Le origini delle Teste di Moro - QdS

Le origini delle Teste di Moro

Chiara Spampinato

Le origini delle Teste di Moro

sabato 29 Maggio 2021

Ma cosa tramandano queste raccapriccianti teste, ridotte ad imponenti vasi?

Tra amore, tradimento e vendetta, tra dettagli crudeli e grotteschi e morali discutibili, si snoda la torbida leggenda dei vasi a forma di testa di moro, dette in dialetto “graste”. Questi particolari vasi li ritroviamo un po’ ovunque in Sicilia, dai colori tipici e al sapore di storia della nostra terra, adornano ed imbellettano numerosissimi giardini e terrazze.

Ma cosa tramandano queste raccapriccianti teste, ridotte ad imponenti vasi? Si narra che all’epoca della dominazione dei mori, intorno all’anno 1.100, a Palermo vivesse una splendida fanciulla che risiedeva nel quartiere arabo della città chiamato “Al Halisah” oggi detto “della Kalsa”. Era una fanciulla mite e ritrosa quanto operosa, con una passione smodata per le piante con le quali adornava le sue terrazze.

Un giorno, un soldato Moro che passava di là, nel vederla ne rimase folgorato tanto da dichiararle immediatamente ed apertamente il suo amore. La ragazza ne fu talmente colpita che lo ricambiò con estrema felicità ed esultanza, tuttavia il giovane soldato recava con sé uno sconvolgente segreto e cioè che non avrebbe potuto mai e poi mai restarle accanto in quanto al suo rientro in patria si sarebbe ricongiunto alla moglie ed i due figli che erano lì ad attenderlo.

Disperata, ferita, tradita ed adirata, alla sconvolgente rivelazione la giovane palermitana non poté far altro che tramutare la sua passione in desiderio incondizionato di vendetta, ed ordì un agghiacciante piano… L’amato non solo le aveva mentito ma l’avrebbe persino abbandonata! Tra la disperazione e l’incontenibile smania di rivalsa architettò la sua spietata vendetta!

Lo invitò a trascorrere con lei la notte e quando quello si fu addormentato, lo uccise tagliandogli la testa cosicché non avrebbe potuto mai più abbandonarla. Per continuare ad amarlo ed accudirlo la fanciulla ne trasformò il capo in uno sfavillante vaso ove piantò dei semi di basilico, dal greco “Basilikos” ossia l’erba dei re, che fiorirono rigogliosi irrorati dalle sue lacrime.

Esposto in bella mostra sulla sua terrazza, il vaso attirò l’attenzione dei passanti che ne rimasero stupefatti! Tanto fu ammirato che moltissimi vollero emularlo facendosi costruire copie in terracotta che esposero sui loro balconi. Insomma, divenne una vera e propria moda! La morale della leggenda sarebbe “non lasciarsi andare a facili entusiasmi”!

Altre versioni della favola vogliono invece che la loro relazione fosse stata ostacolata dalla nobile famiglia di lei che la costrinse quindi ad un amore clandestino. Scoperti i due amanti, vennero entrambi decapitati e le loro teste esposte come ammonimento a non lasciarsi andare a sconvenienti passioni. Ad oggi, questi particolari e caratteristici vasi vengono riprodotti da artigiani ed artisti di tutta l’isola e sono “capi” saldi (… e non è un eufemismo!) della nostra tradizione e della nostra cultura.

Continuamente reinventate e rinnovate continuano a spopolare in ville, giardini e nobili dimore di ogni dove in Sicilia!

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