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La Regione ignora l’agricoltura del futuro, nessun incentivo previsto per l’idroponica

Gabriele DAmico

La Regione ignora l’agricoltura del futuro, nessun incentivo previsto per l’idroponica

mercoledì 13 Novembre 2019

La coltura fuori suolo occupa solo 1.200 ettari in Sicilia nonostante sia più produttiva e con frutti di migliore qualità

Quando si parla di colture agricole la prima cosa che viene in mente nell’immaginario collettivo è una distesa di terra sulla quale si coltivano svariate piante di una stessa specie. In realtà non è sempre così, specialmente nel settore orticolo. Infatti, dagli anni Ottanta, in tutta Europa, hanno cominciato a diffondersi le prime tipologie di colture fuori suolo e idroponiche.

Questa pratica altamente rivoluzionaria consente di mettere da parte il terreno agrario, considerato fondamentale dall’agricoltura tradizionale. Le piante coltivate in idroponica, traggono il nutrimento necessario da una soluzione, composta da acqua e sali minerali, nella quale possono essere immerse in modo diretto o indiretto, attraverso un substrato di torba o di lana di roccia che è immerso nella soluzione.

La maggior parte delle realtà aziendali attive in questo settore, sostengono che il risparmio di acqua rispetto all’agricoltura tradizionale sia pari a circa il 90%. Infatti, è possibile usare un sistema a ciclo chiuso in cui l’acqua non va mai sprecata.

“I vantaggi di questa pratica – sostiene Cherubino Leonardi, professore di orticoltura e floricoltura dell’Università di Catania – derivano dal fatto che si coltiva su un substrato diverso dal terreno agrario che in certe circostanze può essere inospitale per le colture agrarie. A tale vantaggio si aggiunge il fatto che nelle colture fuori suolo la gestione dell’alimentazione minerale viene realizzata in maniera più precisa”.

Inoltre, la mancanza di suolo consente alla pianta di destinare ai frutti e ai semi, tutte quelle energie normalmente utilizzate per lo sviluppo di radici resistenti. Questo fa sì, che le coltivazioni idroponiche siano più produttive rispetto a quelle tradizionali, qualitativamente migliori e a basso impatto ambientale, in quanto, normalmente, non vengono usati agrofarmaci.

In Italia, negli ultimi anni, si è assistito a un notevole incremento di questa particolare pratica, che è diffusa esclusivamente in coltura protetta, ovvero all’interno di serre ad elevate prestazioni tecnologiche. Infatti, un requisito fondamentale, quando si parla di coltivazioni idroponiche, è il controllo del clima, che consente anche di destagionalizzare i prodotti e, dunque, di poter produrre durante tutto l’anno.

Attualmente si stima che ci siano circa 6 mila ettari di superficie occupate da colture fuori suolo. Tra questi sei mila ettari, ci sono anche delle eccellenze, come Sfera Agricola, un’azienda nata da una start up nel 2016, in provincia di Grosseto. Il suo fondatore, Luigi Galimberti, rivolgendosi a un fondo di capitale, ha investito 20 milioni di euro in questo progetto, che vanta oltre 10 ettari di superficie occupata da colture idroponiche.

“Nel 2018 – ha dichiarato Luigi Galimberti – abbiamo fatturato 3,7 milioni di euro. Nel 2019 chiuderemo a 7,6 milioni e le previsioni per il 2020 sono di chiudere a 12 milioni”.

Nel territorio regionale, invece, con circa 1200 ettari le colture fuori suolo occupano più del 15% delle superfici destinate alle colture protette. Le province siciliane più dedite a questa pratica colturale sono Ragusa, Siracusa e Agrigento, ma si trovano diverse realtà aziendali anche nel marsalese. La produzione idroponica e fuori suolo riguarda principalmente le colture ortive e in modo particolare il pomodoro. Basti pensare che quando andiamo a fare la spesa e guardiamo nel banco dell’ortofrutta, i pomodori che vediamo, per circa l’80% sono “idroponici”.

Tuttavia, questa tecnica è stata impiegata episodicamente anche per altre colture. Un esempio è rappresentato dall’azienda agricola Geva dei fratelli Vita, nell’agrigentino. Questa realtà imprenditoriale, collaborando con l’Università degli studi di Palermo, è riuscita a diventare la prima al mondo a coltivare l’uva da tavola in idroponica.

