PALERMO – “Quelli che ci hanno preceduto, pur avendo il personale, non hanno provveduto a una pianificazione delle bonifiche. Noi, sebbene ci fosse il deserto, abbiamo dotato la Regione degli strumenti di pianificazione di cui necessitava”. Nello Musumeci, presidente della Regione siciliana, la questione la chiuderebbe così, ma tra le discariche e le mancate bonifiche dei Siti di interesse nazionale (Sin), l’Isola è destinata a sprofondare nell’inquinamento.
Odori nauseabondi, sfiaccolate, ingenti quantità di eternit e amianto, alti livelli di acido solfidrico, mercurio, benzene e fluoro-edenite, sono tutti gli elementi che, da molti anni prima di questa inchiesta, concorrono a mettere in serio rischio l’intero ecosistema isolano. E a pagarne lo scotto sono come sempre i cittadini. è quanto emerge dall’ultimo Rapporto Sentieri per cui il tasso di mortalità e di incidenza tumorale risultano in eccesso per entrambi i generi e in tutti i Siti di interesse nazionale. Ad aggravare il quadro la mancata possibilità di quantificare l’ammontare complessivo dei fondi stanziati nel corso degli anni e del loro effettivo utilizzo.
Discariche e siti contaminati
Secondo quanto risulta dal piano regionale delle bonifiche 2010-2016, in Sicilia ci sono ben 511 siti contaminati di cui solo nove sono stati sottoposti al completamento dei progetti. Il Piano – sottolinenano fonti regionali alla nostra testata – va aggiornato ogni sei anni, al momento gli uffici di via Notarbartolo stanno procedendo alla realizzazione della banca dati: un aggiornamento sito per sito dei 511 elencati dal piano delle bonifiche.
“Completato il censimento – spiega Francesco Lo Cascio, dirigente Ufficio bonifiche della Regione -, stiamo analizzando i siti scheda dopo scheda per la creazione di un database aggiornato con i dati forniti dai Comuni e sulla base di quelli raccolti in occasione dei sopralluoghi che si stanno tenendo nel corso di queste settimane”. Così la Regione si prepara all’aggiornamento del piano la cui definitività, però, si avrà solo nel 2022, anno della naturale scadenza. “Entro la fine di quest’anno – assicura Lo Cascio – verrà definito il database e a ottobre anche l’anagrafe dei siti”. Nel frattempo Palazzo d’Orleans sta procedendo, seppur a piccoli passi, alla creazione di un fondo unico da cui i Comuni potranno attingere, attraverso apposito bando di gara, per la messa in atto del procedimento di bonifica.
“Sono state emanate tre delibere di Giunta – afferma il dirigente – con cui abbiamo individuato il percorso per drenare i fondi ai Comuni”. Con i provvedimenti – 198/2019, 197/2019 e 207/2019 -, la cui approvazione risale allo scorso maggio, si è autorizzato l’utilizzo del fondo straordinario derivante dal gettito del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti e di altri due derivanti dalla rimodulazione del programma quadro e dai fondi residui delle programmazione ‘2014-2020 (Fsc) Patto per la Regione Siciliana’. Il tutto con una modifica ai criteri di ammissibilità “al fine – si legge nella deliberazione 198/2019 – di non limitare i finanziamenti alle discariche che sono dotate di piano di caratterizzazione e di avviare le procedure per la destinazione di parte delle risorse Fsc 2014-2020 anche al finanziamento dei piani di caratterizzazione delle vecchie discariche”.
SITI DI INTERESSE NAZIONALE
Situazione completamente differente, invece, per le bonifiche delle aree Sin. I primi siti di interesse nazionale furono perimetrati e istituiti agli inizi degli anni Novanta ma da allora, complici presunti vuoti normativi, contenziosi legali e un farraginoso procedimento burocratico, il processo bonificatore non ha mai raggiunto livelli di adeguatezza tali da poter scongiurare rischi per l’ambiente e per la salute degli abitanti. In mezzo i fondi residui iscritti nella contabilità speciale della Regione Sicilia che ammontano a circa 160 milioni di euro. Di questi, 61,5 milioni sono destinati al Sin di Priolo, 4,5 milioni al Sin di Milazzo a cui si aggiungono 25 milioni destinati alla caratterizzazione delle falde acquifere, 17 milioni per il Sin di Biancavilla a cui si aggiungono 500 mila euro, richiesti in extremis dal Comune a seguito dell’aumento delle tariffe e che la Regione sembra essere intenzionata a stanziare.
Discorso diverso per il Sin di Gela per cui c’è un dialogo aperto tra Comune e MinAmbiente. In ballo ci sono 85 milioni di euro, il cui stanziamento è subordinato all’esito delle conferenze dei servizi che stanno tenendo banco nelle stanze di via Cristoforo Colombo a Roma, sede del ministero dell’Ambiente (Mattm). In questo sito i progetti di bonifica pubblici sono rimasti attaccati al palo. E la situazione non cambia a Sud dell’Isola, nel quadrilatero della morte (Priolo, Melilli, Augusta, Siracusa), dove le bonifiche di competenza pubblica stanno a zero.
Procedono, seppur a rilento, le bonifiche a carico dei grandi colossi industriali: dai dati Arpa inerenti le attività di bonifica del suolo, delle falde e dell’aria da parte delle aziende private, la caratterizzazione degli oltre duemila ettari ha raggiunto il 100 per cento. Ma passando all’analisi dei progetti ci si rende conto che su oltre duemila ettari, gli iter sono stati avviati in soli 267 e di questi solo i progetti su 110 ettari sono stati approvati.
In termini percentuali si può dire che le bonifiche private hanno raggiunto complessivamente l’8 per cento del totale. Una percentuale sicuramente superiore a quella pubblica, ma che spinge qualcuno a ritenere che le bonifiche, pubbliche e private formalmente attuate, siano state realizzate solo sulla carta.
BIANCAVILLA (CT) – Altro Sin, altra storia. Una città immersa nella fluoroedenite in attesa di 17 milioni di euro per il completamento delle bonifiche e un surplus di 500 mila euro richiesto dal Comune a seguito dell’aumento delle tariffe. Il primo cittadino Antonio Bonanno spiega le difficoltà del percorso in una città invasa dal calcestruzzo.
Qual è lo stato di salute del Sin e a che punto sono le bonifiche?
“Siamo giunti all’ultima fase che riguarda la messa in sicurezza, la bonifica provvisoria e poi provvederemo alla bonifica permanente”.
A quanto ammontano i finanziamenti a disposizione?
“Abbiamo ricevuto un finanziamento di circa 17 milioni di euro dal ministero. Dal 2016 a oggi sono aumentate le tariffe per gli appalti, e questo ci ha costretto a chiedere a MinAmbiente 400 mila euro in più”.
Qual è l’area interessata dalle bonifiche su cui dovranno utilizzarsi i fondi regionali?
“L’origine è sull’area di Monte Calvario. Come sito contaminato possiamo considerare a livello teorico tutta l’area del Sin, in parte già bonificata attraverso la bitumazione delle strade, ma si parte dal presupposto che tutti gli edifici privati realizzati dal 1950 al 1998, gli anni in cui l’edilizia privata trattava i celcestruzzi della cava come materia prima, sono tutti potenzialmente pericolosi e vanno trattati come contaminati da fluorodenite. Nelle abitazioni private all’interno dell’aria Sin c’è la presenza di questo minerale killer”.
Come si è arrivati a questa situazione e quali sono le responsabilità dei privati?
“Non dobbiamo assimilare Biancavilla agli altri Sin. Ogni sito ha le sue peculiarità. Nel nostro caso, a differenza di Priolo, non si può attribuire la responsabilità a qualche privato. Qui il problema è derivato dal calcestruzzo prelevato dalla cava con cui negli anni è stato costruito tutto il paese”.
Qual è lo stato di salute della cittadinanza?
“I casi di tumore maligno ci sono e ci saranno negli anni perché è stato evidenziato che la fibra di fluorodenite ha un arco temporale di incubazione che va dai venti ai cinquanta anni. In base alle rilevazioni dell’Arpa i livelli di fluorodenite presente nell’aria sono scesi sotto il minimo di una fibra /litro, ma il dato non ci fa stare tranquilli dal punto di vista sanitario”.
In attesa dei finanziamenti, quali sono i prossimi passi del Comune?
“Vigileremo attraverso i protocolli siglati con Ministero e Arpa cercando di mantenere il controllo sui lavori affinché gli interventi di edilizia privati vengano svolti nel rispetto di tutte le fasi previste dalla legge come la previa caratterizzazione del paesaggio, la bagnatura, il monitorgaggio costante da parte dell’Arpa”.
Che tempi si prevedono per la bonifica permanente?
“Pensiamo di dare il via alla gara entro fine anno. Dipende dalla Regione. Abbiamo inoltrato il progetto che prevede solo interventi di bonifica nell’area di Monte Calvario. Stiamo aspettando una risposta”.
