La sfida della criminalità organizzata allo Stato non passa soltanto da bombe e attentati. A volte può bastare la pretesa di entrare a una serata musicale e bere qualche cocktail gratis. Interpretare come intemperanze di bulli i fatti accaduti negli ultimi anni a Catania, dentro e fuori i locali Ecs Dogana e Levante, sarebbe un errore. La ricorrenza delle aggressioni – a volte con l’uso anche di armi da sparo – e dei disordini creati da gruppi che fanno riferimento ai capibranco vicini alle cosche testimonia le chiare difficoltà delle istituzioni a garantire il controllo del territorio, anche in luoghi che si trovano a poche decine di metri dalla Capitaneria di porto e a qualche centinaio dal Municipio. L’ultima ricostruzione è contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha portato a diversi arresti all’interno del clan dei Cursoti Milanesi.
I problemi di sicurezza
Le vicende risalgono ai mesi che hanno preceduto la sparatoria che, ad aprile del 2022, si è verificata fuori dall‘Ecs Dogana. Ancora una volta, tra i protagonisti c’è Seby Miano, oggi 30enne e già condannato definitivamente per i colpi di pistola in via Dusmet. Dall’altra parte, nelle vesti delle vittime, ci sono gli storici gestori del locale, che nel corso degli anni hanno più volte lamentato criticità nella gestione della sicurezza da parte dei vigilantes assunti, senza però riuscire a porre rimedio alle falle. Un servizio su cui, peraltro, quasi un decennio fa avevano provato a mettere le mani direttamente le cosche con tanto di confronto tra Santapaola e Cappello. “Non è la polizia che ti risolve tutti questi problemi, i problemi possiamo risolverteli solo noi e sai come”. È il 2 aprile 2022, quando Giuseppe Patanè, all’epoca 25enne, si rivolge così a uno dei proprietari del Levante. Questi ultimi sono costretti, per l’ennesima volta, a scappare in ufficio e barricarsi dentro, mentre decine di giovani fanno ingresso nel locale senza pagare il biglietto. Un comportamento tutt’altro che insolito. Nell’ordinanza, che ha disposto il carcere anche per Patanè, sono ricostruiti numerosi episodi in cui gruppi di ragazzi hanno superato l’ingresso, buttando giù transenne e porte, per poi pretendere di bere gratuitamente o pagare bottiglie di champagne a prezzo di discount. “È inutile che qui dentro c’è la polizia, tanto noi gli ridiamo in faccia. Se volete sistemare la cosa, sapete come dovete sistemarla”, avrebbe detto Patanè, stando a una delle denunce fatte dai gestori.
L’estorsione
Per i magistrati della procura di Catania, gli episodi violenti all’interno dei locali sarebbero serviti non solo a dare una manifestazione del potere criminale, ma anche a preparare il terreno all’imposizione di un’estorsione. “Il venerdì successivo hanno forzato l’ingresso circa seicento persone dirette da Giuseppe Ardizzone, Giuseppe Patanè, Pietro Gagliano e Seby Miano – ha raccontato uno dei gestori – Sono entrati e hanno minacciato i barman per ottenere consumazioni e bottiglie gratis, e la stessa sera abbiamo avuto circa ottanta furti di borse, giubbotti e telefoni cellulari, tra cui anche quella della dj ospite internazionale della serata”. Quello di creare disordini per poi imporre il pizzo è uno schema consolidato negli ambienti mafiosi. A febbraio del 2022, Ardizzone e Miano, per il tramite del responsabile della sicurezza del locale, avevano fatto arrivare una proposta ai gestori: pagare cento euro ciascuno per ogni evento organizzato, in cambio del proprio impegno a tenere a bada gli avventori più scalmanati. Il costo del servizio, che il titolare del locale ha assicurato agli investigatori di non avere accettato, qualche tempo dopo sarebbe anche raddoppiato: duecento euro ciascuno per ogni serata organizzata. Considerato il ritmo di quattro eventi settimanali, avrebbe significato dover pagare quasi 6500 euro al mese.
I dubbi del gestore
Per quanto riguarda il Levante, nell’inchiesta viene inquadrato un periodo di circa sei mesi, che va da fine 2021 alla primavera 2022. I gruppi criminali avrebbero agito anche nella fase in cui a limitare il numero di presenze nei locali pubblici erano le normative anti-Covid. Nell’ordinanza sono diversi gli episodi in cui le minacce verbali sono state accompagnate da aggressioni fisiche: schiaffi, pugni, colpi di stampella.
A dicembre 2021, gli investigatori intercettano una conversazione tra due dei gestori: ipotizzano una possibile connivenza tra gli addetti alla sicurezza e il gruppo facinoroso. “Quelli brutti entravano con il bacio tutti quanti”, dice uno dei titolari del Levante. Si tratta di un sospetto che nel corso degli anni ha accompagnato gli imprenditori. Nel 2016 – i fatti sono ricostruiti nelle carte dell’inchiesta Zeta – un socio (oggi non lo è più) dell’Ecs Dogana, ascoltato dagli investigatori, raccontò che la sicurezza del locale era affidata a un uomo che avrebbe operato per conto di Massimiliano Salvo, noto boss del clan Cappello. A questi si era poi aggiunto, per potenziare la qualità del servizio, anche un soggetto referente della famiglia Zuccaro, appartenente ai Santapaola. “Ho saputo che alla riunione erano presenti Massimo Salvo Massimo e Rosario Zuccaro. Al termine è stata decisa la divisione a metà della gestione della sicurezza”, rivelò candidamente l’allora socio della discoteca. Il responsabile della sicurezza che nel 2016 operava per conto del clan Cappello è lo stesso che nel 2022 – il dato lo si ricava confrontando le due ordinanze – avrebbe consigliato ai gestori del Levante di accettare la proposta di Seby Miano e Giuseppe Ardizzone. “Secondo il suo pensiero, quelle due persone avrebbero facilitato il lavoro di tutto la sicurezza”, ha spiegato il titolare del locale agli investigatori.
(CREDIT FOTO: Dominik Mecko su Unsplash)
Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI

