Stefano Miccichè, primario di Patologia clinica all’Ospedale Villa Sofia di Palermo. “I tempi si sono accorciati con effetti posiviti sull’inizio del trattamento”
PALERMO – Malattie autoimmuni: un campo di ricerca e terapia che interessa da sempre la scienza medica, caratterizzato da un’eterogeneità di sintomi, dalle cause ancora non del tutto chiare, che necessitano di diagnosi tempestive al fine di avviare un’adeguata terapia mirata al benessere del paziente e della sua famiglia.
In che modo la medicina oggi può aiutare nel riconoscimento precoce e nel trattamento di queste patologie?
Ne abbiamo parlato con Stefano Miccichè, primario di Patologia Clinica presso l’Azienda Ospedaliera Villa Sofia Cervello di Palermo, da oltre venti anni alla conduzione di realtà ospedaliere palermitane all’avanguardia nel settore.
“Oggi la scienza ha compiuto passi enormi – apre Miccichè – Preliminarmente mi preme dire che il primo approccio alla futura diagnosi è sempre clinico, poiché è il medico ad avanzare i primi sospetti di malattia, come una sindrome da malassorbimento nel bambino, che può portare alla celiachia. La diagnosi è la catena terminale di questa intuizione e i suoi tempi oggi si sono notevolmente accorciati, con ripercussioni positive sull’inizio del trattamento, grazie ad apparecchiature sofisticate e a costi ridotti.
Come è stato possibile intervenire sulla tempistica delle diagnosi?
“Oggi è possibile effettuare in breve tempo molteplici indagini cliniche, come esami ormonali e della glicemia, con un solo prelievo di sangue, senza complessi e lenti esami manuali, a fronte di un aggiornamento medio stimato delle macchine di cinque anni.
Non dimentichiamo poi l’affiancamento dei laboratori dedicati all’analisi genetica delle malattie autoimmuni e alla possibilità per il paziente di usufruire di strutture dedicate sia alla diagnosi che alla cura. Nel nostro Ospedale, per esempio, per alcune patologie, come l’angioedema ereditario, il paziente oggi beneficia anche di trattamenti specifici abbinati alla diagnosi, come l’infusione farmacologica”.
La malattia autoimmune, quindi, come problema che investe la qualità di vita del singolo, ma anche dell’intera famiglia, a partire proprio dalla fase diagnostica.
“La celiachia può avere componenti ereditarie, per cui sarebbe opportuno sottoporre i parenti di primo grado a un test specifico, anche se asintomatici. Il ruolo della famiglia è cruciale anche dopo la diagnosi: la celiachia è una patologia che influenza l’intera vita familiare, per cui il genitore è costretto a cucinare i cibi a parte per il figlio, anche se oggi il commercio si è adeguato ed esistono supermercati o pizzerie per celiaci ben assortiti. Infine è da ricordare il continuo avanzamento nella ricerca, che studia farmaci sperimentali sempre più in grado di offrire una protezione dall’esposizione a quantità anche minime di glutine presenti negli alimenti, a causa di contaminazioni occorse durante il processo di lavorazione degli stessi”.