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Le tre rotelle dello sviluppo

Le tre rotelle dello sviluppo

Il tema di fondo sul quale il management è chiamato a rendere conto è proprio questo: il profitto che stiamo producendo è fertile o sterile?

continua dal QdS del 14/5/2025

C’è il profitto senza sviluppo, c’è il profitto senza qualità, c’è il profitto monopolistico, c’è il profitto senza progresso dell’accumulazione tecnologica e della conoscenza organizzativa, c’è il profitto che deriva solo da connivenze con chi gestisce le casse pubbliche, c’è il profitto che devasta la terra, c’è il profitto che degrada le città, c’è il profitto che è solo apparente perché parte dei suoi costi di produzione si scaricano in bilanci diversi da quelli dell’impresa, c’è il profitto che miete solo e ha smesso di seminare; c’è il profitto sterile che non svolge più la sua funzione fecondatrice; c’è il profitto che, in realtà, è ormai solo consumo di quanto altri hanno accumulato nell’impresa; perché ci sono i profitti di guerra; perché ci sono i profitti di regime; perché c’è il profitto che deriva da spericolate speculazioni finanziarie; perché c’è profitto tesaurizzato e non distribuito con equilibrio tra i fattori della produzione.

Se il profitto è sterile o fertile, non lo può stabilire solo il management. Egli ha e deve avere la responsabilità di elaborare il progetto e di condurlo in porto. Ma la sua azione è sottoposta a rendiconto non solo davanti agli azionisti, ma davanti al lavoro, ai risparmiatori, alla cultura, all’opinione pubblica. Il tema di fondo sul quale il management è chiamato a rendere conto è proprio questo: il profitto che stiamo producendo è fertile o sterile? E perché ci deve essere questa resa di conto? Ma perché l’impresa, pur di proprietà e di gestione privata, è strumento strategico e operativo di sviluppo collettivo. Anche per questa via siamo risaliti alla concezione d’impresa. E attraverso questa a una concezione di società, che è quella che chiamiamo – per brevità – capitalismo democratico.

Con questa impostazione anche il dibattito su etica e profitto, come si è sviluppato, e la connessa ricerca di un catechismo d’impresa, che chiamano etica degli affari, appare ed è del tutto futile. Oltre a prendere coscienza della complessità del concetto di profitto, era necessario identificare i meccanismi concreti attraverso i quali si forma il profitto fertile e funzionale al successo duraturo dell’impresa, meccanismi che marcano la differenza tra il processo di accumulazione nell’impresa ed in altri soggetti ugualmente produttori di profitto. La nostra ricerca ci portò a comprendere che l’impresa è tale solo quando, nella sua azione, sono identificabili tre processi di accumulazione simultanei: accumulazione della conoscenza tecnologica; accumulazione della conoscenza organizzativa; accumulazione del capitale (profitto); interagendo tra di loro in un processo strettamente integrato.

L’impresa è tale solo quando l’accumulazione del capitale è strumentale e conseguente al progredire dell’accumulazione della conoscenza tecnologica (quale luogo privilegiato dell’innovazione, del dinamismo, della produttività) ed al progredire dell’accumulazione della conoscenza organizzativa (e qui rientra anche tutta la problematica della cultura del lavoro). È solo quando queste tre forme di accumulazione si sviluppano in un’azione equilibrata, che l’impresa assolve il suo compito primario di essere soggetto e motore di sviluppo. Ed è solo quando ciò si verifica che possiamo parlare di successo duraturo dell’impresa. Ed è proprio nel perseguimento di questo difficile compito, di far girare insieme e in modo bilanciato le tre rotelle dello sviluppo che riposa l’essenza della professionalità del management.

continua…