PALERMO – Un soggetto attuatore che non c’è più, un complesso processo burocratico e il difficile contemperamento tra diritto alla salute, ambiente e diritto societario. Sono tutti gli elementi con cui la Regione deve far i conti per ripristinare condizioni di vivibilità all’interno delle aree Sin. Abbiamo chiesto a Calogero Gambino, del Dipartimento regionale Acqua e rifiuti, il punto sui prossimi passi che intende ocmpiere Palazzo d’Orleans..
Ingegnere Gambino, da quanto risulta dai dati in nostro possesso le bonifiche di competenza pubblica sul Sin di Priolo stanno a zero…
“Sì, in effetti è così. Non si è arrivati a emettere alcun certificato di avvenuta bonifica. Ci sono indagini in corso da parte della magistratura e aspettiamo l’esito di alcuni studi commissionati dal nostro assessorato alla Salute. Le aree interessate sono, a parte la Rada di Augusta che si estende fino a Siracusa, anche la penisola Mannisi che si divide tra aeree private e pubbliche, ma molto più private”.
Quali sono i motivi che hanno contribuito a bloccare il processo di bonifica?
“Quelle di competenza pubblica sono le aree Taphsos, Campi Fontana ed Ex feudo. Il resto sono di competenza dei grandi colossi industriali. La competenza ai fini delle autorizzazioni è del ministero. Per gli interventi sorretti dagli accordi quadro, il soggetto attuatore era Invitalia. Abbiamo degli interventi ancora in corso e molti sono soggetti a contenziosi legali sugli appalti come quelli a Campo Fontana”.
“Servono più controlli e una norma ad hoc che normi le sostanze petrolchimiche, perché le aziende continuano a sfiaccolare indisturbate”. Si trova d’accordo con le parole della biologa priolese Mara Nicotra?
“Non conosco esattamente i dettagli, ma sicuramente possiamo dire che tutto è perfettibile. Bisogna certamente cercare di salvaguardare la salute dei cittadini anche attraverso un rafforzamento dei controlli. Serve un’adeguata dotazione organica e strumentale perché al momento il personale è carente”.
Stando ai dati Arpa, per oltre duemila ettari le bonifiche ricadono sulle spalle dei privati. Chi è l’organo deputato al controllo dell’avvenuta realizzazione?
“Ogni intervento di bonifica viene controllato da MinAmbiente. Noi come Regione dovremmo avere cura di vigilare sulle fideiussioni. Ogni intervento viene coperto da una fideiussione intestata alla Regione che non supera oltre il 50% del valore delle bonifiche. Nel caso in cui la bonifica non venga portata a compimento la Regione può escutere la fideiussione”.
Voi quante ne avete escusse?
“È capitato, ma anche lì bisogna capire se è un atto doloso (a bella posta) o in buona fede. In quest’ultimo caso si riesce ad avere una parte dei soldi ma che non copre l’intero ammontare dell’intervento. Se è un atto doloso, le assicurazioni pagano certo, ma deve essere doloso. Ma capisce bene che ci sono delle difficoltà non da poco. Molte di queste aziende sono colossi petroliferi, anche stranieri, per i quali un’escussione procurerebbe un danno economico e di immagine. Ne risentirebbe il valore societario, Ad aggravare il quadro il complicato rapporto tra diritto societario e diritto ambientale che vede sopperire il secondo a vantaggio del primo perché non esiste una norma che privilegi il credito ambientale. Anche nel caso in cui l’azienda venga sottoposta a procedura concorsuale, noi non siamo privilegiati e il credito ambientale viene subordinato agli altri crediti. Possiamo dire che al momento le normative privilegiano il diritto al lavoro piuttosto che il diritto alla salute e la tutela dell’ambiente. La normativa sulla fideiussione è un po’ discutibile: dovrebbe essere rivista nella sua complessità”.
L’accordo di programma del 2008 ha stanziato 774 milioni solo per l’effettuazione di bonifiche pubbliche nel Sin di Priolo. Di questi quanti ne sono stati spesi?
“Non sono in grado di rispondere perché ho conteggi con l’esito della contabilità speciale residua. Mi tritrovo a ragionare su ciò che è complessivamente rimasto dei finanziamenti destinati a tutti i Sin”.
E a quanto ammontano?
“Siamo intorno ai 160 milioni complessivi di cui 65 sono destinati a siti di Milazzo e Priolo. Gli altri per interventi residuali come la progettazione della bonifica della Rada di Augusta”.
Di questi quanti sono destinati al quadrilatero della morte?
“Ammontano a 61,5 milioni”.
E a Milazzo?
“Sono 4,5 milioni più altri 25 per la caratterizzazione della falda acquifera”.
Per Biancavilla?
“È previsto un intervento che coprirà totalmente le bonifiche su Monte Calvario: abbiamo ricevuto un finanziamento di 17 milioni da parte dello Stato e altri 500 mila euro richiesti dal Comune per l’aumento delle tariffe relative ai contratti di appalto”.
Invece per il Sin di Gela?
“Per Gela il discorso è molto più complicato: non è stato avviato alcun progetto di bonifica. Stiamo redigendo la programmazione quadro ma non siamo ancora arrivati a chiudere le procedure che consentano l’accesso al finanziamento. Siamo ancora all’analisi di rischio. C’è un dialogo in corso tra Comune e Ministero: a Roma si stanno svolgendo le conferenze di servizi per accedere agli 85 milioni destinati esclusivamente ai progetti delle bonifiche dell’area marina di Gela”.
Quali sono i prossimi passi per tentare di salvaguardare ambiente e salute?
“Giudico con favore tutti gli interventi di conversione dal fossile al bio. La trasformazione in bioraffineria è una buona soluzione. Ma bisogna valutare anche il mercato. Capisce bene che il mercato richiede quantità di petrolio molto più rilevanti. Non parlo solo di Eni ma di tutti gli attori che giocano questo ruolo”.
MELILLI – Effetti mutageni, imprese e controllori non curanti dei livelli di emissione di sostanze tossiche e una città ostaggio dell’inquinamento. è quanto emerge dalle parole della biologa Mara Nicotra. La ricercatrice, autrice di numerosi studi all’interno del quadrilatero della morte Priolo, Melilli, Augusta e Siracusa, spiega i motivi per cui la situazione è davvero drastica e propone soluzioni per arginare un inquinamento sempre più dilagante.
Dottoressa, qual è la situazione generale nell’area Sin di Priolo?
“Deve sapere che chi ha la possibilità di abitare a Melilli, tra sfiaccolate e cattivi odori ben miscelati in un allucinante cocktail di veleni, ha una bellissima panoramica sulla zona industriale. Le bonifiche sono state realizzate solo sulla carta. Sebbene siano stati approvati 15 piani e 14 indagini di caratterizzazione nonché 50 progetti definitivi, il numero delle bonifiche effettuate è zero tagliato. Non è stato avviato alcun procedimento. I grandi gruppi industriali non si stanno impegnando assolutamente. Né per i terreni né per le acque di falda. È stato messo in piedi un sistema ad hoc di malfunzionamento di impianti e centraline di rilevamento che sono state adattate, ma in realtà hanno pochissimi rigeneratori di sostanze non inquinanti”.
Può fornirci un quadro generale degli studi da lei condotti?
“Dallo studio su Belvedere, Augusta, Melilli, Priolo e Scala Greca, l’aria risulta fortemente inquinata. I livelli di acido solfidrico (H2s) sono talmente elevati da sentirli sull’autostrada Siracusa-Catania. Solo nel cuore della città aretusea, vicino la stazione ferroviaria, ci sono due raffinerie e un deposito dove le emissioni di H2s e benzene raggiungono livelli altissimi. Ma la cattiva qualità dell’aria non è il solo male che attanaglia il Sin. Il mercurio, come risulta dagli studi del Cnr, sta contaminando la catena alimentare dell’intero Mediterraneo. Il metallo pesante più tossico – che già nel 2007 superava di oltre 22 volte il limite tabellare, precisa la biologa -, essendo liquido, sembra che si diluisca nell’acqua ma in realtà si accumula nei sedimenti marini, contaminando la catena alimentare”.
A questo proposito, qual è la situazione delle falde acquifere?
“Abbiamo riscontrato un’elevata concentrazione di mercurio, cadmio e arsenico nella lisca dei pesci. Questi metalli pesanti hanno un effetto mutageno che si manifesta dopo la nascita o durante la fase di sviluppo come deformazioni della colonna vertebrale. Dal punto di vista microbiologico l’acqua è pulita e sana – ci mancherebbe con tutta la varechina che sversano -. Dal punto di vista chimico, invece, abbondanti quantità di cloro utilizzato per l’antifauling e per disincrostare le pompe da elementi animali e vegetali vengono sversati in mare alterando la fauna e la flora autoctona. Pensi che qualche pescatore locale si mette a pescare nelle zone limitrofe alle industrie per poi vendere al ristorante turistico”.
Quali sono gli effetti delle esalazioni per il genere umano?
