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Karim Rashid, sovrano dello Slur Pink design

Karim Rashid, sovrano dello Slur Pink design
Karim Rashid

Continua il viaggio in Sicilia con i protagonisti della nostra contemporaneità

Inarrestabile e agognato luogo di visitazione è la nostra Terra di Sicilia, sin dagli albori delle civiltà meridiane, quella “terra degli armenti del Sole”, come ebbe a chiamarla Omero nell’Odissea, dai profili carichi di numerosi misteri e insieme attrattiva e persino seducente. Ed è attraverso la creazione immaginifica messa in atto dalla scrittura, su cui si modella l’immaginario del lettore, e che in una fase successiva si deforma a tal punto da poter produrre un processo di mitologizzazione dei siti consacrati dalle pagine di un autore. La scrittura che rappresenta i luoghi, ha spesso trovato la sua opera necessaria d’ispirazione in un viaggio, quale esperienza di una Bildungs interiore che delinea un cambiamento esistenziale irreversibile e tale da meritare che ne possa restare preziosa memoria ai posteri.

È quell’Italia che, a partire del Settecento, ritroviamo in numerosi scritti quale meta privilegiata del Grand Tour, in ossequio ad un’eredità proveniente dalla tradizione classica qui mitizzata come culla della civiltà, ad aver spronato ed ispirato molti letterati che hanno convertito il progetto del loro itinerario lungo uno spazio, lungo una distanza che mutua in vicinanza, in un percorso a ritroso nel tempo alla spasmodica ricerca di un’età ormai dileguatasi. Delle volte, invece, tale viaggio sgorga prepotente dal desiderio insaziabile mosso dalla passione nei confronti di un preciso personaggio e dei paesaggi d’elezione ove questi si è profuso e mosso, che attraggono non solo visitatori curiosi, ma anche coloro che desiderano respirare l’aura di quei luoghi.

L’Odissea, il romanzo dei viaggi e delle avventure sulla terra e sul mare per eccellenza, in cui Omero offre ai seguaci di tutte le letterature di ogni tempo un magnifico esempio di narrazione retrospettiva, che anima e vivifica continuamente il racconto ed il poema, mediante il continuo innesto di visioni dalla sensualità spesso estrema. In relazione all’aspetto cronologico ed all’ubicazione territoriale su cui si srotolano gli eventi, a differenza dell’Iliade in cui il racconto si svolge in una perfetta unità di luogo e di tempo, un tempo pari ai cinquantuno giorni di azione, nell’Odissea la scena del racconto si amplia enormemente sino ad abbracciare l’intero Mediterraneo. E’ verosimile che Omero non abbia conosciuto personalmente tutti i luoghi descritti nel poema, ma che ne abbia certamente sentito i racconti da altri viaggiatori e specialmente da numerosi marinai, luoghi da cui egli, come ogni artista, pare abbia tratto ispirazione per poterli poi trasfigurare mediante l’utilizzo della propria fantasia o, talvolta creandoli addirittura.

Il paesaggio raccontato da Omero, che fa da sfondo alle avventure di Ulisse, sempre vario e diverso, insolito e straniante, colmo di immense sollecitazioni di natura sensuale (…il canto ammaliante e irresistibile delle sirene, docet), è costituito da un paesaggio mediterraneo vivo, fresco, colto con una felicità e spontaneità di impressioni, di suggestioni, con una rapidità di notazioni tutte particolari. L’Odissea è poema di sentimenti intimi e di affetti domestici, in ragione della sua struttura sapiente e raffinata, ricca di colori e di enorme plasticità degli eventi, riesce più prossima al nostro sentire contemporaneo. Omero ha operato qui la sostituzione dell’elemento narrativo tragico e drammatico, scendendo dalla condizione eroica a quella umana, trascinandoci in una dimensione propria del regno della fantasia, dove le creazioni si sommano alle creazioni, persino il narratore cede spesso il posto ad un altro narratore, come a voler mettere in scena quell’ansia dell’ignoto, della conoscenza, di voler misurare la propria umanità confrontandola con quella posseduta da altri popoli, con la viva nostalgia di della propria terra, dei parametri esistenziali legati ad una intimità domestica.

