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Manovra varata per “sfinimento”: Schifani esulta, le opposizioni…pure

Manovra varata per “sfinimento”: Schifani esulta, le opposizioni…pure
Ars in piena notte a fine lavori sulla manovra

La finanziaria ha rivelato, come più o meno ogni anno, il lato più crudo della politica: il racconto nei dettagli della maratona in Ars

Finisce per sfinimento la manovra finanziaria 2026-2028. Allo scoccare della mezzanotte, quindi alla scadenza dei 45 giorni che la legge consente all’Ars per approvare la legge di stabilità dal suo recepimento, i deputati non erano ancora rientrati in Aula dall’ennesima sospensione per l’ennesima conferenza dei capigruppo. A mezzanotte e tre, a lavori in apparenza pronti a ripartire, Gaetano Galvagno scende giù dal banco della Presidenza per discutere con il Cinque stelle Adriano Varrica che stava discutendo con l’assessore Alessandro Dagnino. Si forma di nuovo un capannello.

La lunga notte dell’Ars

Dettagli della lunga maratona della legge di bilancio, ma non di contorno. Piuttosto l’istantanea di Sala d’Ercole alle prese con il disegno di legge più importante dell’anno. L’ultima sospensione prima della mezzanotte, di teorici cinque minuti, era giunta anche per ravvisati dubbi da parte dell’opposizione che qualche manina aveva ampliato, senza preventivo accordo in riscrittura, qualche milione di euro in più su un emendamento. Il capogruppo dei pentastellati, Antonio De Luca, aveva “minacciato” interventi ad ogni dubbio sul contenuto degli emendamenti all’esame. Il presidente Galvagno lo richiamava al rispetto delle decisioni assunte nel corso della conferenza. Nel frattempo, la seduta d’Aula numero 220 ha già superato le 36 ore consecutive e non è ancora conclusa.

Spade sguainate sulle tabelle

Le tabelle, con dentro capitoli su capitoli di spesa, hanno messo nuovamente in posizione di chiusura parte dell’Aula. L’assessore ai Trasporti ed infrastrutture Alessandro Aricò ha infine affermato di aver rivisto il capitolo incriminato da alcuni deputati e che il governo ha deciso di ridurne l’importo. Milioni di euro in più agli assessorati ha poi riaperto il dibattito a Sala d’Ercole, da subito con un non stringato intervento del Cinque stelle Luigi Sunseri. Il Controcorrente Ismaele La Vardera definisce le risorse inserite nella tabella, su cui si sono nuovamente arenati i lavori, un “maxi emendamento tabellare”. Tabelle infine votate a capitoli per parti separate. Uno stillicidio fino all’ultimo capitolo.

Sala d’Ercole meno affollata

Non è soltanto la manovra ad uscire con le ossa rotte, ma anche gli equilibri di maggioranza. La mancanza di un accordo nella coalizione di governo non ha consentito una approvazione in scioltezza della manovra, e l’opposizione è riuscita a destabilizzare il precario equilibrio imposto dalla Presidenza dell’Ars con reiterate obiezioni ed interruzioni. Pochi minuti all’una di notte, la votazione dei capitoli inseriti nelle tabelle era una sequenza di voti che dava appena il tempo di leggere quale capitolo si stava votando. Nel frattempo, a richiesta di votazione palese, tra favorevoli e contrari si contavano ormai meno di cinquanta voti. Non tutti i deputati hanno retto fisicamente la estenuante maratona.

I tre ddl di gennaio: precedenza agli Enti locali

A gennaio ci saranno subito tre disegni di legge sul tavolo, quando martedì 13, dopo la pausa natalizia, Sala d’Ercole riprenderà i lavori. Due sono gli stralci della finanziaria, con ordinamentali e microsettoriali in un testo e tutto il resto nell’altro. Altro ddl che Galvagno ha definito “omnibus” dando con questa definizione la connotazione di ciò che in qualche modo, alla fine, era “caduto” dentro il disegno di legge di stabilità. Il terzo ddl all’esame dell’Aula avrà però precedenza assoluta. Si tratta del disegno di legge sugli enti locali, rimasto fuori da una riforma che già ormai oltre un anno addietro era stata smembrata e che come stralcio aveva atteso il proprio turno a Sala d’Ercole per tutto il 2025.

