Il matematico statunitense Martin Davis, uno dei padri e dei più autorevoli esponenti della teoria della computabilità, è morto all’età di 94 anni a Berkeley, in California. La notizia della scomparsa, avvenuta il giorno di Capodanno, è stata annunciata dal giornale del campus dell’Università della California: a Berkeley ha insegnato dal 1996 come visiting professor dopo il pensionamento dalla New York University, di cui era professore emerito. Il suo decesso è stato seguito dopo poche ore dalla morte della moglie Virginia, con cui era sposato da 71 anni.
Davis era noto soprattutto per il suo lavoro sul decimo problema di Hilbert, posto dal matematico David Hilbert nel 1900. Il lavoro di Davis, insieme ai contributi di Julia Robinson e Hilary Putnam, permise al matematico Yuri Matiyasevich, che in seguito divenne suo amico, di risolvere il problema nel 1970. Davis è stato anche un campione della teoria della computabilità. Il suo libro “Computability and Unsolvability”, pubblicato nel 1958, è stato un classico per gli studenti di informatica.
Davis tra gli artefici della nascita dei primi computer
Davis è stato coinvolto in modo unico nel mondo accademico della logica, oltre che in quello pratico dei primi computer. Nato a New York l’8 marzo 1928, si laureò al New York City College e conseguì il dottorato di ricerca all’Università di Princeton, dove conobbe i matematici Emil Post e Alan Turing. Inoltre, Davis sviluppò un modello della macchina di post-Turing per ancorare il lavoro di entrambi i matematici.
Di Martin Davis in italiano è stato pubblicato il libro di alta divulgazione “Il calcolatore universale. Da Leibniz a Turing” (Adelphi, 2002): nel ricostruire la genesi dell’idea di “calcolo o computazione” l’autore, un pioniere della moderna informatica, prende le mosse da Leibniz e compone una galleria di personaggi chiave che comprende Boole, Frege, Cantor, Hilbert, Gödel e culmina in Turing. Pur pagando un doveroso tributo a Kurt Gödel, Davis pone, in maniera stimolante, la macchina universale di Turing alla base dei fenomeni di indecidibilità. Dopo la scoperta di Turing, il “sogno di Leibniz”, l’invenzione di un calcolo simbolico, una sorta di algebra del pensiero, si materializza non più in calcolatori in carne e ossa, ma in valvole e fili e poi in rame e silicio.
“Ha segnato un’epoca”
Davis scelse di ritirarsi a Berkeley perché riteneva che fosse diventata il centro della logica simbolica, secondo l’amico e informatico Alvy Smith. Inoltre, era attivo nel dipartimento di logica e metodologia della scienza del campus ed era noto per i suoi colloqui brillanti.
“Sceglieva sempre argomenti molto interessanti, spesso collegando la sua vita con la scienza e la matematica che aveva fatto”, ha detto Thomas Scanlon, professore di matematica dell’Università di Berkeley. “Ha aperto una finestra su un’epoca che tutti noi, molto più giovani, non abbiamo vissuto, come il periodo in cui ha lavorato a Princeton sui primi computer”.

