Le “zoppe” ferrovie siciliane - QdS

Le “zoppe” ferrovie siciliane

Le “zoppe” ferrovie siciliane

Salvo Fleres  |
giovedì 03 Aprile 2025

Senza infrastrutture, continueremo a rimanere un’isola “isolata”

Quando mi capita di affrontare il tema delle condizioni delle ferrovie siciliane vengo travolto da un forte senso di rabbia, che difficilmente provo per altri argomenti riguardanti il, comunque basso, livello infrastrutturale dell’Isola. Credo che le ferrovie costituiscano il paradigma di una regione dimenticata dallo Stato, come gran parte delle regioni del Mezzogiorno d’Italia, anche se forse qualcosa sembra stia cambiando.

Le ferrovie l’esempio più calzante del livello di arretratezza

Le condizioni in cui versano le ferrovie siciliane, insieme alle condizioni della rete stradale e autostradale, rappresentano l’esempio più calzante del livello di arretratezza in cui versano i territori in questione rispetto al resto del Paese. Inoltre, per ciò che attiene alle ferrovie, al danno si aggiunge la beffa, legata all’opinione di alcuni tecnici, secondo i quali fare nuove tratte ferrate in Sicilia costituirebbe uno spreco, in quanto i siciliani non amano avvalersi dei treni. Mi chiedo come si possa fare ad avvalersi di qualcosa che non c’è e come si possano dire simili stupidaggini senza provare un po’ di rossore. Tuttavia, sono abbastanza esperto in tecniche di depistaggio per meravigliarmi di simili baggianate, talvolta persino accademiche, che vengono utilizzate da chi non ama né il Sud, né la Sicilia.

Ma veniamo a qualche numero. In un recente report di Legambiente – che tuttavia si ostina a ritenere dannoso il Ponte sullo Stretto di Messina e finge di non comprendere che senza di esso non ci sarà futuro per una rete ferroviaria integrata con il Continente e con l’Europa, difendendo gli uccelli distratti che si scontrerebbero con i cavi di sostegno del ponte ma trascurando il fatto che i traghetti in atto in servizio immettono nell’area dello Stretto tonnellate di ossido di carbonio – vengono segnalate alcune interessanti questioni. Cominciamo con la prima: al Sud i treni sono più vecchi del resto d’Italia, poiché l’età media dei convogli è di 18,1 anni, in lieve calo rispetto ai 19,2 anni del 2020, con il record di anzianità detenuto dal Molise, con 22,6 anni di vita, seguito dalla Calabria, con 21,4 anni.

Ma andiamo avanti. Un’altra cifra record è quella riguardante le tratte ferroviarie chiuse o interrotte, come la Palermo-Trapani sospesa nel 2013; o la Caltagirone Gela chiusa a causa di un crollo nel maggio del 2011.
Proseguiamo con le linee a binario unico, che nell’Isola, con i suoi 1.267 km, rappresentano l’85% del totale, che ammonta a 1.490 km. I tratti elettrificati, poi, raggiungono soltanto un totale di 689 km, pari al 46% della rete, con ciò mantenendosi in esercizio molti treni diesel di vecchia generazione.

Per raggiungere Ragusa da Trapani si impiegano circa 13 ore

L’ultimo elemento è quello più assurdo: per raggiungere Ragusa da Trapani si impiegano circa 13 ore e qualche minuto, una vera eternità. Mi chiedo quali politiche di sviluppo si possono varare se non vengono rafforzati i trasporti su gomma, dunque le strade e le autostrade, su nave, dunque i porti ed i retro porti, o su rotaia? Insomma, ancora una volta, è facilmente dimostrabile che non serve fingere di accelerare qualche tratta, come è stato fatto fino a oggi con alterne fortune, bisogna invece avere l’alta velocità, la quale arriverà in Sicilia solo attraverso il Ponte, a costo che qualche uccello distratto o qualche personaggio che “spara uccellate”, possa sbatterci addosso.

L’equazione seguente è ineludibile, senza Ponte non ci saranno né autostrade, né ferrovie. Senza autostrade e senza ferrovie non ci saranno porti attrezzati, capaci di intercettare il traffico mercantile che attraversa il canale di Sicilia e sbarca nel Nord Europa, a Rotterdam e ad Amburgo in particolare. Senza il traffico mercantile, che porta nell’Isola le materie prime, non ci può essere industria di trasformazione, né incremento occupazionale, né turismo, né alcun altro tipo di sviluppo legato ai settori terziario e secondario. Ma soprattutto, senza infrastrutture, continueremo a rimanere un’isola “isolata”, mentre l’economia ed il lavoro crescono in maniera significativa in altre parti del mondo solo perché lì non ci sono “uccelli distratti”.

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