"Madame de Pompadour", Senato blocca processo per Giarrusso - QdS

“Madame de Pompadour”, Senato blocca processo per Giarrusso

Ivana Zimbone

“Madame de Pompadour”, Senato blocca processo per Giarrusso

lunedì 21 Febbraio 2022

"Una nota lingua velenosa catanese (...) mi dicono sia la discendente di Madame de Pompadour (...) Una finta seguace di Robespierre e vera stipendiata da FdI", così Giarrusso diffamò Debora Borgese.

Il senatore Mario Michele Giarrusso, ex esponente del Movimento 5 Stelle, non andrà a processo – a seguito dell’insindacabilità concessa dal Senato – per diffamazione dopo le querele ricevute a seguito di un’intervista sul quotidiano “La Verità” e delle sue esternazioni sui social network nei confronti della giornalista Debora Borgese che, al QdS, racconta quanto accaduto e si appella al tribunale di Catania affinché si presenti ricorso alla Corte costituzionale.

Ulteriore fattispecie singolare, tra l’altro, è che il tribunale di Catania avesse precedentemente rigettato la richiesta di Giarrusso di chiedere in via preliminare l’insindacabilità al Senato. E che lui abbia deciso ugualmente di procedere con il benestare dell’Aula.

Chi è Mario Michele Giarrusso

Mario Michele Giarrusso è un avvocato catanese che si è dato alla politica. Prima con “La Rete” di Leoluca Orlando, poi con il M5S, dopo ancora con il Gruppo Misto e adesso con ItalExit di Gianluigi Paragone. Dal 2013 è stato eletto senatore e oggi ha 56 anni.

Debora Borgese: “Io accostata all’amante di Luigi XV”

Il post di Mario Michele Giarrusso
I commenti
La vignetta contro Debora Borgese

Debora Borgese commenta così al QdS la vicenda: “La decisione del Senato rappresenta la dimostrazione plastica dell’indirizzo del parlamento che differisce da quello della giurisprudenza e l’incapacità del Senato di distinguere tra la funzione parlamentare e gli insulti sessisti e squallidi proferiti da un uomo nei confronti di una donna”.

Gli insulti in questione, rivolti a più riprese in post pubblici su Facebook, l’hanno dipinta come una donna di facili costumi intenta a utilizzare il proprio corpo per raggiungere posizioni di potere.

Nel 2017 eravamo nel pieno della campagna elettorale per la Regione Siciliana e i candidati maggiormente favoriti erano l’attuale presidente Musumeci e Cancelleri – spiega Borgese -. Giarrusso allora faceva parte del M5s ed è possibile che sia rimasto infastidito dalla pubblicazione di alcuni miei articoli che spiegavano come anche all’interno del Movimento si fossero candidati soggetti ritenuti ‘impresentabili’. Reagì a questo fastidio accostando pubblicamente la mia persona alla figura di Madame de Pompadour, l’amante di Luigi XV che grazie a questa liaison riuscì a condividerne il potere”.

Tali insulti non furono condannati dai seguaci di Giarrusso che anzi rincararono la dose: “Nei commenti si è insinuato che fossi addirittura iscritta nel libro paga di Fratelli d’Italia, cosa assolutamente non vera – continua la giornalista -. E non capisco nemmeno in quali miei atteggiamenti possa essere rintracciabile la mia presunta ‘libidine e brama di potere‘ a cui si fa riferimento. Visto che mi ritengo soddisfatta della mia vita e il mio unico desiderio al mattino è quello di trascorrere la giornata facendo esattamente ciò che faccio e di rimanere serena”.

Le frasi sessiste di Giarrusso e le reazioni in Aula

Un attacco a una donna, una cittadina e una giornalista che il Senato desidera non finisca nemmeno davanti ai giudici per essere eventualmente condannato. “Il gruppo di Fratelli d’Italia si è astenuto, Forza Italia ha votato a favore dell’insindacabilità – aggiunge Debora Borgese -. Liberi e Uguali e il Movimento Cinquestelle si sono invece opposti. Chiedo ai senatori favorevoli, allora, quale incarico avrei potuto ottenere con una condotta simile a quella di Madame de Pompadour“. (Qui, a pagina 40, l’elenco dei parlamentari e le loro votazioni).

A sostenerla in Aula il senatore Pietro Grasso (LeU) che ha ripreso le esternazioni pubbliche di Giarrusso su Borgese. “Aveva pubblicato su Facebook dei post offensivi della reputazione della signora Debora Borgese, contenenti le seguenti parole: ‘Pensate che una nota lingua velenosa catanese, malgrado il cognome pseudo rivoluzionario, mi dicono sia la discendente di Madame de Pompadour’, ‘Una finta seguace di Robespierre e vera stipendiata da Fratelli d’Italia. Al solo nominarla accadono disgrazie‘ – ha detto Grasso – ‘Attento alla sfiga’, in risposta a un commento in difesa della signora Borgese. Poi il 21 gennaio 2018 è stata pubblicata un’altra vignetta nei confronti della signora con la seguente didascalia: ‘Nel frattempo Madame Pompadour continua a sbavare bile’.

Io non so cosa c’entri questo con l’attività parlamentare. Non vedo quale nesso ci possa essere tra l’attività di denunzia delle infiltrazioni mafiose negli enti locali con dei gratuiti insulti e offese a un cittadino che giustamente ha presentato una querela per diffamazione – ha concluso il senatore -. Sotto questo profilo credo quindi che queste dichiarazioni non possano assolutamente essere collegate all’attività parlamentare. Si tratta di espressioni offensive, di metafore con personaggi della storia francese, dell’accusa di portare sfortuna. Pur ritenendo il tema delle infiltrazioni mafiose negli enti locali di enorme importanza, credo che tutti noi dovremmo concordare sul principio che le battaglie politiche e la difesa della legalità debbano restare su un piano di scontro anche particolarmente duro, ma non scadere in questo modo”.

Il ricorso alla Corte costituzionale

Debora Borgese attendeva come previsto la prossima udienza fissata per maggio, ignara di quanto stesse per accadere: “La votazione di insindacabilità al senatore Giarrusso per me è stato come subire un processo senza l’imputato a vantaggio del reo e in spregio alla persona offesa – fa sapere -. Nemmeno nelle peggiori dittature! Ringrazio dunque il senatore Pietro Grasso, il gruppo parlamentare Liberi e Uguali e la senatrice Grazia D’Angelo, insieme al Movimento 5 Stelle, per avere preso le mie parti”.

Ma nonostante l’immunità resta fiduciosa: “Al tribunale di Catania la lotta contro tutte le forme di violenza nei confronti delle donne è molto sentita. E il giudice e il pm mi sono sembrate persone molto decise in tal senso – conclude -. Mi auguro che accoglieranno la nostra proposta di ricorso alla Corte costituzionale, unica opzione in caso di insindacabilità. Per condannare un atto volgare e offensivo non solo nei miei riguardi, ma nei confronti di tutte le donne”.

Abbiamo provato a contattare il senatore Giarrusso per comprendere meglio la sua posizione, ma fa sapere che “non ha nessun commento da fare”.

Tag:

Articoli correlati

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017