Il principale problema, tuttavia, è che non c’è uno specifico interesse per i prodotti provenienti da coltivazioni fuori suolo in quanto tali. Infatti, non esiste un’etichetta che li distingua dagli altri, come accade, per esempio, con i prodotti biologici, né tantomeno esistono degli incentivi di carattere nazionale o europeo. Questo, unito al fatto che gli investimenti per realizzare e gestire coltivazioni di questo tipo sono milionari, pone dei limiti alla diffusione dell’idroponica. Negli ultimi anni, infatti, si è assistito a un settore che cresce lentamente e gradualmente. Al contrario di come avviene in altri paesi dell’Unione europea, come ad esempio, in Olanda, dove questo settore è stabile. Infatti, nei Paesi Bassi, le colture fuori suolo, interessano circa 12 mila ettari. Ovvero sono dieci volte maggiori rispetto a quelle siciliane e il doppio di quelle italiane.

agricoltura-idroponica

Il “botta e risposta” tra il presidente di Confagricoltura Agrigento Rosario Ragona e l’assessore regionale all’Agricoltura Edy Bandiera

L’associazione: “I tempi della politica sono lunghissimi, le imprese non possono aspettare. Rischio disimpegno per i fondi comunitari”
Investire nelle colture idroponiche e nel fuori suolo, come abbiamo visto, ha dei benefici immensi, sia dal punto di vista economico sia da quello qualitativo e igienico-sanitario del prodotto finale. “Dalle nostre parti – dichiara il presidente di Confagricoltura Agrigento, Rosario Ragona – dobbiamo fare i conti con diversi nematodi presenti nel terreno che sono difficili da sconfiggere. Grazie alle colture fuori suolo, il rischio di fitopatie non c’è e si ottiene un prodotto più omogeneo”.

Nonostante l’assenza più totale di incentivi nazionali e regionali, a dimostrazione degli ottimi risultati che si ottengono da questa pratica, sono molti gli imprenditori siciliani che investono nel settore. A partire da Rosario Ragona stesso che, oltre a essere presidente di Confagricoltura Agrigento, ha una azienda agricola a Canicattì (Ag) nella quale c’è una parte interamente dedicata alle colture fuori suolo.

“Anche se noi proviamo a scommettere su queste pratiche colturali – continua – il problema è che non ci sono incentivi. In Sicilia, per esempio, attendiamo il bando sull’innovazione da due anni e quest’anno c’è un rischio di disimpegno di fondi comunitari superiore a 348 milioni di euro (è solo di ieri la notizia dello sblocco di 50 mln per gli agricoltori, ndr). Con la Regione – ha concluso Ragona – siamo in dei tavoli tecnici dove abbiamo sollevato diverse questioni sulla misura più importante, ovvero quella degli investimenti, ma anche sul risparmio idrico e su queste pratiche colturali. I tempi della politica sono lunghissimi e gli imprenditori non possono aspettare”.

Tuttavia, l’assessore all’Agricoltura, Edy Bandiera, sostiene che “la Regione non ha mai ricevuto alcuna richiesta né alcuna sollecitazione da parte di aziende, produttori, territori e addetti ai lavori, inerente all’agricoltura idroponica” ma che comunque l’assessorato “resta disponibile a recepire e valutare richieste e istanze, qualora gli attori del territorio le ritengano utili e proficue per la nostra occupazione ed economia”.

Quindi, secondo l’assessore, nessuno si è mai interessato a questo settore, perciò le risorse che vengono stanziate con il Psr guardano a tutt’altro. “Fin dal momento dell’insediamento di questo Governo – continua Edy Bandiera – abbiamo ritenuto di dover concentrare le risorse residuali di un Psr Sicilia 2014-2020, già in avanzata fase di impegno ed attuazione, su misure più rispondenti alle necessità espresse da aziende ed agricoltori, negli ambiti che fino a quel momento erano risultati trascurati o non sufficientemente finanziati. A titolo di esempio, cito l’impinguamento, per 25 milioni di euro, della misura che riguarda il primo insediamento in agricoltura, dei tanti giovani che hanno aderito alla misura 6.1 del vigente Psr, proprio al fine di includere il maggior numero possibile di giovani che hanno manifestato la volontà di cimentarsi in un settore, quale è l’agricoltura, pilastro fondamentale del modello di sviluppo che vogliamo dare alla Sicilia”.

Insomma, da un lato ci sono gli imprenditori siciliani e le associazioni di categoria, come Confagricoltura Agrigento, che si stanno accorgendo che l’idroponica e le colture fuori suolo possono essere effettivamente il futuro dell’agricoltura e dall’altro c’è la Regione che, a suo dire, non ha mai ricevuto nessuna pressione per destinare risorse a un settore che potenzialmente potrebbe risollevare le sorti di un settore primario in crisi.

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