Affitti brevi, un bollino contro l’evasione fiscale - QdS

Affitti brevi, un bollino contro l’evasione fiscale

Marco Carlino

Affitti brevi, un bollino contro l’evasione fiscale

martedì 16 Luglio 2019

Introdotto dal Governo nel Decreto Crescita. Il sistema dovrebbe essere messo a punto entro luglio. Un codice indentificativo (visibile all’Agenzia Entrate) accanto all’appartamento su Airbnb

ROMA – Il Fisco mette nel mirino gli affitti brevi. È stato, infatti, introdotto dal Governo nel Decreto Crescita, il bollino di qualità, anti furbetti, e altre novità in tema di tassa di soggiorno, per combattere l’evasione fiscale. Il sistema dovrebbe essere messo a punto entro la fine di luglio.

In cosa consiste questo bollino di qualità? Bisogna prima di tutto tanto sottolineare la creazione di una banca dati (che sarà operativa da agosto) delle strutture ricettive presenti sul territorio nazionale, compresi gli immobili destinati alle locazioni brevi.

Un codice identificativo alfanumerico, che verrà utilizzato negli annunci, verrà affiancato a tutte le strutture e gli immobili destinati all’affitto anche breve. In questo modo il Fisco potrà risalire alla tipologia, alle caratteristiche, all’ubicazione e al proprietario. Le informazioni contenuti nel database verranno trasmessi direttamente all’Agenzia delle Entrate e saranno, inoltre, consultabili anche sul sito del Ministero delle politiche agricole e del turismo.

Nel caso di pubblicazione di annunci senza l’applicazione dell’apposito bollino anti furbetti scatteranno le sanzioni a carico del portale, che vanno da un minimo di 500 euro ad un massimo di 5.000 euro.

Inoltre, nel Decreto Crescita sono previste novità anche in tema di tassa di soggiorno: da gennaio è diventato obbligatorio per chi offre l’appartamento per le locazioni brevi, registrarsi al portale “Alloggiati Web” in modo da trasmettere alla questura i dati degli ospiti. In questo modo questi stessi dati saranno comunicati dalle questure all’Agenzia delle entrate in modo da metterli a disposizione dei comuni che hanno istituito l’imposta di soggiorno o il contributo di soggiorno.

Non è la prima volta che si mettono nel mirino le locazioni brevi. Il primo intervento contro l’evasione sugli affitti a breve scadenza, risale infatti al 2017. Due anni è stata stabilita la possibilità di applicare la cedolare secca al 21% anche sulle locazioni turistiche con durata inferiore ai 30 giorni.

Contestualmente è stato previsto l’obbligo per i portali, che riscuotono l’affitto e poi lo girano ai proprietari, di applicare la cedolare alla fonte.

Una decisione che ha scatenato la reazione del portale Airbnb, che ha impugnato le norme di fronte al Tar, ottenendo, però, riscontro negativo. Airbnb, allora, ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato. Nel frattempo non ha applicato la cedolare alla fonte. Anche l’obbligo per gli intermediari di comunicare alle Entrate i dati dei locatori, previsto nella norma, non è però mai stato rispettato.

Soddisfazione da parte del Ministro delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo Gian Marco Centinaio, che, come si legge sul sito del Ministero promuove la misura introdotta nel decreto crescita: “Finalmente, grazie al nostro lavoro, anche l’Italia si dota di un fondamentale strumento che consentirà di migliorare l’offerta turistica. Il codice identificativo e l’iscrizione a una banca dati presso l’Agenzia delle Entrate per gli affitti brevi, e le locazioni presso strutture ricettive, consentirà di evitare eventuali evasioni fiscali o elusioni. Il nostro obiettivo era arrivare all’approvazione entro l’estate. Ce lo chiedeva tutto il mondo del turismo. Un settore molto importante per il nostro Paese. Con l’impegno di tutti abbiamo raggiunto un risultato importante”.

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