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La legge della sopraffazione

La legge della sopraffazione

Il commento su una società sempre più divorata dalla violenza e dal desiderio di prevaricare sugli altri dopo l’ennesimo omicidio in Sicilia.

In Sicilia, a Palermo e dintorni, si muore molto, ma molto meno, per fortuna, per mano della criminalità organizzata. Ma si continua a morire, proporzionalmente di più, per una legge atavica, ancestrale, che sfugge a qualunque impegno civile, non straordinario in verità, di formazione, istruzione e senso civile.
L’ultimo caso a Partinico, grossa cittadina, di antica cultura agricola, al confine della provincia palermitana.

Lì un giovane diciassettenne avrebbe “osato” mandare a quel paese due giovani del luogo che erano passati ad alta velocità in strade che non se lo possono permettere né per fondo stradale né per un ignoto e ignorato codice della strada. Il risultato è stato il lavoro col sangue del giovane minorenne reo di offesa, probabilmente, all’onore dei due rampolli della cultura della sopraffazione, del “non sai chi sono io, con chi ti stai mettendo”. Il diciassettenne viene pestato brutalmente davanti alla madre, che vedendosi persa chiama il maschio adulto di casa, il marito, che anch’esso viene picchiato dai due giovanotti in un’orgia di selvaggia violenza che sfugge a qualunque regola comunitaria, una legge della giungla siciliana, tra canneti e vigne, tra strade provinciali dirute e stracolme di immondizia. Il marito, tornato a casa dopo averle prese di brutto, accusa un malore e muore. Non per interessi, non per una faida di mafia, ma per una insulsa, assurda, vergognosa rissa di strada.

Stessa cosa era successa qualche anno prima a un giovane morto da quelle parti per una rissa in una discoteca della costa. Un anno fa medesimo episodio, rissa in discoteca in un locale nel pieno centro borghese di Palermo. Come fece scalpore il pestaggio mortale in un’altra nota discoteca sul viale Lanza di Scalea di un giovane bravo ragazzo nisseno Aldo Naro, figlio di un alto ufficiale dei carabinieri. Tempo prima c’era stata la revolverata a un condomino a causa del fatto che costui avesse acceso un barbecue nel suo giardino e l’odore di salsiccia e costolette disturbasse il suo vicino. Questa violenza non risparmia nessuno, né ceti popolari né borghesi, unica forma di livella sociale in un’isola ancora braminica, fatta di appartenenze e mondi a parte.

La cultura della sopraffazione è quella che in ogni contesto, non solo quello mafioso, ma anche politico, professionale, burocratico non fa fare il salto di qualità in termini di educazione civile, formazione e meritocrazia a quest’isola a volte dura e pietosa, e sono proprio le pietre che lapidano nel dolore famiglie intere, sia si tratti di una rissa casuale, che un femminicidio. La matrice è sempre la stessa: una violenza incontrollata, ingiustificabile socialmente ma accettata socialmente. I Gattopardi, quelli antichi delle foreste siciliane, sono ancora feroci e carnivori in Sicilia, e spesso uccidono. I felini veri lo fanno per sopravvivere, escludendo la propria razza, noi siciliani lo facciamo per sopraffare gli altri esseri umani, quelli che riteniamo più deboli.