Una ragazza cresciuta "a pane e mafia" e due donne a disposizione del boss Messina Denaro: ecco i dettagli dell'ordinanza su Laura Bonafede e la figlia Martina.
Sulla base della richiesta del 6 aprile del Procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia, del Procuratore Aggiunto Paolo Guido e del Sostituto procuratore Gianluca De Leo, nell’ambito delle indagini su Matteo Messina Denaro questa mattina è finita in carcere Laura Bonafede.
La Procura aveva chiesto per Martina Gentile gli arresti, ma il gip Alfredo Montalto ha rigettato l’istanza per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza pur stigmatizzando i comportamenti della giovane, legata al capomafia da un forte rapporto di affetto ritenendo la misura degli arresti domiciliari più adeguata anche in presenza di prole di età inferiore ai sei anni. L’ordinanza è stata emessa perché entrambe le donne “hanno aiutato Matteo Messina Denaro, componente con ruoli apicali dell’associazione mafiosa Cosa nostra, a sottrarsi all’esecuzione delle pene irrogate nei suoi confronti con sentenze definitive” e “consentendo a Messina Denaro Matteo, attraverso una prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue primarie esigenze personali, di non essere localizzato e catturato dalle forze dell’ordine, e di non essere sottoposto alle pene per le quali era stato condannato”, scrive il gip Montalto.
Il boss, Martina e la madre avrebbero condiviso anche periodi di convivenza, durante il periodo di latitanza di Messina Denaro.
Messina Denaro, l’inspiegabile insuccesso delle indagini precedenti
Continua, e questi arresti lo dimostrano, il lungo lavoro del Ros a seguito dell’operazione di polizia che, muovendo da un appunto ritrovato in una delle abitazioni di Rosalia Messina Denaro, la sorella del latitante, ha permesso di risalire al soggetto cui apparentemente quell’annotazione si riferiva (Andrea Bonafede, classe 1963), e, quindi, al soggetto che si celava dietro tali generalità, cioè il boss Matteo Messina Denaro, latitante da quasi un trentennio.
“Tuttavia – scrive il Gip Montalto – non può certo nascondersi che le investigazioni conseguite a tale arresto destano (sempre più) sconcerto perché mettono in luce l’incredibile e inspiegabile insuccesso di anni e anni di ricerche in quella ristretta cerchia territoriale compresa tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, costantemente setacciata e controllata con i più sofisticati sistemi di intercettazioni e di videosorveglianza di tutti i luoghi strategici che, tuttavia, come oggi si è scoperto, non hanno impedito che il più ricercato latitante del mondo potesse condurre, in quegli stessi luoghi e per molti anni (sino all’individuazione dei coniugi Bonafede-Lanceri, come si osservava nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, si pensava almeno sette anni, ma ora, come si vedrà, l’arco temporale si allarga sino ad almeno ventisei anni), una “normale” esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile (almeno per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente)”.
Il ruolo della famiglia Bonafede
“Ma quel che soprattutto disorienta – continua il gip nell’ordinanza relativa a Laura Bonafede – è che in tutto questo lunghissimo arco temporale la tutela della latitanza di Messina Denaro Matteo è stata affidata non a soggetti sconosciuti ed inimmaginabili, bensì a un soggetto conosciutissimo dalle forze dell’ordine e cioè a Leonardo Bonafede (soltanto recentemente deceduto) da sempre ben noto, oltre che come ‘reggente’ della ‘famiglia’ mafiosa di Campobello di Mazara, soprattutto per la sua trascorsa frequentazione e amicizia (anche per ragioni di solidarietà criminale) con il padre di Matteo Messina Denaro, Francesco Messina Denaro (a sua volta, fino al decesso, già latitante e capo della organizzazione mafiosa operante nella provincia di Trapani) e, quindi, specificamente anche quale principale soggetto cui, in virtù di tali risalenti rapporti e del suo ruolo mafioso, come sancito anche in più sentenze irrevocabili, era affidata, appunto, la tutela della latitanza del medesimo Matteo Messina Denaro al fine di consentirgli di svolgere appieno il ruolo di capo indiscusso della detta consorteria di “cosa nostra” nella provincia di Trapani”.
