Laura Monteleone, psicologa: "Cosa fare per guarire dal trauma" - QdS

Laura Monteleone, psicologa: “Cosa fare per guarire dal trauma”

redazione

Laura Monteleone, psicologa: “Cosa fare per guarire dal trauma”

giovedì 25 Novembre 2021

La violenza psicologica è qualcosa di reale: un vero e proprio abuso emotivo

Quando si parla di ‘violenza’ all’interno delle relazioni sentimentali, affettive, ma anche lavorative e sociali, si pensa a forme di aggressione solamente come fisica o sessuale. Eppure l’azione violenta può presentarsi in molte forme, alcune anche chiaramente non visibili. Essere sempre ‘oggetto’ di continue offese, critiche, accuse, con mancanza di rispetto, di svalutazione, e controllo della libertà personale, sono queste alcune delle forme con cui si manifesta la violenza psicologica. Nella esperienza clinica e psicoterapeutica, come anche nel lavoro di ascolto di molte ‘vittime di violenza’ capita spesso di incontrare persone che vivono una profonda sofferenza di ciò che possono significare certe parole dette da un partner, da un datore di lavoro, da un genitore o chi per loro. La violenza psicologica è qualcosa di reale: un vero e proprio abuso emotivo. Se la violenza fisica è oggettiva al punto da lasciare spesso danni visibili sul corpo, la violenza psicologica entra nell’area della soggettività.

Questo può rappresentare un terreno fertile per il ‘non riconoscimento’ e la non validazione di quanto un modello relazionale generi angoscia e sofferenza nelle vittime. Quindi non è un singolo episodio, ma si presenta infatti nel tempo come un modello di comportamento ricorsivo e la caratteristica di ripetitività giustifica l’impatto psicologico sulla vittima. Questa si sente sempre più imbrigliata nella rete dell’abusante.

Riconosciamo alcuni dei meccanismi di tale comportamento. Umiliazione e critica: tentativi costanti di agire in modo superiore e migliore dell’altro anche ricorrendo a sarcasmo e a messe in ridicolo in situazioni sociali. Controllo: di internet, social network, email, messaggi e chiamate per monitorare le interazioni sociali; imprevedibilità del comportamento: a esplosioni di rabbia si alternano momenti di grande affettività e gentilezza che lasciano confusa e disorientata la vittima; gelosia patologica: tendenza a esercitare un dominio e un possesso nei confronti dell’altro. Trascuratezza emotiva e isolamento: tattica del silenzio: tendenza a interrompere la comunicazione ignorando i tentativi di dialogo; tendenza a isolare la vittima attraverso un discredito di tutte le persone vicine (familiari o amici), o mettendole contro facendo appello a una sua instabilità psicologica. Di qui le emozioni di ansia, vergogna e colpa possono determinare nel soggetto uno stato patologico grave di stress (Disturbo post traumatico da stress) o diverse forme di depressione. L’abuso emotivo, come qualsiasi altra forma di violenza, prospera nell’oscurità quando nessuno lo capisce, ne parla o lo riconosce. Per uscire da queste difficili situazioni relazionali è necessario riconoscere che ciò che si sta vivendo è qualcosa di tossico, per liberarsi dal quale è necessario chiedere aiuto.

La persona deve essere aiutata a mettere in parola l’esperienza traumatica il prima possibile. Parlare del trauma è già parte della guarigione. La parola è il primo strumento che dà avvio al processo terapeutico, la premessa che rende possibile arrivare anche alla consapevolezza che ‘denunciare’ è necessario, chiedere aiuto alle istituzioni. La narrazione della storia traumatica consente l’espressione verbale di parte dei pensieri e delle emozioni che producono sofferenza, avviando così il processo di costruzione del significato. Chiedere aiuto ad uno specialista ‘in primis’ è il modo migliore e più adeguato per ‘liberarsi’ e per iniziare il processo di affrancamento dall’evento traumatico, per prendere coscienza della relazione ‘nociva’. Riconoscere di vivere una esperienza traumatica rende possibile ritornare alla ‘parola’, al dare voce alla individualità, riconoscere se stessi. Riconoscere il trauma consente di uscire dal trauma.

Laura Monteleone

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