Alvano, "Necessaria una seria riforma dei tributi locali" - QdS

Alvano, “Necessaria una seria riforma dei tributi locali”

Giovanna Naccari

Alvano, “Necessaria una seria riforma dei tributi locali”

sabato 09 Novembre 2019

Forum con Mario Emanuele Alvano segretario generale Associazione nazionale Comuni italiani Sicilia
Situazione finanziaria dei Comuni in costante peggioramento

Sono trascorsi quasi due anni dal nostro ultimo Forum. Cosa è cambiato da allora a oggi per gli Enti locali della Sicilia?
“Sotto il profilo finanziario, la situazione è peggiorata. I Comuni in difficoltà sono in aumento e, oltre a quelli noti, ce ne sono altri che non hanno ancora dichiarato il dissesto, non hanno Piani di riequilibrio e forse non sono ancora considerati strutturalmente deficitari, però registrano un problema di liquidità che è la spia di una situazione più grave. Ci sono fattori contingenti: uno di questi è che la Legge di Bilancio 2019 ha autorizzato i Comuni a chiedere anticipazioni di Tesoreria nella misura di quattro dodicesimi e non più di cinque dodicesimi come in passato, a fronte di difficoltà note sulla riscossione di tributi che non danno margine di potere gestire servizi, pagare stipendi e altro. Se non si realizza una seria riforma del sistema di riscossione dei tributi in Sicilia, con particolare riferimento alla Tari, la situazione peggiorerà”.

Con una Legge nazionale si potrebbe inserire la Tari nella bolletta dell’energia elettrica come il canone Rai?
“Il tema è stato discusso nei precedenti Governi e se ne parla ancora. Tuttavia, il sistema come funziona adesso non va bene perché se un Comune non riscuote il 20% di Tari in un anno, ma in alcuni casi si tocca il 40%, deve inserire le risorse nel Fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde) e di conseguenza non può liberarle per i servizi al cittadino fino a quando non ha la certezza delle entrate. Come Anci abbiamo posto a livello nazionale il tema della riscossione della Tari, perché è necessario che il legislatore intervenga per una riforma radicale. Se la situazione resterà immutata, ci troveremo sempre più Comuni in dissesto finanziario. E ciò anche in conseguenza degli attuali criteri per il trasferimento che tengono conto prioritariamente della spesa storica e non delle dimensioni demografiche dell’Ente. Abbiamo posto il problema all’assessore regionale alle Autonomie locali Bernardette Grasso ed è stato realizzato un primo intervento, cioè l’aggiunta, accanto al criterio della spesa storica, del criterio legato alla popolazione, anche se occorre fare di più”.

Il dissesto finanziario dei Comuni è dovuto anche ai mancati trasferimenti regionali e statali, come ha segnalato l’Anci…
“Negli ultimi dieci anni si è assistito alla drastica riduzione dei fondi nazionali e regionali. In particolare, con riferimento a questi ultimi, si è passato dai 911 milioni di euro del 2009 ai circa 340 milioni del 2019, anche se ne arrivano netti circa 280. Sicuramente, dal punto di vista macroeconomico, il periodo di crisi del nostro Paese ha avuto conseguenze. Una parte significativa dei tagli sono avvenuti sugli Enti locali, in particolare sugli investimenti. Come segnalato da studi Ifel, il comparto più penalizzato è stato quello dei Comuni, anche rispetto al personale. La crisi ha avuto conseguenze anche sulle ex Province per le risorse trattenute dallo Stato in conto contributo per il risanamento della finanza pubblica. L’altro elemento è la Legge 42/2009 sul Federalismo fiscale, che di fatto è rimasta incompiuta, nel senso che tutto ciò che riguardava perequazione infrastrutturale, differenze sociali ed economiche del Paese è rimasto sulla carta. Però, nei fatti, il Federalismo fiscale si è realizzato lo stesso, togliendo i trasferimenti e imponendo all’ente di reggere i conti sulla base dei tributi da far pagare al cittadino”.

Attese risposte specifiche dalla Regione.
Come si può cambiare la situazione dei Comuni?
“Intanto bisognerebbe evitare che si spopolino e che il patrimonio immobiliare vada in malora. La questione demografica è stata affrontata anche nella recente Assemblea AnciSicilia. Se si creano le condizioni per favorire l’occupazione giovanile e per far restare le famiglie nelle abitazioni, è più facile per i Comuni riscuotere tributi, mentre risulta complicatissimo di fronte a un ridotto valore degli immobili. Lo sviluppo economico è importante, occorrono provvedimenti mirati, più investimenti, infrastrutture e una migliore organizzazione degli Enti locali”.

Dialogate con il Governo regionale?
“Ci sono stati due incontri tra i nostri organismi e la Giunta regionale. E il presidente Musumeci ha partecipato alla nostra Assemblea dell’8 ottobre. Si è fatto un passo avanti rispetto al passato, ma bisogna considerare che i problemi come i rifiuti, l’acqua, i trasferimenti di risorse hanno attraversato almeno tre governi diversi. Nell’Assemblea abbiamo discusso e approvato una mozione per un dialogo costruttivo e una collaborazione istituzionale sistematica. La mozione ha due allegati: un disegno di legge con una serie di norme che riguardano la governance, le modifiche alla normativa esistente per favorire i processi di aggregazione dei piccoli Comuni e realizzare economie di scala. La Regione potrebbe pensare a norme che incentivino la gestione associata da parte dei Comuni. Oggi 390 Comuni non sono nelle condizioni di svolgere tutte le funzioni loro affidate e particolarmente esposti sono quelli medio-grandi. Per esempio, il piano di Protezione civile si potrebbe chiedere su scala territoriale, non al singolo Comune di poche centinaia di abitanti che si trova accanto a un altro piccolo Ente che non ha spesso adeguate professionalità. L’altro allegato della mozione è la proposta a livello nazionale e riguarda una serie di norme di carattere finanziario, come la Tari in bolletta e una revisione di alcuni aspetti del sistema dell’armonizzazione contabile”.

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Compiuti passi molto importanti per il futuro delle ex Province

C’è la possibilità che questa realtà cambi a favore di associazioni di Comuni per una migliore gestione del territorio?
“La legge Delrio 2014 sulla riforma delle ex Province ha ripreso la gestione associata degli Enti già introdotta come obbligatoria da una norma con il governo Berlusconi per i Comuni fino a 5 mila abitanti o a 3mila per comunità montane. È di difficile attuazione perché in Sicilia non si applica e paradossalmente vige un divieto. La norma nazionale però ha prodotto risultati perché tanti Comuni si sono fusi con buoni risultati al Nord, anche sulla riscossione, ma è stato necessario un cambiamento culturale”.

Cosa ci può dire sulle ex Province regionali?
“Sulle ex Province si è fatto un passo importante. Da una situazione finanziaria disastrosa in cui versavano, adesso a eccezione del Libero Consorzio di Siracusa che affronta questioni complesse come le trattenute dello Stato per la finanza pubblica superiori alle entrate, tutti hanno il Bilancio. Liberi Consorzi e Città Metropolitane oggi sono passati a una situazione di quasi normalità. Noi non siamo per la soppressione di questi Enti, la loro cancellazione ha lasciato un vuoto soprattutto nei Comuni. Il tema è che bisogna dare alle ex Province funzioni precise ed effettive. Potrebbero occuparsi di formazione di personale, di pianificazione dei territori e sviluppo guardando al modello di gestione aggregata. Siamo a favore del rilancio delle ex Province, ci auguriamo che possano programmare e diventare punto di riferimento per la Regione e i Comuni”.

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