Affitti brevi, si stringe la morsa sugli evasori - QdS

Affitti brevi, si stringe la morsa sugli evasori

Marco Carlino

Affitti brevi, si stringe la morsa sugli evasori

mercoledì 14 Agosto 2019

La cedolare secca del 21% non ha ottenuto i risultati sperati, si cambia quindi la rotta. Un codice identificativo sarà obbligatorio per i proprietari di casa iscritti su Airbnb

CATANIA – Il Fisco italiano mette nel mirino gli affitti brevi per porre fine all’evasione fiscale derivante da questo mercato. La cedolare secca del 21%, ha prodotto molto meno dei 140 milioni preventivati dall’allora governo Gentiloni, infatti nella casse dello Stato sono entrati solo 44 milioni, circa un terzo di quanto previsto nel suo primo anno di applicazione.

Stando ai dati delle dichiarazioni dei redditi 2018 pubblicati dal ministero dell’Economia e delle finanze, ad adeguarsi alla direttiva sarebbero stati solamente 7.200 contribuenti, decisamente troppo pochi. L’obiettivo della cedolare secca, infatti, era quello di far emergere i redditi di chi affitta case attraverso servizi come Airbnb, per citare il più famoso. I deludenti risultati hanno così convinto il governo a cambiare strategia.

Come ha previsto il Decreto Crescita, la banca dati degli alloggiati sarà messa a disposizione dell’Agenzia delle Entrate, che così potrà accedere a tutti i dati dei locatori che affittano i loro immobili sui portali dedicati a questo settore. In questo modo l’Agenzia potrà controllare se i proprietari che affittano le loro case per brevi periodi sono in regola con gli adempimenti fiscali.

Sempre nella nuova normativa è presente anche l’obbligo per i proprietari di immobili concessi in affitto breve di registrarsi presso una banca dati pubblica delle strutture ricettive e degli immobili che saranno identificati con un codice alfanumerico. Il codice avrà il valore di una sorta di bollino di qualità e l’iscrizione alla banca dati sarà un modo per verificare l’adempimento della tassa di soggiorno.

Il codice alfanumerico dovrà essere utilizzato “in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza”. Senza questo codice non sarà possibile pubblicare annunci di affitto, in caso contrario sono previste sanzioni che vanno dai 500 ai 5.000 euro per annuncio a carico del portale. La banca dati, invece, sarà istituita presso il Ministero delle politiche agricole e del turismo.

Inoltre è importante ricordare che L’Agenzia delle Entrate dovrà rendere disponibili questi dati anche ai Comuni che hanno introdotto la tassa di soggiorno per verificarne il pagamento da parte degli ospiti.

Un approfondimento merita poi la mancata comunicazione che va fatta alla Questura. A differenza delle altre inadempienze che prevedono sanzioni amministrative, l’omissione di comunicazione alla Polizia, comporterà provvedimenti penali.

In questo senso, è fondamentale ottenere dalla Questura i dati di accesso al portale alloggiatiweb.poliziadistato.it dove si dovranno inserire entro massimo un giorno dall’arrivo degli ospiti, le generalità di tutte le persone che occuperanno l’alloggio. Riportati i dati sul sito, sarà poi obbligatorio cancellare ogni traccia dei dati sensibili raccolti.

Un ulteriore dovere sarà quello di conservare la ricevuta di avvenuta registrazione per cinque anni.

Chi affitta, anche per una sola notte, senza inviare i dati degli ospiti entro 24 ore dall’arrivo rischia l’arresto fino a tre mesi o ammenda fino a 206 euro (articolo 17 del Tulps).

Infine, l’anno successivo si dovrà presentare nella denuncia dei redditi, portando al Caf o al commercialista la lista dei compensi dell’anno precedente riportati sul sito di Airbnb, consultabile sotto la voce: “cronologia delle transazioni”.

Si dovrà pagare un F24 perché attualmente Airbnb non agisce ancora da sostituto d’imposta e quindi sarà l’utente a dover versare il 21% di tasse per la cedolare secca che spettano alle casse dello Stato.

Misure aggressive quindi, che vogliono contrastare una volta un fenomeno di evasione fiscale che colpisce il mercato degli affitti brevi.

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