Le riforme promesse

Il ddl Enti locali è stato seguito e curato in seno alla prima commissione, la Affari istituzionali presieduta dal democristiano Ignazio Abbate. Al gruppo Dc dell’Ars, che dalla manovra appena approvata ha visto tagliare ingenti capitoli, si deve adesso la certezza delle riforme cui proprio Abbate aveva fatto chiaro riferimento nel corso del dibattito sulla mozione di sfiducia al presidente della Regione. Ma non sarà l’unico accordo da onorare a gennaio, quando gli animi si saranno calmati ed il dialogo in maggioranza – auspica il presidente dell’Ars – sarà più disteso. Al momento la Lega del vicepresidente, assessore all’Agricoltura e con delega per i rapporti con il Parlamento Luca Sammartino pare avere ripreso quota portando a casa alcune linee di finanziamento diretto a comparti ed indiretto come fondi nella disponibilità dell’Assessorato.

Successo o sconfitta, la lettura bipolare della manovra

Su come si è conclusa la manovra finanziaria c’é la prevista – da questo giornale – bipolare interpretazione. Da una parte soddisfazione per quanto è stato approvato e dall’altra soddisfazione per quanto è stato impedito di approvare all’ampia ma frammentata maggioranza. “Esprimo grande soddisfazione per l’approvazione della legge di Stabilità e del Bilancio 2026-2028 da parte dell’Assemblea regionale siciliana”, dice Renato Schifani che vede il bicchiere mezzo pieno con l’approvazione che, comunque, scampa il rischio di esercizio provvisorio per la Regione Siciliana. Sul “disastro politico e morale”, su “Aula ridotta a un mercato” e sulla “maggioranza allo sbando” si concentra invece l’attenzione del capogruppo dei Cinque stelle all’Ars Antonio De Luca, mentre il capogruppo del Partito Democratico Michele Catanzaro parla di “maggioranza schizofrenica”.

Il bicchiere mezzo pieno

Per il terzo anno consecutivo la Regione approva nei termini gli strumenti finanziari fondamentali, evitando l’esercizio provvisorio e garantendo certezze a cittadini, imprese ed enti locali”. Così il presidente della Regione commentando l’approvazione della manovra al netto di ciò che era stato aggiunto e poi stralciato. “Quest’anno – prosegue Schifani – il traguardo è stato raggiunto persino prima della manovra nazionale, segno di un deciso cambio di passo nella gestione delle finanze regionali”. L’attenzione del presidente della Regione è chiaramente rivolta a quanto era stato deliberato in giunta ed approvato dall’Ars, e non a quanto era stato prodotto in Ars e stralciato da Sala d’Ercole: “La manovra si fonda su capisaldi chiari e concreti: sostegno alle imprese, creazione e stabilizzazione del lavoro, rafforzamento delle politiche sociali e sanitarie, attenzione alle emergenze che colpiscono il territorio e i settori produttivi. È una legge di stabilità che guarda allo sviluppo, alla coesione sociale e alla tutela delle fasce più fragili, senza rinunciare al rigore e alla programmazione”.

Il bicchiere mezzo vuoto

Il presidente della Regione ha comunque ottenuto l’approvazione entro i termini di una manovra che conteneva un pacchetto di norme investimento volte a rilanciare il tessuto produttivo siciliano, dagli incentivi alle assunzioni e quelli per il lavoro agile fino alla cosiddetta Super Zes. Ma il risultato complessivo della gestione del ddl da parte della maggioranza non è parso immagine di compattezza e condivisione di programmi ed intenti a chi dall’opposizione è riuscito a mettere in difficoltà il disegno di legge e la Presidenza dell’Ars fino all’ultimo istante (alle 01:18 di questa notte). “L’andamento dell’esame della finanziaria rispecchia lo stato confusionale di una maggioranza che ormai arranca senza ossigeno, è sempre più lacerata e tenta di scaricare su altri le proprie tensioni interne”. Cosi Michele Catanzaro, del Partito Democratico. “Ancora una volta il gruppo Pd e le forze di opposizione – prosegue il capogruppo dem – hanno tenuto la barra dritta con senso di responsabilità, impedendo che fossero mantenute norme che nulla avevano a che fare con la finanziaria e proponendo misure concrete che in parte sono state inserite nella manovra”.

Da 28 a 134 e poi ridotti a 56

Nel corso dei lavori in Commissione Bilancio, la manovra di 28 articoli era lievitata fino al raddoppio. Ma è stato sul finire dei lavori di commissione che si è un po’ perso il controllo del volume di norme che stavano finendo nel testo. “È stata una manovra nata male e cresciuta peggio – ha detto il capogruppo dei Cinqie stelle Antonio De Luca – con un testo che doveva contenere 28 articoli e che è arrivato in Aula con 134 norme, senza alcuna visione, senza una selezione programmatica, frutto solo di desiderata individuali e scambi finalizzati a tenere insieme una maggioranza ormai in frantumi. Di questi 134 articoli, grazie alla nostra azione, ne sono saltati ben 78, un risultato politico di grande rilievo. Noi non ci siamo piegati su nulla e per nulla, perché non è stato nostro interesse portare avanti emendamenti territoriali ma solo temi di interesse e dall’alto valore sociale per tutti i siciliani”.

Fortunatamente era tardi

Nel corso della seduta, in ultima sessione dei lavori di Sala d’Ercole, in un momento di residua energia per sdrammatizzare l’andazzo, uno scambio di battute tra il presidente Galvagno ed alcuni deputati verteva sul “meno male che a quest’ora non ci starà seguendo nessuno”. Il riferimento è alla diretta streaming dall’Aula, ma per quanto stava avvenendo. “Abbiamo assistito a scene di una volgarità inaccettabile, con attacchi feroci, risse e deputati accalcati attorno agli assessori come in un supermercato, nel tentativo di portare a casa qualcosa e non di lavorare per gli interessi collettivi”, dice Antonio De Luca sostenendo che “è stato uno dei momenti più bassi della storia dell’Ars”. Secondo il capogruppo del Movimento “quest’Aula ha perso autorevolezza e non rappresenta più l’interesse generale, ma solo gli interessi di pochi” e “la vera questione morale non è solo quella giudiziaria, ma è anche quella che riguarda la qualità pessima del processo legislativo, il disprezzo delle regole, la voracità incontrollata dei deputati”. La conclusione per il capogruppo di opposizione è che “così si alimenta ogni giorno la sfiducia verso il governo, che si è ormai delegittimato con i propri comportamenti. Questa manovra è stata la vera sfiducia a Schifani”.

I meriti di Galvagno, il rilancio di Schifani

“Ringrazio innanzitutto il presidente dell’Assemblea regionale Galvagno per la conduzione dell’Aula, il presidente della Commissione Bilancio Daidone e l’assessore Dagnino per il lavoro svolto. Un ringraziamento anche ai deputati di maggioranza per avere condiviso e approvato le norme presentate dal governo”. Così il presidente della Regione Renato Schifani all’esito di quello che rischiava di mutare in una nuova devastante Caporetto per la maggioranza e che infine è stato un compromesso politico difficile ma efficace maturato nella Torre Pisana, dove c’é l’ufficio di Presidenza dell’Ars. “Questa manovra – conclude il presidente della Regione – rappresenta una base solida per costruire il futuro della Sicilia, nel segno di una crescita duratura e sostenibile. L’anno prossimo, dopo la parifica dei rendiconti da parte della Corte dei Conti, potremo utilizzare anche i due miliardi di avanzo con cui abbiamo chiuso l’esercizio precedente per investire ulteriormente per fare crescere la nostra regione”.

Ottimismo in giunta Schifani

“La legge di Stabilità attua la visione di politica economica del governo Schifani e contiene importanti misure che contribuiranno a migliorare la vita dei siciliani”, dice l’assessore all’Economia Alessandro Dagnino. “È una legge che guarda al futuro, costruita con il presidente Schifani per accompagnare i processi di sviluppo in atto. Allo stesso tempo – prosegue Dagnino – affronta in maniera strutturata alcuni importanti temi come la decontribuzione per le imprese che assumono, l’istituzione della Super Zes siciliana, le misure per richiamare lavoratori sull’Isola, quelle per il rientro dei residenti all’estero, lo sconto sulla tassa automobilistica per i grandi proprietari di auto, le nuove stabilizzazioni e l’incremento delle ore per gli ex precari stabilizzati”.