“Studi scientifici dimostrano che le esalazioni di benzene provocano il mieloma multiplo che può trasformarsi rapidamente in leucemia. I casi di tumore aumentano a vista d’occhio: ogni tre funerali uno fa cancro. Le esalazioni di mercurio, invece, stanno danneggiando il sistema nervoso centrale di adulti e bambini che non nascono autistici ma ci diventano”.
“In provincia di Siracusa, nell’ultimo triennio, c’è una tendenza alla stabilizzazione del tasso di mortalità e tumorale”. Si trova d’accordo con la risposta fornitaci dall’Asp a novembre 2018?
“Il rapporto Sentieri dice tutt’altro. Io non sono un epidemiologo ma secondo i miei studi posso dire che se è vero che il tasso di mortalità può essersi stabilizzato, è aumentata invece l’incidenza tumorale. La medicina è progredita: se prima si moriva in un anno, oggi si muore in tre anni, ma questo non può rasserenarci”.
Secondo i suoi studi l’inquinamento è aumentato. Ma cosa è stato fatto finora?
“L’inquinamento è aumentato e non è stato fatto niente. Hanno fatto le bonifiche? Nella cava di San Giuseppe hanno interrato, sin dal 2005, tutti i rifiuti nucleari. Sono tutte inserite nel piano bonifiche, ma la caratterizzazione non è mai stata fatta. Da un lato hanno emesso lo stop per la realizzazione di altre discariche e dall’altro non hanno mai bonificato. Stessa cosa con la Cisma di Villasmundo, con la Smari dove i fustoni interrati di rifiuti tossici hanno già inquinato le falde acquifere. Sulla carta tutte bonificate, ma in realtà i sindaci se ne sono strafregati perché non hanno presentato il modulo alla provincia per dare l’ok alla caratterizzazione, così perdendo anche il finanziamento. Un ping pong istituzionale tra sindaci, Regione e MinAmbiente”.
Ma allora i fondi previsti dall’accordo di programma del 2008 dove sono finiti?
“Lo chieda al ministro Prestigiacomo che in un’intervista disse che erano stati assorbiti dal ministero dell’Economia scaricando le colpe al suo successore. L’accordo di programma si è risolto con un buco nell’acqua. I lavori per bonificarer i fondali della Rada di Augusta sono stati bloccati perché le metodologie messe in campo forse non erano adatte a rilevare il mercurio accumulato negli anni. Ma in ogni caso tutti i grandi colossi industriali – Versalis, Esso, Isab Nord e Sud – continuano a sfiaccolare indisturbati”.
Le Istituizioni cittadine?
“Il sindaco di Priolo se la prende con il depuratore sostenendo che la puzza provenga da lì. Fa ridere: se la prende con la formichina invece che con l’elefante”.
Avete provato a segnalare gli abusi alle autorità competenti?
“Sa quante volte? Il 112 passa la chiamata ai carabinieri di Augusta che, a loro volta, la passano ai vigili del fuoco i quali, se non scoppia l’impianto, non possono intervenire perché è un ‘fuori servizio’. Su Arpa e Asp non si può fare affidamento. Nessuno vuole prendersi la responsabilità: poiché ci sono 5 raffinerie limitrofe e non esiste un decreto che vada a normare tutti i gas scaricati dalle torce. Nel frattempo siamo costretti a barricarci in casa senza poter accendere neanche il condizionatore”.
Nei giorni scorsi, insieme all’associazione Terramare, avete lanciato una petizione e scritto una lettera al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa.
“Sì, chiediamo l’emanazione di un decreto nazionale o regionale ad hoc per normare le sostanze di origine petrolchimica e i picchi orari giornalieri di benzene e acido solfidrico. Un controllo permanente che miri a rilevare il punto di emissione, la tipologia della sostanza e in quale concentrazione viene emessa”.
Ma i colossi del petrolchimico non sono obbligati per legge a monitorare i livelli delle sostanze tossiche?
“Sì, ma non quelli di origine petrolchimica come l’acido solfidrico. Gli industriali non lo misurano perché manca una norma apposita. Questo perché il decreto 155/2010 non va a normare le sostanze di origine petrolchimica. Le torce, addirittura, sono considerate valvole di sfogo per evitare l’implosione dell’impianto. Al contempo stabilisce che se la torcia emette ‘nero fumo’ vuol dire che l’impianto è in emergenza. Noi siamo 24 ore su 24 in emergenza, ma alla popolazione non è dato sapere. Serve un decreto che fissi sanzioni e controlli specifici sulle sostanze petrolchimiche”.