Molti confondono la “chiamata all’eredità” di un soggetto con la qualità di “erede”
Molti confondono la “chiamata all’eredità” di un soggetto con la qualità di “erede”, e ciò per il semplice fatto che quest’ultimo sia, ad esempio, il figlio del defunto ( altrimenti detto “de cuius”).
La qualità di erede, invece – continuando nel citato esempio – non si acquista automaticamente con la morte del padre, ma s’acquista soltanto quando – rientrando nel novero dei parenti aventi diritto all’eredità, quindi entro il sesto grado – il chiamato all’eredità dichiari espressamente d’accettare quest’ultima.
Potrà fare ciò attraverso un atto notarile oppure attraverso dei fatti inequivocabili che dimostrino la volontà d’assumere la qualifica di erede: ad esempio entrando nel possesso di un appartamento di proprietà del defunto o pagando anche un solo debito del defunto.
Il “chiamato all’eredità” ha 10 anni di tempo per accettare l’eredità e quindi ha anche dieci anni di tempo per rinunziare. La rinunzia all’eredità – ad esempio – fatta dal figli o(“chiamato all’eredità“) nei confronti del padre, se viene effettuata prima del decorso dei dieci anni, esclude qualsiasi responsabilità del primo circa i debiti ereditari del padre.
Di regola le sanzioni tributarie e le contravvenzioni stradali non vanno pagate dagli eredi. La rinunzia va presentata con atto scritto, presso il Tribunale competente, in base al luogo di residenza del defunto.