Lo stop al Cenone di fine anno manderà in fumo 500 milioni di euro - QdS

Lo stop al Cenone di fine anno manderà in fumo 500 milioni di euro

redazione

Lo stop al Cenone di fine anno manderà in fumo 500 milioni di euro

sabato 05 Dicembre 2020

La stima della Coldiretti sulle perdite previste dopo i divieti imposti dall’ultimo Dpcm. Sei milioni di italiani rinunceranno ai festeggiamenti fuori casa: incassi in picchiata per i ristoranti, alberghi e agriturismi

ROMA – L’addio al tradizionale cenone di fine anno fuori casa colpisce quasi 6 milioni di italiani con un crack di circa mezzo miliardo di euro per ristoranti, alberghi e agriturismi. È quanto emerge da una stima della Coldiretti sugli effetti del decreto che fissa le regole per le feste di Natale 2020, divulgata in occasione dell’incontro con i soci di Filiera Italia con la partecipazione del presidente della Coldiretti Ettore Prandini e del ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli.

Il Dpcm firmato dal premier Giuseppe Conte, ricorda l’associazione “obbliga alla chiusura serale dei locali in tutte le regioni cancellando di fatto i tradizionali veglioni di Capodanno che – sottolinea la Coldiretti – segnano per molte realtà della ristorazione il picco degli incassi durante l’anno, con un spesa media che lo scorso anno ha superato gli 80 euro per persona”.

“A pesare – sottolinea la Coldiretti – è anche la decisione del coprifuoco di fine anno dalle 22 alle 7 del mattino seguente, che di fatto impedisce ogni forma di socialità a tavola ostacolata peraltro durante tutte le feste dall’obbligo di chiusura alle 18 per tutte le attività di ristorazione, anche nelle regioni gialle. Peraltro la decisione di blindare gli italiani nel proprio comune nei giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno – denuncia l’associazione – mette ko le 24mila strutture agrituristiche nazionali che sono principalmente situate in piccoli centri rurali con una clientela proveniente dalle grandi città e dai paesi limitrofi”.

“Un duro colpo per l’economia dei piccoli comuni ed anche vero paradosso se si considera che gli agriturismi spesso situati in zone isolate in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto, sono i luoghi più sicuri perché è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio fuori dalle mura domestiche”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “dalla tenuta del tessuto economico e sociale delle aree interne dipende molto delle possibilità di ripresa del Paese”.

In Italia, ricorda Coldiretti, i centri sotto i 5mila abitanti sono, infatti, 5.498, quasi il 70% del totale, secondo un’analisi dalla quale si evidenzia che ben il 92% delle produzioni tipiche nazionali nasce nei piccoli borghi italiani che rischiano di essere duramente colpiti dallo stop agli spostamenti e al turismo in montagna.

La situazione di difficoltà si trasferisce a cascata sull’intera filiera agroalimentare, dall’industria all’agricoltura, con un drastico taglio degli acquisti di prodotti alimentari e bevande da portare in tavola. La chiusura dei locali è infatti destinata a provocare un forte ridimensionamento nei consumi di 70 milioni di chili tra pandori e panettoni, 74 milioni di bottiglie di spumante, 6 milioni di chili tra cotechini e zamponi e frutta secca, pane, carne, salumi, formaggi e dolci spariti dalle tavole lo scorso anno solamente nelle feste di fine anno”, conclude l’associazione.

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