“Pronto Luis, come stai? Bene, sto invecchiando”. Inizia così la telefonata, con a seguire una risata vivace e fragorosa. Perchè il “Falco” è sempre lo stesso, non cambia mai. Sempre con il sorriso stampato in volto e con il pallone nel cuore. Lui, Lulù Oliveira, che in appena due annate, dal 2002 al 2004, ha saputo conquistare Catania e il Catania, mettendo a referto 27 reti in 74 presenze con la maglia rossazzurra addosso, prima con il 25 e poi con il 10 sulla schiena. Quello spunto, quella velocità, quella tecnica, quell’esultanza sbattendo le ali sotto la Nord: semplicemente indimenticabile. Oliveira non è stato soltanto uno dei calciatori più forti di sempre ad aver giocato ai piedi dell’Etna, ma anche e soprattutto simbolo della rinascita di un club che si riaffacciava dopo 15 anni in Serie B e si preparava a tornare nel paradiso del calcio tricolore qualche stagione più tardi. “Siamo tutti matti, stasera. Mi chiamo Lulù, Oliveira. Dipingerò Catania rossazzurra. Come un Falco volerò, stasera”, cantava Antonio Monforte con i “Figli di un Do minore“: iconico.
L’intervista del QdS a Luis Airton Oliveira Barroso
Il Quotidiano di Sicilia ha intervistato il bomber belga di origini brasiliane, oggi 56enne, soffermandosi su passato, presente e futuro, con focus puntato ovviamente anche sulla situazione attuale del Catania.
Luis, stai seguendo il Catania in questa stagione? Cosa pensi della squadra guidata da Mimmo Toscano: può sperare di andare in B?
“Quest’anno sto seguendo il Catania, ho visto che ha pareggiato l’ultima gara in casa con il Crotone – esordisce Lulù – Ho notato che ci sono stati dei problemi tra la tifoseria e la squadra: questo dal mio punto di vista non va assolutamente bene. Credo che bisogna avere innanzitutto rispetto per i tifosi e per la gente, sono loro che ti danno quel qualcosa in più. Occorre che la squadra dimostri di saper lottare, anche perchè vincere, lo sappiamo, non è mai facile. Il Catania deve fare il suo gioco, impegnarsi e dare il massimo partita per partita: così, a prescindere dal risultato, i tifosi saranno sempre al fianco dei giocatori. Conosco il tecnico: Toscano è bravo e preparato. Serie B? Nel calcio tutto è possibile, loro avranno la possibilità di centrare l’obiettivo con i Play-Off. Serve qualificarsi bene in campionato per partire nella miglior posizione possibile durante gli spareggi”.
Da bandiera e idolo rossazzurro, che consiglio ti senti di dare ai calciatori che vestono oggi la maglia del Catania?
“Torno un po’ indietro nel tempo, proprio quando mi sono trasferito a Catania – ricorda il “Falco” – Il giorno in cui il mio procuratore mi prospettò di andare in questa piazza gloriosa, difficile e affamata di calcio, io gli risposi: “Non ho paura di niente, conosco le mie qualità e la mia mentalità”. Non appena arrivai in aeroporto e vidi quella folla ad aspettarmi, fu un’emozione troppo grande: se avessimo avuto partita subito dopo, avrei sputato fuoco in campo per quanto fossi carico. Non ho mai avuto un rapporto così stretto e intenso con la gente come quello che ho avuto con il pubblico catanese: con loro è stato amore a prima vista. Ai giocatori dico quindi di allenarsi bene, senza avere paura delle aspettative: devono lavorare sodo e dare il massimo il giorno della partita, impegnandosi durante la settimana negli allenamenti agli ordini del mister”.
Tra poco saranno tre anni di gestione Pelligra: che idea ti sei fatto sul progetto del Catania FC?
“Il Catania non può restare in C, tutta la piazza vuole crescere. La società, dal mio punto di vista, deve cercare di creare una rosa ampia e degna del prestigio di Catania per cercare di tornare subito nelle categorie che competono a questo club”.