Ed è quello di cui ha inteso parlare Karim Rashid, uno dei protagonisti illustri del circo mediatico mondiale del design che, viene ad aggiungersi alla lunga lista di visitatori eccellenti che scelgono quale tappa inderogabile del loro Grand Tour del design proprio la nostra isola, in un incontro tenutosi presso lo showroom Abitare Decor di Catania e promosso in collaborazione con l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Catania. Nel 2018 ebbi a scrivere di Karim Rashid nella mia opera editoriale dal titolo “Un selfie con Tito D’Emilio. Libera conversazione tra Arte, Design, Architettura, Comunicazione e Pornopotere”(Malcor D, NdA). E qualche anno dopo, ho praticato l’investitura regale a Karim rashid quale imperatore dello ‘SlurPink Design’, nel mio libro, per l’appunto dal titolo “La Vie en Rose. SlurPink Design & Barbie Connection” (Luigi Patitucci, ohome, 2023, NdA), quella leccata Rosa che ha colonizzato tutta una costellazione di oggetti da lui disegnati e, a seguire il mondo intero! Rashid è solito disegnare persino con i pennarelli di colore Rosa.

Mi sono sempre sentito come travolto dall’enorme mole di oggetti disegnati da Karim Rashid e posti in produzione da una costellazione di aziende, grandi e piccole, in ambito planetario, ed ancor più posti in ostensione con febbrile continuità dal sistema mediatico che ruota attorno alla disciplina del design. Già allora mi sentivo distante dalla maniera di operare del nostro designer e, ancor più a quel tempo, in cui persino all’interno del testo dell’opera citavo l’agognata pratica promossa dal designer Fabio Novembre sulla necessità di dover inseguire ogni volta la conquista di un “Best Off”, il progetto di un prodotto unico ed irripetibile, per originalità ed efficacia dei suoi parametri d’esercizio, quale alternativa alla iperproduzione di oggetti che non sono pezzi da camera, come sono solito chiamarli, ma ‘gadget ad alto grado di appetibilità’ che non fanno che ingolfare i nostri già provati ecosistemi ambientali.

Già a quel tempo, ritenevo l’approccio di metodo adottato da Rashid come una maniera ormai superata di fare Design, in ragione della totale assenza nella sua opera di minime questioni dibattimentali che potessero coinvolgere la nostra attualità, così attanagliata da problematiche complesse e stringenti. Ne percepivo soltanto la costante, e roboante, presenza della volontà di rendere il mondo più divertente, fortemente divertente. Friendly diremo oggi. Ed era questa traiettoria a non dispiacermi. Se ci pensate, è un po’ come quegli amici che vogliono essere simpatici a tutti i costi ed in ragione di ciò riescono a rendersi insopportabili dopo qualche tempo. Poco tempo. E poi, credevo, (e me lo chiedo ancora!) che persino Rashid, dopo un quarto d’ora di frequentazione, potrebbe stancarsi di avere al suo fianco uno dei suoi oggetti. E questo ridottissimo tempo di obsolescenza, che possiede la maggior parte dei suoi oggetti posti in produzione, a farne il suo grande limite d’intervento nella nostra epoca.

“Alle aziende interessa vendere più che far progredire il genere umano”

Ma, quando qualcuno riesce a smontare, demolire ogni mio antico convincimento, ogni mio credo assoluto, sorprendendomi e costringendomi ad una arrendevolezza benefica e, talvolta persino salvifica, ne sono sempre felice. Ed è quello che è accaduto durante la Confidential talk del designer, dove egli, con il suo solito fare gioioso, ha sbalordito tutto l’uditorio sin dall’inizio, cominciando anch’egli con somma arrendevolezza a dire: “Diciamolo senza alcuna esitazione: alle aziende interessa vendere, più che far progredire il genere umano. Tutto quello che ho disegnato di estremamente importante in tal senso, non è stato mai prodotto!”… “Perché il design non è Arte, è fare qualcosa per gli altri!… perché noi disegniamo noi stessi quando prendiamo delle decisioni per noi stessi”. Immaginate il mio stupore, davanti a dei proclami di natura ambientalista, ecologista, di giustizia sociale, e che venivano fuori una dietro l’altra dalla bocca di uno dei più prolifici designer del pianeta. Ma non è finita qui, Rashid con baldanzosa ironia continuava ad inanellare proclami di natura giustizialista… “Il design è un atto sociale!…ed io mi sento intrappolato dentro tale funzione di servizio.” Ed ancora: “Amo la plastica perché è democratica e, adesso che ci si comincia a muovere con la Bioplastica, immagino scenari di sviluppo straordinari!”. E sotto con la riflessione sulla necessità di doversi impegnare nello sforzo di dover mitigare ciò che rende triste la nostra esistenza su questo pianeta, ciò che proviene dallo scenario di prossimità, proprio nella nostra epoca, in cui il mondo si è ridotto, con la visione panoramica concessa dai sistemi di comunicazione adottati che ne hanno rimpicciolito le distanze, si sono generate le condizioni per cui ognuno di noi può realizzare un piccolo contributo che, potenzialmente, potrebbe fare la differenza, se integrato ad altri contributi.

Ed in tal senso, la Scuola Italiana di vita da cui si originano le pratiche preziose ed i processi che universamente vengono riconosciuti sotto il nome di Made in Italy, è stato determinante nella formazione e nello sviluppo di un preciso approccio di metodo del nostro designer e, lo abbiamo scoperto quando ha cominciato a raccontare alcuni episodi salienti della sua permanenza nel nostro paese sin da giovane allievo: “Circa quaranta anni addietro lavoravo nella città di Milano, ed un giorno sono andato al bar sotto lo studio ed ho visto un ragazzino di 12 anni dietro il bancone a preparare un cappuccino. Quel ragazzino, in barba ai divieti sul lavoro minorile, era lì ad imparare da adulti che erano lì da diversi decenni a fare la stessa opera con Amore! Quest’opera io la ritengo estremamente gratificante per questi individui, è innegabile, basta osservarli mentre lavorano. Ed è stato lì che ho capito che con la Passione farai sempre bene. Peraltro, oggi è scientificamente provato che se non agisci in tal modo è cosa certa che quale conseguenza nefasta avrai una vita triste!”.

Lo scrittore Paolo Giordano nel suo libro “Il corpo umano”, narra la storia di un impiegato che, da un momento all’altro si trova senza postazione e senza incarichi, all’interno della grande struttura aziendale che lo accoglie da anni, e mosso dalla volontà di volersi occupare di qualcosa comincia a praticare delle migliorie all’interno dello scenario lavorativo. Organizzando persino la mensa, ne rivoluziona i metodi e le modalità esecutive delle pietanze, pur mantenendone i profili di continuità. Ed il risultato è notevole, i consensi sono unanimi e, alla domanda su cosa avesse introdotto di innovativo nel processo egli risponde sempre a tutti che “è soltanto stato fatto tutto con Amore!”.

Ed anche Rashid ribadisce tale concetto con forza, affermando che: “la Bellezza non è un dato superficiale!…ma essa è un elemento essenziale per tutti noi! Pensate a come, nelle epoche passate, era considerata una ossessione talmente era bramata, vagheggiata….la Bellezza non è soggettiva, mi dispiace deludervi.”. E poi sotto con l’ultimo proclama che, con sbalorditiva sfrontatezza mostra il suo recente allineamento con la traiettoria teorica (…per il momento solo teorica!) con il concetto prima espresso del ‘Best Off’, sostenendo che ”L’originalità ha vita lunga, se segui i trend ogni cosa che avrai progettato avrà vita corta. è l’Anticristo seguire le tendenze!”. Ed alla fine ne sono convinto, di questa traiettoria di redenzione mostrata infine da Rashid, tutta agganciata a questo delinearsi di continue, ininterrotte sollecitazioni, questa immissione in ogni scenario possibile di una quantità gigantesca di potenziale energetico, spesso proveniente dal sapiente innesto, nello sviluppo narrativo della sua opera, di uno o più elementi di attivazione di un ingaggio.

Elemento, quest’ultimo, che viene spesso alimentato da un dato ludico, immesso con superba intenzionalità nella direzione della utenza, a rappresentare il miglior propellente per la generazione di quei preziosi criteri di gradimento, di appetibilità, di soddisfacimento, che il design italiano riesce ancora, prepotentemente, a mettere in circolo. A rivederci allora Karim, con una nuova posizione critica dentro il nostro mondo stretto com’è tra problematiche complesse ed emergenze, con l’inderogabile necessità di poter donare attraverso il Design Amore e Bellezza…e, meno gadget.