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Istat, redditi bassi al palo, disuguaglianze in aumento

Istat, redditi bassi al palo, disuguaglianze in aumento

Neet, l’Italia ha la percentuale più alta tra i paesi dell’Ue (22,2%)

ROMA – Redditi bassi ancora al palo, disuguaglianze in aumento, crescita del Pil pro capite in rallentamento, maggior numero di Neet in Europa ma persone a rischio povertà diminuite del 28,9%. È questa la fotografia scattata sulla società italiana dall’Istat nell’ultimo rapporto 2020 sui Sustainable Development Goals.

In particolare, il rapporto evidenzia come nel periodo tra il 2004 e il 2017 la crescita dei redditi della popolazione a relativamente basso reddito ha subito un deciso peggioramento. Nel 2017 i redditi di tutta la popolazione sono aumentati in misura maggiore dei redditi delle persone più povere (rispettivamente +1,6% e +0,2%). Inoltre, la percentuale di reddito disponibile per il 40% della popolazione italiana più povera (19,3%) è inferiore alla media europea (20,9%, dati 2016).

Continuano ad esistere le disuguaglianze territoriali anche nel settore “Green”. Infatti, in Italia, negli ultimi anni, ha registrato progressi nello sviluppo sostenibile, ma il Sud è rimasto indietro. L’analisi degli indicatori di sviluppo sostenibile per i quali sono disponibili le informazioni sull’ultimo anno mostra un quadro complessivamente positivo, con miglioramenti registrati per il 48,1% degli indicatori, mentre il 29,7% rimangono invariati e il 22,2% segnalano un peggioramento. La mappa regionale dello sviluppo sostenibile evidenzia situazioni di eccellenza nelle province autonome di Bolzano e Trento dove circa il 48% degli indicatori si trova nel quinto quintile, quello più virtuoso. Anche la Valle d’Aosta manifesta una distribuzione particolarmente favorevole (41,7%). Ad eccezione di queste aree geografiche, gli indicatori di sviluppo sostenibile assumono una configurazione più favorevole nelle regioni del Nord-est e in Lombardia rispetto a Liguria e Piemonte.

Nelle regioni centrali, la distribuzione degli indicatori nei quintili risulta maggiormente concentrata nel terzo quintile, con situazioni più favorevoli in Toscana e Umbria mentre la distribuzione del Lazio presenta quote più pronunciate di indicatori nel secondo quintile evidenziando situazioni più sfavorevoli.

Nelle regioni meridionali i valori assunti dagli indicatori sono tra i più bassi, con quote significative di presenze nel primo quintile soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania (rispettivamente 58,3%, 52,2% e 48,5%) mentre in Abruzzo, Molise e Sardegna la distribuzione appare meno sfavorevole.

Per quanto riguarda il Pil pro capite, dopo la ripresa del periodo 2015-2017, gli ultimi due anni evidenziano un rallentamento della crescita dell’indicatore economico, che si accentua maggiormente nel 2019 (+0,4%). Il valore aggiunto per occupato diminuisce nell’ultimo anno dello 0,4% evidenziando una dinamica più sostenuta del fattore lavoro rispetto alla produzione.

Un altro aspetto preso in considerazione dall’ultimo rapporto Istat sono i giovani italiani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet: nel 2019 l’Italia mostra la percentuale più elevata (22,2%) tra i Paesi Ue, in calo comunque rispetto al 2018 di 1,2 punti percentuali.

In controtendenza rispetto al quadro fino ad ora delineato dall’Istat è il numero di italiani a rischio povertà. Quest’indicatore, infatti, è in diminuito del 28,9% rispetto all’anno precedente. Secondo il rapporto, nel 2018 a popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale è pari al 27,3% (circa 16 milioni e 400 mila individui). Nonostante il massiccio calo Il livello italiano rimane comunque superiore a quello europeo (21,7% nel 2018 dal 22,4% del 2017). Nel 2019 si confermano i progressi nella riduzione della povertà in Italia: l’incidenza di povertà assoluta riguarda il 6,5% delle famiglie e il 7,8% degli individui (7,8% e 8,4% nel 2018).