Risultati e rammarico a vario titolo

“Abbiamo ottenuto lo stanziamento di 10,55 milioni di euro per consentire l’aumento delle ore lavorative degli ex Pip”, afferma il vice capogruppo del Pd all’Ars Mario Giambona riferendosi all’aumento del monte ore da 20 a 25, “per gli ex Pip, da poco stabilizzati e a oggi impiegati mediamente per 20 ore settimanali con retribuzioni comprese tra gli 800 e i 900 euro mensili”. Soddisfazione condivisa dal deputato questore della Lega all’Ars Vincenzo Figuccia: “La misura è resa possibile grazie a uno stanziamento aggiuntivo di oltre 11 milioni di euro annui, che si sommano ai 40 milioni di euro già previsti, garantendo così la copertura finanziaria dell’intervento”. Risultato con festeggiamenti ridotti per la deputata di maggioranza Marianna Caronia, esponente di Noi Moderati all’Ars: “Quella per gli ex Pip è una vittoria attesa, voluta e conquistata. La norma della Finanziaria che porta il loro orario a 25 ore settimanali rappresenta un risultato storico per Palermo e per centinaia di lavoratori che da anni attendono giustizia. Purtroppo, resta il forte rammarico per la mancata introduzione in questo provvedimento anche dei lavoratori ex Keller, che il governo all’ultimo momento ha tolto dalla manovra”.

Il risultato su Siciliacque condiviso dai deputati trapanesi

Dario Safina, deputato del Pd, e la collega Cristina Ciminnisi del M5S, sostenuti dai rispettivi gruppi parlamentari, hanno ingaggiato una battaglia in Aula su quello che hanno poi definito come “l’insano tentativo del Governo regionale che ha provato a scaricare sui comuni ex EAS delle province di Trapani e Messina, già in grave difficoltà nell’affrontare la crisi idrica, la questione del debito per le forniture idriche di Siciliacque”. I deputati di opposizione, di diversi gruppi parlamentari ma entrambi trapanesi, spiegano che “dietro la soluzione che è stata raccontata come tecnica c’era, in realtà, una scelta politica sbagliata nel metodo e pericolosa negli effetti: una scorciatoia contabile, priva di una base giuridica solida e destinata a produrre solo nuovi contenziosi e squilibri finanziari”.

Passa anche un po’ di antimafia

Due provvedimenti sono stati approvati nella legge finanziaria regionale per rilanciare le periferie sociali e i centri storici nell’edilizia di borgata di cui è primo firmatario il deputato Pd e presidente della commissione Antimafia, Antonello Cracolici. Il primo consente di attivare progetti di riqualificazione sociale per contrastare il degrado nelle città di Palermo, Catania e Messina, offrendo servizi essenziali ai cittadini che riguardano lo sport, le attività culturali e il tempo libero, in stretto coordinamento con le strutture scolastiche e i presidi sociali presenti. La misura avrà una copertura finanziaria di un milione di euro (rispetto ai 20 milioni iniziali richiesti) per l’anno 2026, ma è il primo passo per “intervenire sul degrado – ha detto Cracolici – e per consentire ai comuni di dotarsi di un ufficio speciale in grado di coordinare interventi che sono oggi distinti tra i vari assessorati, rendendo così più efficace l’azione di contrasto al disagio”. Il secondo provvedimento riguarda il recupero di edifici nei centri storici fornendo sostegno abitativo ai cittadini attraverso il rifinanziamento dell’articolo 33 della legge 6 del 2009. Con questa misura la Regione stanzia 5 milioni di euro per l’abbattimento degli interessi sui mutui stipulati dai cittadini che intendono ristrutturare edifici nei centri storici. “È l’antimafia del fare – dice Cracolici – che non si limita a denunciare i problemi, ma si occupa delle situazioni difficili cercando di dare una mano concreta ai cittadini”.

Tutti vincitori e tutti sconfitti

La finanziaria ha quindi rivelato, come più o meno ogni anno, il lato più crudo della politica. Scontri e accordi, caminetti e lunghe trattative, lavori estenuanti negli uffici amministrativi e lunghe maratone nelle aule, negli uffici dei gruppi parlamentari, negli assessorati. Telefoni che scoppiano sotto le continue consultazioni in tempo reale, dall’Aula, per ogni azione politica ed ogni decisione da prendere. In ballo ci sono risorse, influenze, consenso elettorale sul territorio, equilibri interni ai partiti e tra i partiti, infine anche le sorti dei siciliani. Talvolta davvero “infine”. Anche quest’anno la manovra finanziaria è stata approvata ed entro i termini, le misure del governo sono state varate, le opposizioni hanno partecipato ad un imprecisato numero di riscritture e quindi alla manovra, il Parlamento ha mostrato il proprio fianco debole ed in certi momenti anche il proprio volto non esattamente istituzionale. A gennaio però ci sarà la resa dei conti. L’opposizione cercherà di capitalizzare ogni passo falso della maggioranza, che da questo momento in poi cammina su un terreno piuttosto sdrucciolevole.

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