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Mario Trimarchi e i suoi “Dieci tipi di nero”

Mario Trimarchi e i suoi “Dieci tipi di nero”
Mario Trimarchi

Un ritratto del designer e architetto targa oro della Uid nel 2022

Mario Trimarchi è designer ed architetto e, crede nel progetto come strumento per poter diffondere meglio la poesia dentro il mondo delle cose, delle nostre cose, di tutti quegli elementi che, in qualche misura, ne costituiscono il nostro scenario vitale. E poi, quale elemento certamente descrittivo, preponderante, prepotente presente nel suo profilo identitario, è una caratteristica dominante ed inestinguibile: disegna giorno e notte! Specialmente la notte, rigorosamente su fogli di carta di cotone quale supporto d’elezione per poter far scivolare meglio la sua penna, per meglio poter sentire il suono della punta che scivola leggera su di esso, talvolta con ritmo asincopato ma continuo, inarrestabile, rigorosamente anch’essa fornita di inchiostro di colore Nero, comunissima, avvolto da uno scenario musicale che si ripete, sempre lo stesso, inesorabilmente, per volontà del suo autore.

Mario Trimarchi, un’inestirpabile passione per il disegno

Non è un caso che nel 2022 gli sia stata assegnata la Targa Oro dalla Uid, Unione italiana del disegno e, già nel 2019 aveva tenuto due mostre personali dei suoi poderosi ed insieme delicatissimi disegni, una dal titolo “Mario Trimarchi: un romantique radical” presso l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, ed un’altra dal titolo “La cerca de la frontera entre l’útil i l’inútil” presso il Design Hub di Barcellona. Ed è su questa scia di inestirpabile passione per il disegno, che diviene magnifica ed insostituibile ossessione per il nostro designer, che il regista Emilio Neri Tremolada decide di voler coinvolgere nella realizzazione di un prodotto filmico, un documentario, ove il designer potesse raccontarsi all’interno del proprio scenario d’esercizio, in una dimensione di grande, immenso, intimismo.

Il film, realizzato nel 2024 quasi in presa diretta, e presentato qualche giorno addietro nella città di Catania, in un incontro organizzato dall’Abadir Accademia di Design al cinema King, che ha poi visto impegnata la troupe in un intenso lavoro di montaggio, prende il nome di “Dieci tipi di nero”, ed è stato diretto, come dicevo, da Emilio Neri Tremolada, con l’intento di voler raccontare la incommensurabile passione del designer per il disegno a mano libera. Il film, in cui Trimarchi racconta come i suoi disegni in bianco e nero “servano a fissare per sempre la presenza delle cose e ad assicurarne la pacifica sopravvivenza”, ha vinto il Design Film Award del Milano Design Film Festival, nella sezione cortometraggi e, come ci informa il designer, continuerà ancora a presenziare in numerosi festival d’oltralpe.

Ho conosciuto Mario Trimarchi, come noi tutti inguaribili design victim dalle cronache dei giornali di settore e dalla presenza prepotente dei suoi prodotti in alcuni luoghi d’elezione per l’ostensione e la vendita dell’opera del design. Prodotti dalla consistente, profonda anima poetica che, rimanda continuamente ad una sorta di grado zero, una dimensione di scoperta primigenia di una natura silenziosa e però presente nei suoi profili vitali floreali, minerali, faunistici, carichi di una ritualità ed un malìa primordiale. Poi, ci siamo trovati, insieme ad una folta compagine, tra cui vi era anche il maestro Ugo La Pietra ed altri amici della Delegazione Siciliana di Adi, dentro la talk dell’evento denominato “Designland”, il cui titolo, come ben sapete, è nato da un mio articolo qualche decennio addietro e, divenuto ormai un appuntamento rituale irrinunciabile che si ripete ogni anno, ove vengono messe in visione le migliori opere dei diversi ambiti applicativi del design isolano, all’Adi Design Museum del Compasso d’Oro, durante la Milan Design Week 2022 e, siamo diventati amici.

Mario Trimarchi è allo stato uno dei designer più interessanti del panorama proprio della Cultura del Progetto non soltanto in ambito nazionale, ma internazionale. Egli è stato direttore del Master in Design alla Domus Academy dal 1990 al 1993, ha fatto parte dell’Olivetti Design Studio, progettando bancomat e personal computer. Nel 1999 ha fondato Fragile, studio di identità aziendale e branding design, progettando marchi e sistemi di comunicazione per Alessi, Banca Intesa, Cariparma, Coop Italia, Fiera Milano, Gebana, Olivetti, Poltrona Frau, Poste Italiane. Continua costantemente la sua ricerca scultorea sugli oggetti, realizzando le collezioni Oggetti Smarriti, Strawberry Fields Forever e Yuubi Brushes, autoprodotte con il marchio MT Artworks. Ed è stato docente di Corporate Identity alla Facoltà di Architettura dell’università di Genova, ed allo stato attuale insegna Brand Design alla Naba e Product Design all’Accademia Abadir.

Progetta con una certa continuità per Alessi, creando prodotti inaspettati, tra cui “Ossidiana”, una caffettiera che lo ha condotto all’assegnazione del prestigioso Premio del Compasso d’Oro ADI, poi del Red Dot Award, dell’International Design Award Silver ed infine al DfA-Quality Design for All. Mario Trimarchi esplora continuamente anche altri ambiti applicativi di ricerca, come quello della moda, dove ha recentemente disegnato una linea di tessuti stampati per una capsule collection di Ferragamo, interamente realizzati in Orange Fiber, il pregiato tessuto ricavato dagli scarti della lavorazione delle arance, opera del brand omonimo creato dalla designer siciliana Enrica Arena.

I suoi disegni, così come i suoi prodotti, sembrano giungere da una profonda dimensione ancestrale, quale eredità di un patrimonio segnico fatto di fisionomie semplici, talvolta instabili e caotiche come le frequenze d’esercizio proprie della nostra contemporaneità, per darsi come elementi in grado di poter assurgere, tramite la loro carica di un potenziale che è caratteristico di determinati oggetti utilizzati nei rituali, quali elementi d’uso di prossimità.

Il Maestro-sciamano Mario Trimarchi attraverso l’arte dell’osservazione dell’elemento naturale e del disegno, riesce a poter entrare in contatto diretto con un invisibile Mondo di Mezzo, per così dire, popolato da asini, ibiscus e lentischi e pietre che, non sempre, vengono mutuati poi in elementi d’uso e di piacere, cui viene data un’attribuzione di valore. Attribuzione, quest’ultima, incastonata nell’opera di progetto e che passa per una moltitudine di dati, alcuni impercettibili ed immateriali, come quel soffio spirituale di cui spesso inesorabilmente ci accorgiamo, ma non sappiamo determinarne con precisione le connotazioni fisionomiche, ma innegabilmente passa per la direttrice che sostiene un lavoro ben fatto, un lavoro che rechi una bellezza scritta nella verità e nella semplicità dei suoi procedimenti generativi, peraltro ai nostri giorni sondabili attraverso gli strumenti forniti dalle tecnologie in uso proprie dell’era digitale.

Ma, egli da buon nativo siciliano, dichiara di non esercitarlo a titolo personale, ma quale sviluppo di una lettura interpretativa del presente attraverso il filtro del cuore di un Dio. Disegnando giorno e notte. Sempre.