La fine della democrazia - QdS

La fine della democrazia

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La fine della democrazia

Giovanni Pizzo  |
mercoledì 09 Novembre 2022

Una vittoria già al centro di polemiche quella di Lula in Brasile: il commento sulla situazione del Paese sudamericano ma anche nelle varie "democrazie" nel mondo.

Mentre sono in spoglio le elezioni in America, con possibilità di ribaltone della maggioranza al Congresso, vogliamo parlarvi di un mondo lontano, spesso ignorato dai media, i quali prediligono focalizzarsi sempre sul mainstream. Stiamo parlando del Brasile, che non è solo Ginga e Samba, ma anche un colosso sudamericano, oltre che il polmone verde di un mondo minacciato sul clima.

Ve ne parliamo perché da giorni si manifesta, pacificamente per ora, in tutto il Brasile, ma soprattutto al Sud, la parte più produttiva, per il risultato elettorale. L’elezione di Lula appare esigua e il voto elettronico, può dare sospetti visto che siamo in epoca hacker. Inoltre, non si capiscono bene le condizioni di salute del Presidente eletto.

Alcuni giornali di lingua spagnola dicono che ha avuto un’ischemia. Il Paese è in bilico democratico e i manifestanti invocano l’intervento della polizia federale, che in questo momento rappresenta un baluardo di legalità. Il Brasile storicamente, a differenza della vicina Argentina, non è mai stato uno Stato in cui le gerarchie militari sono state forti. I portoghesi, a differenza degli spagnoli, primeggiavano più commercialmente che militarmente.

Bolsonaro è un uomo delle élite del Sud, impersonifica San Paolo, la parte finanziaria e commerciale del gigante sudamericano. Ha spinto la leva dell’economia liberale per far riprendere PIL al suo Paese. Qui c’è però un forte contrasto, recuperato da Lula, con il Nord povero e in forte difformità. A Dove le politiche di Lula erano di assistenzialismo tramite bonus e assegni, soprattutto verso la natalità. A parti invertite sembra l’Italia, ma lì siamo nell’emisfero australe e quindi Sud e Nord sono invertiti. Bolsonaro aveva puntato sull’agricoltura, difficile per le condizioni climatiche soprattutto della parte amazzonica. Qui manca il mondo, la Banca mondiale e l’FMI.

Una politica globale avrebbe dovuto investire in quote verdi di ossigeno per mantenere il polmone mondiale, e con questo programma internazionale cercare una via produttiva che producesse redditi per una popolazione locale molto povera. Invece multinazionali, soprattutto del petrolio, immettevano soldi in tangenti per Lula e compagni, figli di un socialismo deviato, un progressismo che tiene i poveri in sussistenza sufficiente per portarli al voto, una droga para-democratica. Anche Trump si rivolge alla parte meno abbiente dei cittadini americani, soprattutto i bianchi poveri orfani di aziende sconfitte dalla globalizzazione.

Il vero problema, mondiale, sta diventando la lotta alla disuguaglianza, la desertificazione, oltre che dell’Africa sub sahariana, del ceto medio, e il metodo di questa lotta. Il metodo assistenziale o iper-liberale, rischiano di drogare il valore dei voti e quindi della democrazia. E oltre alla democrazia esistono solo le autocrazie, come quella russa ma soprattutto quella cinese.

Bolsonaro forse non era perfetto: sulla pandemia è stato cinico, ma i morti in Italia in ragione della popolazione non sono da poco, se no non si sentirebbe il bisogno di una commissione d’inchiesta. Ha cercato di portare avanti il modello San Paolo, con economisti della scuola di Chicago, tentando di invertire il calo del Pil. Ma Lula, che oggi è un mistero, defenestrato per corruzione capitalista, anche se oggi osannato dalle elite di sinistra, saprebbe interpretare modelli di sviluppo sostenibile differenti?

Sempre che abbia vinto le elezioni sul serio? Il gigante sudamericano ci dà un campanello d’allarme per le sempre più fragili democrazie europee, che in Svezia e in Italia hanno avuto trombe sovraniste. Sta liquefacendosi la democrazia che il mondo, nei millenni, ha conosciuto solo in questo Dopoguerra? Il capitalismo finanziario globale sta “mangiando” la democrazia? Tante domande. Datevi una risposta. O comunque ponetevi queste domande. Non c’è solo Greta, anche se il clima è prioritario, ma anche tanti cretini che vengono portati a non pensare.

Così è se vi pare.

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