Dalle prime ore di oggi, su delega di questa Procura Distrettuale della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, la Polizia di Stato con il Servizio Centrale Operativo e la Squadra Mobile della Questura di Catania ha eseguito 25 misure cautelari (con 23 arrestati e due soggetti sottoposti a obbligo di dimora) nell’ambito dell’operazione Ombra contro i vertici del clan Santapaola-Ercolano.
Dei 25 indagati, 18 sono in carcere, 5 ai domiciliari e due sottoposti a obbligo di dimora.
Carcere
Arresti domiciliari
I seguenti due soggetti sottoposti a obbligo di dimora nell’ambito dell’operazione Ombra sono:
Gli indagati sono accusati, con differenti profili di responsabilità e allo stato degli atti e in relazione alla fase processuale che non ha ancora consentito l’instaurazione del contraddittorio con l’intervento delle difese, dei delitti di associazione di tipo mafioso (famiglia Santapaola – Ercolano), estorsione, usura, porto e detenzione illecita di armi da sparo, lesioni personali aggravate dall’uso di armi da sparo, tutti reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza.
Le indagini del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile, supportate da presidi tecnici (intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, oltre a videoregistrazioni), hanno interessato sia la frangia degli Ercolano che dei Santapaola che storicamente compongono la famiglia catanese di Cosa nostra confermando come le stesse siano espressione di un unicum criminale.
Gli accertamenti nell’ambito dell’operazione Ombra avrebbero evidenziato la perdurante attività e pericolosità della famiglia catanese di Cosa nostra.
Un primo segmento di investigazioni ha riguardato le attività criminali di due articolazioni cittadine di Cosa nostra ascrivibili alle posizioni degli Ercolano, cioè il gruppo della stazione e il gruppo di Cibali. In tale contesto emergeva la perdurante operatività dell’ergastolano Mario Ercolano, il quale, nonostante la detenzione, avrebbe esercitato pieni poteri decisori, mantenendo contatti quotidiani con gli affiliati, a cui impartiva precise disposizioni sulle strategie da adottare. E infatti Mario Ercolano avrebbe deciso il riassetto dei ruoli apicali all’interno dei citati gruppi a lui riconducibili determinando la designazione di Carmelo Daniele Strano come successore di Benito Privitera nel ruolo di responsabile del Gruppo della Stazione, mentre Carmelo Fazio avrebbe preso il posto del fratello Salvatore come referente del Gruppo di Cibali.
Le investigazioni dell’operazione Ombra, inoltre, avrebbero fatto emergere il ruolo ricoperto da Salvatore Ercolano, fratello minore dell’ergastolano Mario: avvalendosi del fidato Salvatore Iudicello, avrebbe impartito le direttive ricevute dal fratello Mario e si sarebbe occupato personalmente della risoluzione di eventuali controversie sia interne che esterne alla famiglia Santapaola – Ercolano.
Le indagini dell’operazione Ombra sono proseguite poi sulla componente Santapaola di Cosa nostra catanese, documentando il riassetto dei ruoli apicali dell’organizzazione, consentendo di individuare i soggetti che sarebbero stati chiamati a ricoprire ruoli di vertice. Il nuovo reggente di Cosa nostra catanese sarebbe Francesco Russo, operativo assieme ai suoi diretti referenti, individuati in Salvatore Mirabella e Christian Paternò.
Russo, nonostante il ruolo di vertice che avrebbe ricoperto nel sodalizio, avrebbe deciso di “operare nell’ombra”, seguendo un rigoroso modus operandi che ne assicurasse la riservatezza e la distanza dalle frange più strettamente operative e quindi esposte al rischio di indagini. In tale ottica avrebbe designato Christian Paternò come “referente operativo”, con il compito di coordinare l’operato dei vari gruppi cittadini, e Salvatore Mirabella suo unico interlocutore diretto. Paternò, inoltre, grazie allo stretto legame intessuto sia con Mario Ercolano nel periodo di comune detenzione in carcere a Teramo che con l’ergastolano Sebastiano Cannizzaro inteso “Nuccio”, avrebbe preso il posto di Francesco Napoli nel ruolo di referente della famiglia Santapaola – Ercolano per il quartiere San Giovanni Galermo, ereditando la “carta delle estorsioni” del predetto gruppo mafioso.
In qualità di “referente operativo” di Cosa nostra catanese, Christian Paternò avrebbe assicurato il sostentamento economico dei principali esponenti della famiglia Santapaola – Ercolano detenuti, tra cui lo stesso Mario Ercolano; gestiva la “cassa comune” dell’organizzazione, avrebbe curato i rapporti con i referenti delle varie articolazioni territoriali della famiglia (sia di quelle cittadine che dei sodalizi operanti nel resto della provincia), oltre ad intrattenere i rapporti con i referenti degli altri gruppi criminali del capoluogo.
I nuovi vertici della famiglia Santapaola – Ercolano manifestavano la certa propensione a ricorrere sistematicamente alla violenza come strumento per ribadire la loro autorità criminale nei territori di loro “competenza” mafiosa. Si richiamano alcuni dei numerosi episodi che sono stati documentati dagli investigatori.
Il ricorso alla violenza da parte degli esponenti di Cosa nostra catanese come strumento di affermazione sul territorio avrebbe portato – secondo quanto emerso dall’operazione Ombra – a diversi episodi di fibrillazione con esponenti del contrapposto clan Cappello – Bonaccorsi, uno dei quali sfociava nella sparatoria avvenuta il pomeriggio del 21.10.2023, in via Poulet, nella parte del quartiere catanese San Cristoforo comunemente chiamata “Passarello”, una delle storiche roccaforti del clan Cappello – Bonaccorsi. Nell’occasione, l’esponente di quest’ultimo sodalizio mafioso Salvatore Pietro Gagliano avrebbe esploso alcuni colpi d’arma da sparo contro i membri del Gruppo della Stazione Carmelo Daniele Strano e Angelo Antonino Castorina, recatisi lì con i sodali Sebastiano Ercolano, Alfio Minnella e Benedetto Zucchero per chiarire una lite verbale intercorsa la sera precedente tra quest’ultimo e lo stesso Gagliano.
L’indole violenta e la spregiudicata condotta di Christian Paternò e degli affiliati al Gruppo della stazione si sarebbe manifestata nel progetto di omicidio ai danni del giovane esponente del clan Cappello – Bonaccorsi Salvatore Pietro Gagliano, nonostante una serie di riunioni mafiose tra gli esponenti di vertice delle due organizzazioni mafiose mirassero ad appianare il contrasto e scongiurare ulteriori e pericolose degenerazioni armate. In tale fase di criticità è emerso lo stretto vincolo criminale tra Christian Paternò ed Salvatore Assinnata, il quale, una volta scarcerato, avrebbe assunto il comando dell’omonimo clan mafioso Assinnata, articolazione della famiglia Santapaola – Ercolano nel territorio di Paternò (CT).
Durante l’operazione Ombra sono state sequestrate diverse armi in dotazione al sodalizio mafioso, tra cui 5 pistole, un fucile a pompa e un fucile a canne mozzate. Tutte le ipotesi accusatorie, allo stato avallate dal G.I.P. in sede, dovranno trovare conferma allorché verrà instaurato il contraddittorio tra le parti. Il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e per gli indagati vale il principio di non colpevolezza sino alla sentenza di condanna definitiva. Per l’operazione Ombra, sono stati impiegati circa 200 operatori della Polizia di Stato.
Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI