Revocate concessioni a imprenditore ritenuto vicino a Cosa nostra

Mafia e carburanti, Regione revoca concessioni a imprenditore ritenuto vicino a Cosa nostra

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Mafia e carburanti, Regione revoca concessioni a imprenditore ritenuto vicino a Cosa nostra

Simone Olivelli  |
sabato 14 Settembre 2024

Revoca di due concessioni per altrettanti depositi di oli minerali a Castelvetrano e Campobello di Mazara.

Prima la revoca delle autorizzazioni per la gestione di tre rifornimenti di carburante a Mazara del Vallo, Alcamo e Trapani, poi quella di due concessioni per altrettanti depositi di oli minerali a Castelvetrano e Campobello di Mazara. Sono i provvedimenti presi dalla Regione Siciliana nei confronti di due imprese riconducibili all’imprenditore Giovanni Onofrio Beltrallo. All’origine dei decreti, firmati tra luglio e i giorni scorsi, ci sono le interdittive antimafia emesse dalla prefettura di Trapani e in parte già confermate dalla giustizia amministrativa che ha rigettato i ricorsi presentati dai legali difensori di una delle società coinvolte. Il nome di Beltrallo di recente è finito al centro delle cronache giudiziarie per la condanna in primo grado subita nel processo Ermes 3, in cui l’uomo è stato ritenuto un membro di Cosa nostra trapanese, con contatti anche con boss di primo livello.

Le imprese della famiglia

I provvedimenti presi dall’assessorato alle Attività produttive riguardano le società Sipa Carburanti e Beltrallo Carburanti. La prima ha sede a Mazara e ha tra i soci Giovanni Onofrio Beltrallo. L’uomo è titolare del 50 per cento delle quote. La Sipa ottenne l’autorizzazione necessaria a esercitare l’attività nel deposito petrolifero di Castelvetrano nel 2012, mentre tre anni dopo la Regione nel rilasciò una seconda riguardante un deposito situato a Campobello di Mazara.

Nella primavera del 2023, dunque in un’epoca successiva al coinvolgimento del 57enne nell’inchiesta Ermes 3, il cui blitz scattò nel 2020, sui tavoli dell’assessorato sono arrivati documenti con cui la Sipa comunicava il subingresso nell’attività della Beltrallo Carburanti, nella cui compagine sociale figura il figlio Natale.

Il passaggio, tuttavia, è saltato, nel momento in cui la prefettura di Trapani, a novembre scorso, ha informato la Regione dell’esistenza di un’interdittiva antimafia nei confronti della Sipa. Provvedimento che l’ente governativo ha emesso, a maggio di quest’anno, anche nei confronti della stessa Beltrallo Carburanti. A pronunciarsi sull’interdittiva che interessa la Sipa sono stati nei mesi scorsi sia il Tar che il Cga. Entrambi gli organi della giustizia amministrativa hanno rigettato il ricorso.

In precedenza, a luglio, la Regione aveva annullato le autorizzazioni per tre impianti di carburante dislocati in provincia di Trapani e gestiti fino a quel momento dalla Beltrallo Carburanti. Le tre attività erano state affittate, tra febbraio e marzo del 2022, dalla Aciservice Trapani srl, società controllata dalla Automobile Club Trapani.

La condanna per mafia

Per Giovanni Onofrio Beltrallo, i guai giudiziari iniziano nella primavera 2020, quando l’imprenditore finisce nella lista degli indagati di Ermes 3. Si tratta dell’ennesima inchiesta sul giro di connivenze che avrebbero favorito Matteo Messina Denaro, il boss che a quel tempo era un fantasma e che sarebbe stato arrestato soltanto nel 2023, dopo trent’anni di latitanza.

A Beltrallo non vengono contestati contatti diretti con il capomafia di Castelvetrano, ma altri con personaggi di primissimo piano della criminalità organizzata, come Vito Gondola, il boss di Mazara del Vallo.

Per i magistrati della Dda di Palermo, Beltrallo avrebbe preso parte a riunioni riservati con gli esponenti di Cosa nostra trapanese chiedendo e assicurando favori. Il 57enne si sarebbe imposto nel territorio “quale imprenditore in posizione dominante in forza della sua appartenenza a Cosa nostra e dell’appoggio fornito dagli altri associati e concedendo a questi ultimi e a soggetti agli stessi contigui posti di lavoro nelle proprie aziende, nonché prestazione di servizi e di beni”. Tra questi ultimi, per gli inquirenti ci sarebbero stati “in particolare il trasporto e la fornitura di carburante a prezzi inferiori a quelli di mercato”. Prezzi che Beltrallo avrebbe potuto offrire “anche in conseguenza della fraudolenta sottrazione all’imposizioni dell’Erario”. All’epoca, tuttavia, il gip non condivise il parere degli inquirenti sull’appartenenza dell’imprenditore a Cosa nostra, e per questo non dispose l’arresto. Quattro anni dopo, però, la storia si è ribaltata: a conclusione del processo di primo grado, celebratosi con rito ordinario, il tribunale di Marsala ha condannato Beltrallo a 18 anni.

Nelle carte dell’inchiesta finì anche un riferimento a possibili attività del 57enne fuori dall’Italia, a Malta per l’esattezza. Nel 2014 a essere informato di queste prospettive imprenditoriali, per il tramite di un altro indagato, sarebbe stato il boss Vito Gondola. Stando alle verifiche effettuate dal Quotidiano di Sicilia, Giovanni Onofrio Beltrallo risulta socio, insieme al figlio, nella Sp Service Ltd, impresa maltese con sede a Gzira.

La nuova indagine per corruzione

Nei mesi scorsi i Beltrallo sono stati coinvolti in un’altra indagine. In questo caso nel mirino della Dda di Palermo sono finiti i presunti rapporti corruttivi e attività illecite che avrebbero visto protagonisti i due imprenditori insieme ad altri, sia sull’isola di Favignana in merito a lavori riguardanti le infrastrutture elettriche, che, più in generale in più parti della Sicilia, per vicende legate al settore della grande distribuzione. In questo caso il gip ha disposto le misure cautelari sia per il padre che per il figlio, poi revocate in seguito all’accoglimento del ricorso da parte del tribunale del Riesame. L’indagine al momento è aperta.

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