Le persone del dire, le persone del fare - QdS

Le persone del dire, le persone del fare

Carlo Alberto Tregua

Le persone del dire, le persone del fare

venerdì 03 Dicembre 2021

Nel mondo della comunicazione, i blablatori aumentano a vista d’occhio: gente che parla come un automa perché ha imparato la lezioncina; altri che alzano la voce, tentando di farsi ragione col tono piuttosto che con gli argomenti; altri ancora che non hanno capacità di sintesi, per cui dicono in dieci minuti quello che potrebbero dire in due.

Il campionario è vasto, la moltitudine di chi dà fiato alla bocca è sempre maggiore, con la conseguenza che l’incomprensione collettiva aumenta, perché meno c’è chiarezza, più è facile confondersi o, in malafede, confondere gli altri.

Soltanto una minoranza ha la capacità di andare al nocciolo delle questioni; soltanto una minoranza considera i problemi un punto di partenza e non di arrivo; soltanto una minoranza si sforza di trovare soluzioni alle questioni che capitano, per tentare di risolverle.

In generale, le persone ritengono che parlando, in modo anche sconclusionato, si possa approdare a qualche riva. In effetti, si rimane nel mare aperto a nuotare senza meta.


Per fortuna c’è un’altra parte – anche se minoritaria – costituita dalle persone del fare e, in misura minore, da quelle del fare bene. Quest’ultimo modo è il più difficile perché presume la capacità di ciascuno di identificare cosa si possa mettere in campo per uscire dai tunnel problematici.
Purtroppo, nel sistema dell’informazione e in quello politico vi è la continua ricerca del consenso, a prescindere dalla capacità di esporre con nitidezza le questioni e le conseguenti possibili soluzioni.

Dov’è il difetto di quanto precede? Nel fatto che la maggioranza di chi ascolta – o di presenza o attraverso radio e televisioni – o di chi legge, social media, giornali e riviste, non ha una sufficiente conoscenza o una base culturale in condizione di riflettere o di ragionare per sintesi.
Col che, il quadro generale della popolazione peggiora, perché si mettono in sintonia soggetti che parlano e soggetti che ascoltano su questioni generiche, fumose e non concrete.

La verità è che chi si pone come risolutore di problemi dovrebbe essere nelle condizioni di risolverli, nel tempo più breve e con un numero di mezzi il più ridotto possibile.

In sessant’anni di lavoro – che continua – ho sempre cercato di muovermi con la migliore organizzazione possibile, misurata di volta in volta dai risultati. Ho sempre tentato di immettere qualità e con essa produttività nei processi, la quale si misura paragonando i risultati agli obiettivi.

Ovviamente tali processi debbono essere chiari, rapidi, efficienti. Per fare tutto ciò, occorre chiarezza di idee e un bagaglio di conoscenze e culturale idoneo a fare quello che serve e non quello che si suppone o che si pensa di fare.

Non importa se chi ascolta potrebbe non comprendere completamente le argomentazioni o i comportamenti, anche se espressi chiaramente, perché ognuno di noi ha il dovere di farsi capire e perciò di usare frasi semplici e sintetiche, mai fatte di periodi lunghi, con un intercalare e frasi incidentali che confondano le idee.
Quindi, dovrebbero andare avanti, con merito, le persone del fare e del fare bene; non quelle del dire, cioé i parolai.


In questo quadro, è importante capire che si può progredire soltanto se si conosce, tenendo sempre presente la regola “Chi più sa più vale”. La conseguenza è che bisogna investire su sé stessi, con una formazione continua e, soprattutto i giovani, devono pensare che la strada per crescere è quella della gavetta, ricordandosi che “Il lavoro è dietro i rovi”.
Perciò, la fatica e il sacrificio sono ingredienti necessari per crescere sia come individui che come membri della collettività.

Nessuno deve dimenticare il principio che l’interesse di tutti deve prevalere su quello proprio, sapendo anche, però, che quest’ultimo può essere raggiunto, seppure in un contesto che riguardi la moltitudine. In altri termini, l’interesse generale e quello personale possono convivere, a condizione che sia chiaro il posizionamento, cioé il primo sul secondo.
Non sembri inutile la riflessione che precede, perché costituisce la premessa per essere brave e fattive persone in una comunità fatta di altrettante brave e fattive persone.

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