra questi ci sono Fragolone, Fragolina, Condor, Ciliegia, Reparto, Parmigiano, Malato, Complicato, Mela.

Fragolone, il soprannome della sorella

Tra i soprannomi citati in alto, il nome in codice “Fragolone” era particolarmente caro a Matteo Messina Denaro. Così lo chiamava, infatti, la sorella Rosalia. La stessa donna che avrebbe gestito a lungo, secondo l’ordinanza del gip, la “cassa” di Cosa nostra e seguito con particolare attenzione l’evoluzione della malattia del fratello.

Proprio il “diario clinico” del fratello e i bigliettini “conservati” avrebbero contribuito – dopo il posizionamento di alcune microspie nell’abitazione di Rosalia Messina Denaro poco tempo prima dell’arresto – alle indagini che hanno portato all’arresto del boss Matteo. Pare che per Rosalia, i pizzini fossero una sorta di “promemoria”. Per questo, in parte non venivano distrutti. Un “errore” strategico che, però, si è rivelato decisivo per la cattura dell’ultimo Padrino.

Il Messina Denaro “orgoglioso” di essere mafioso

Oltre ai nomi in codice, di Messina Denaro i “pizzini” rivelano anche le idee e le riflessioni sulla vita, sull’amore, sulla famiglia (soprattutto sul rapporto complesso con la figlia) e perfino sul suo “ruolo” nel mondo.

“Non si deve mai ritornare da una persona dalla quale ci siamo allontanati. È una regola della mia vita”, si legge in uno dei pizzini sequestrati a Rosalia Messina Denaro. O ancora: “Ho conosciuto tante persone coraggiose con le pecore e pecore con le persone coraggiose. Ho sempre disprezzato questo modo di vivere, che schifo”. Sembra che il boss nei suoi scritti non desse solo istruzioni, ma vere e proprie regole di vita secondo il suo personalissimo credo.

Da un altro pezzo di carta, invece, emerge un boss meno “filosofico” e più sicuro della sua “importanza”: “Non si dimenticheranno mai di me”, diceva sia delle forze dell’ordine che lo ricercavano sia da migliaia e migliaia di cittadini che speravano nella cattura del boss stragista. E Messina Denaro non ha mai neanche rinnegato il suo vero “amore”, la mafia. In uno dei pizzini, infatti, avrebbe scritto: “Siamo stati perseguitatati come se fossimo canaglie. Siamo diventati una razza da cancellare anche se siamo figli di questa terra di Sicilia. Essere incriminati di mafiosità lo ritengo un onore“.

E dall’analisi di eventuali nuovi pizzini emergeranno probabilmente altri dettagli importanti per le indagini. Da alcune indiscrezioni, per esempio, si parla di una possibile “talpa” tra le forze dell’ordine. Una circostanza da verificare ma che potrebbe spiegare i tanti anni di “tranquilla” latitanza del boss e la capacità di sfuggire a diversi controlli e blitz.

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