Facendo un salto nel passato: che ricordo hai di Catania? Cosa ti è rimasto impresso della città?
“La gente mi vuole bene e io voglio bene a loro. Ogni volta che torno qui è sempre bello essere fermati per una foto o un autografo anche a distanza di anni. I tifosi hanno visto che sapevo fare bene il mio lavoro, ossia fare gol, e che mi sono sempre comportato con umiltà. Parlavo con tutti, non mi sono mai tirato indietro, andavo dappertutto in città. Per me il contatto con la gente è stato semplicemente fondamentale”.
Un aneddoto divertente di quegli anni puoi raccontarcelo?
“Assolutamente sì, tanto per cambiare c’entra Gennaro Monaco (ride n.d.r.). Dopo la partita con il Messina, quella in cui feci tripletta al ‘Celeste’, la settimana seguente mi propose di andare al mercato in centro città. ‘Tranquillo Lulù, non succederà niente: vieni con me, ti presento ai tifosi’. Io mi feci convincere e andammo lì. Quando arrivammo, m’insospettì vedendolo scendere dalla macchina con due borsoni giganteschi. Poi, capì subito dopo: non appena le persone mi videro, cominciarono a regalarci carne, pesce, frutta, verdura e tanto altro ancora. Mi sommersero di affetto: è un qualcosa che non dimenticherò mai”.
Ma qual è il tuo gol più bello con la maglia rossazzurra? Ne hai fatti tanti…
“Senza alcun dubbio, il gol che realizzai a Palermo nel derby. In quel gol c’è tutto: è poesia. Dalla panchina sentivo urlare ‘Tira, tira, il portiere è uscito’, mi mettevano premura. Io ho pensato però che se avessi fatto il pallonetto probabilmente sarebbe andato fuori. Così, in una frazione di secondo, ho deciso di fare una prima finta, mandando il loro portiere per terra, poi un altro dribbling dopo essermi accorto dell’arrivo di un difensore rosanero e infine ho tirato in porta fregando un altro loro calciatore che si era posizionato sulla linea di porta. Io ero un attaccante che aveva mille pensieri, non andavo subito alla conclusione come fanno in tanti: preferivo fare prima una finta per mandare fuori tempo chi avevo di fronte e poi calciavo”.
Hai dei rimpianti particolari sulla tua esperienza in Sicilia?
“Uno soltanto, che ho scoperto solo qualche anno fa – svela l’ex Cagliari e Fiorentina – Quando venni messo fuori rosa sul finire della stagione 2003-2004: non riuscivo a spiegarmi la motivazione. Fu una cosa che mi fece veramente male proprio perchè non pensavo di aver fatto qualcosa di sbagliato. Poi, riuscì a scoprirlo: il Catania, passato di mano da Gaucci a Pulvirenti, mi tagliò dal progetto per non pagare il premio presente sul mio contratto che sarebbe scattato al raggiungimento dei 15 gol in campionato. Mancavano 7 giornate, avevo segnato 13 reti e quindi lo avrei agevolmente ottenuto: per questo decisero di non farmi più giocare. Una cosa che, ancora oggi, non mi va giù”.
Ma cosa fa adesso Lulù Oliveira? Che sogni ha per il suo futuro?
“Oggi vivo in Veneto, guido i giovanissimi provinciali dell’ASD Galaxy FC. Da tre anni alleno qui, a qualche km da casa mia. Questo ruolo mi piace tantissimo: cerco di trasmettere ai più piccoli, a partire dai 7-8 anni, l’importanza del pallone e della tecnica. Tento di iniziarli al calcio: lavoro tanto con loro sulla tecnica perchè, prima di correre o tirare in porta, credo sia l’aspetto più importante nella formazione di un calciatore. Il mio sogno? Il mio sogno resta sempre allenare: il calcio è la mia vita. Allenare mi fa sentire felice, vivo“.
(Fonte fotogallery: “Mostra dello Sport Catanese“)
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