I soggetti che più sono stati più vicini a Messina Denaro Matteo, prestandogli i supporti necessari per l’ulteriore prosecuzione dello stato di latitanza e, quindi, anche per il mantenimento del riconosciutogli ruolo direttivo ricoperto nell’ambito dell’associazione mafiosa, vi sono molti appartenenti al nucleo familiare di Bonafede facente capo, quanto ad ascendenza mafiosa, a Leonardo Bonafede, strettamente legato ai Messina Denaro, elemento già definitivamente accertato in diverse sentenze irrevocabili. Proprio a tale nucleo familiare sono riconducibili le odierne indagate Laura Bonafede e Martina Gentile, rispettivamente figlia e nipote di Leonardo Bonafede.
Questi arresti mostrano come Matteo Messina Denaro abbia potuto vivere una vita “normale” in quei luoghi proprio grazie agli appoggi assicuratigli da Leonardo Bonafede grazie a soggetti della sua più stretta cerchia familiare, ossia i nipoti Andrea Bonafede (classe 1963), Andrea Bonafede (classe 1969) ed Emanuele Bonafede, oltre alla stessa figlia Laura, che anzi spicca per la peculiarità sia sotto il profilo temporale che sotto il profilo delle sue modalità del rapporto che ha intrattenuto con il latitante. Laura Bonafede, dopo avere conosciuto Messina Denaro Matteo nel 1997, ha addirittura instaurato con lo stesso uno stabile rapporto quasi “familiare”, rapporto che ha coinvolto anche la figlia Martina, durato dal 2007 sino al dicembre 2017 quando fu interrotto a seguito di un’operazione di polizia, per poi riprendere, appena si calmarono le acque, negli ultimi anni sino al momento dell’arresto del latitante lo scorso 16 gennaio 2023.
Martina Gentile, cresciuta “a pane e mafia”
Martina Gentile è figlia di Laura e di Salvatore Gentile, sodale della famiglia mafiosa, condannato all’ergastolo per due omicidi eseguiti negli anni ‘90 proprio su ordine di Matteo Messina Denaro.
È evidente che, scrivono i pm nella richiesta fatta al gip “le odierne indagate, Laura Bonafede e Martina Gentile, hanno vissuto la propria esistenza in siffatto contesto familiare e non v’è dubbio che ne hanno recepito integralmente cultura, modi di vivere, regole, nonché una autentica venerazione verso la famiglia Messina Denaro e in particolare verso l’enfant prodige Matteo (…) Salvatore Gentile ha sacrificato di fatto la propria vita per quest’ultimo, subendo una condanna all’ergastolo poco più che trentenne per assecondare la follia criminale di Messina Denaro che ha seminato morte e dolore per più decenni”.
Nipote di Leonardo Bonafede, Martina Gentile, all’età di quattro anni, ha visto il proprio padre entrare in un istituto di pena con la consapevolezza di non poterlo vedere più in libertà, e ha vissuto a intermittenza il rapporto con il nonno, arrestato e condannato più volte per il reato di associazione mafiosa. Una devozione, quella dei Bonafede, che ritroviamo incredibilmente rinvigorita in Laura Bonafede, Cugino/Amico mio/Blu/Venesia/Loredana, e in Martina Gentile, Tania/Tany, tutti pseudonimi convenzionali utilizzati per dialogare e, soprattutto, per proteggere la latitanza di Messina Denaro Matteo.
Laura Bonafede e Martina Gentile, una vita a disposizione del boss
Appare evidente che sia Laura Bonafede sia Martina Gentile non abbiamo avuto alcune esitazione a organizzare la loro vita per fornire assistenza proprio a colui che è di fatto il responsabile della loro sofferenza. Si tratta, scrive il gip, di “assistenza prestata con orgoglio e ferma convinzione (“carissimo adorato”, scriveva Gentile che si sentiva “protetta” dal latitante), segno non equivocabile di una, purtroppo, irredimibile adesione allo stile di vita mafioso”.
Inoltre, sono particolarmente significativi della consapevolezza dell’attuale ruolo di vertice del Messina Denaro nell’associazione mafiosa i passaggi della lettera-diario della Bonafede sulla “utilità” di Franco Luppino (“Perlana”), la scarsa quantità e qualità degli associati a disposizione a Campobello di Mazara, dei propositi omicidiari del Messina Denaro, addirittura istigati dalla Bonafede. Anche Gentile aveva lo stesso grado di consapevolezza della madre, e non solo perché condivideva con la prima tutti i segreti codici linguistici utilizzati per la rete logistica di supporto, ma perché dalla sua missiva traspariva nitidamente una venerazione per ciò che Matteo Messina Denaro è stato fino al 16 gennaio 2023: un pericoloso e sanguinario capo mafia”.
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