La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha pronunciato nei giorni scorsi un’interessante sentenza in materia di locazioni brevi.
Affitti brevi, si stringe il cerchio intorno agli intermediari per gli affitti brevi di case vacanza.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha pronunciato nei giorni scorsi un’interessante sentenza in materia di locazioni brevi.
Il caso riguarda la legge belga che obbliga gli intermediari, inclusi i portali di prenotazione come Airbnb e Booking, a comunicare all’amministrazione finanziaria i dati degli host e i loro recapiti insieme al numero di pernottamenti e le unità abitative gestite nell’anno precedente al fine di identificare i soggetti debitori di un’imposta regionale sugli esercizi ricettivi turistici e i loro redditi imponibili.
Secondo la Corte i portali saranno ora tenuti a comunicare i dati richiesti dall’amministrazione.
Obbligo degli intermediari come sostituti d’imposta
La Corte tornerà presto a occuparsi della materia. A Lussemburgo si svolge l’udienza dibattimentale sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato italiano nell’ambito della causa sul decreto-legge n. 50 del 2017.
Secondo questo Airbnb, come gli altri portali di prenotazione online che operano sul mercato italiano dovrebbe operare come sostituto d’imposta. Questo significa che sarebbe tenuta ad operare la ritenuta fiscale da versare all’Erario per conto dei proprietari.
Airbnb di fatto non ha mai riscosso la cedolare secca del 21% e non ha mai fatto da Sostituto d‘Imposta. Airbnb si è opposta in tutte le sedi contro questa legge.
Cinque anni di non applicazione della norma
Secondo le stime elaborate dal Centro studi di Federalberghi, che monitora costantemente il mercato online con la collaborazione di tre enti indipendenti (le italiane Incipit Consulting srl e EasyConsulting srl e la statunitense Inside Airbnb), nei cinque anni di mancata applicazione della norma, Airbnb ha omesso di versare imposte per oltre 750 milioni di euro.