Esclusivo Bassetti, "Covid vicino all'endemia, ora superare il Green pass" - QdS

Esclusivo Bassetti, “Covid vicino all’endemia, ora superare il Green pass”

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Esclusivo Bassetti, “Covid vicino all’endemia, ora superare il Green pass”

Sonia Sabatino  |
venerdì 25 Febbraio 2022

Qds ha approfondito i temi legati all'evoluzione del Covid con l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di “Malattie Infettive” del Policlinico “San Martino” di Genova

Stop al sistema di zone a colori e termine dello stato di emergenza dal 31 marzo. Lo ha annunciato il premier Mario Draghi, con l’obiettivo di riaprire tutto, in linea con gli altri Paesi europei che hanno avuto un andamento positivo della campagna vaccinale. Qds ha approfondito l’argomento con l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di “Malattie Infettive” del Policlinico “San Martino” di Genova.

Termina lo stato di emergenza e diremo finalmente addio alle zone colorate, lei è favorevole con la nuova politica di apertura del governo nazionale?

«Sono assolutamente favorevole, perché la situazione epidemiologica oggi è mutata rispetto a quella che avevamo anche soltanto un mese fa. Non si può parlare di emergenza con 800/850 persone ricoverate in terapia intensiva in tutta Italia. Mi pare che la situazione oggi sia profondamente diversa, rispetto a quando l’emergenza è stata prorogata, lo è grazie alle vaccinazioni da una parte e alle nuove terapie dall’altra. È evidente che di fronte ad un cambio di questo tipo ci vuole una capacità di reazione da parte dello Stato italiano, se non siamo più in emergenza non ha più senso mantenere lo stato di emergenza».

Contestualmente cesserà l’obbligo delle mascherine all’aperto….

«L’obbligo delle mascherine all’aperto non l’ho mai condiviso, perché secondo me è stata una misura inutile, più cosmetica che efficace. Ciò è diventato evidente con quello che è successo dopo aver introdotto l’obbligo di portare le mascherine all’aperto, ovvero che i contagi anziché limitarsi si sono moltiplicati di fronte ad una variante veloce come Omicron. Per cui è giusto secondo me insistere su provvedimenti che abbiano un senso e siano utili, ma spingere sui provvedimenti che lasciano il tempo che trovano mi sembra meno utile».

Cadrà anche l’obbligo per i minori di indossare la mascherina a scuola. Secondo lei dovrebbero continuare ad usarla?

«Tra i ragazzi che frequentano le scuole medie o i licei c’è ben oltre il 90% di copertura vaccinale. Abbiamo il 60% della popolazione di bambini tra i 5 e li 11 anni protetta, tra vaccini e contagi. Pertanto credo sia ragionevole pensare che nelle scuole si possano togliere le mascherine, anche perché noi stiamo portando avanti dei provvedimenti che sono prettamente cosmetici, sanno tutti che i ragazzi mettono la mascherina a scuola, ma la levano quando aspettano di entrare o quando escono da scuola, quando vanno ai giardinetti, in palestra, a mangiar la pizza, quindi che senso ha? La mascherina deve diventare uno strumento che ognuno può utilizzare quando lo ritiene necessario, ma non deve essere un obbligo».

In Italia dal 1 marzo non sarà più necessario fare il tampone per i turisti che vengono dall’estero, è d’accordo? 

«Ritengo sia corretto e spero valga anche tra le regioni italiane, mettiamo fine ai tamponi che sono una cosa inutile e vanno lasciati soltanto ai sintomatici».

Secondo lei cosa ne dovremmo fare del Green Pass?

«Progressivamente andrà alleggerito. Dal primo aprile si potrebbe iniziare a toglierlo in alcune situazioni come per prendere il caffè, andare al ristorante all’aperto oppure ritirare la pensione, perché in queste situazione ritengo sia insignificante. Poi man mano si toglierà per le altre attività, magari si potrà lasciare in alcune situazioni particolarmente a rischio, come nel caso di un soggetto che deve andare a trovare un paziente in ospedale, oppure quando si organizzano eventi con un numero di persone importante, in cui non si può mantenere alcun tipo di distanziamento.

Se noi calcoliamo che abbiamo il 90/91% di protezione vaccinale, più i guariti, è chiaro che il problema della vaccinazione resta per chi non è vaccinato. Se non vogliono farlo ad un certo punto sono problemi loro, perché adesso con il Sistema Sanitario Nazionale possiamo permetterci un milione di over 50 non vaccinati, nel senso che saremo in grado di gestirli anche se molti di loro ad ottobre si ammaleranno. Credo che a questo punto chi non si è vaccinato non lo farà anche se manteniamo il Green Pass a vita, siccome obiettivo era quello di far vaccinare la gente, credo si possa ormai superare». IL COVID VICINO A DIVENTARE ENDEMICO, ECCO COSA NE PENSA IL PROFESSOR BASSETTI. CONTINUA LA LETTURA

Covid vicino a diventare endemico

Possiamo già dire che il Sars-Cov-2 sia diventato endemico? E quanto ha inciso la vaccinazione in questo processo?

«Certamente il virus è vicino all’endemia, ciò significa che il virus circola molto e che colpisce molte persone, ma grazie alla protezione della vaccinazione l’infezione naturale non è in grado di creare i danni di due anni fa, cioè se noi avessimo avuto questi numeri di circolazione virale senza i vaccini, noi avremmo avuto anche fino a 500.000 morti solo nel nostro Paese. È incredibile non riuscire a vedere quello che è stato l’effetto delle vaccinazioni, soprattutto su varianti come Delta e Omicron, molto più contagiose del virus originale. Se noi il 24 febbraio del 2020 avessimo avuto un virus così contagioso, avremmo avuto un milione di morti, perché avrebbe colpito una grossa quantità di gente, in un momento in cui non eravamo protetti e non avevamo ancora nessuna arma per combattere il Coronavirus, non sapevamo come fare».

Se invece in questo momento fossimo fuori dalla pandemia, come giudicherebbe l’azione del governo nel contrastarla?

«Penso ci siano state luci ed ombre. Nella prima fase, cioè quella del governo Conte, ci sono state più ombre che luci, nel senso che ci sono state molte decisioni criticabili che a mio parere: dalla chiusura delle scuole a oltranza, ad alcune misure profondamente liberticide, più nella direzione del controllo della popolazione, che del controllo del virus. Mentre poi con il governo Draghi si è cambiata direzione e ci sono state più luci che ombre, anche perché alla fine della pandemia ha deciso Draghi.

In un momento come questo ci vuole decisionismo accompagnato da rapidità e dinamicità nelle decisioni. Con questo non vuol dire che siamo fuori dal Covid, ma non si può pensare di aspettare a giugno, se noi ci rendiamo conto che possiamo alleggerire. Poi tra sei mesi, se ci rendiamo conto che le cose non vanno bene, torneremo a introdurre alcune misure».

Esattamente come stanno facendo gli altri Paesi europei…

«Non c’è settore più della medicina e della scienza in cui è più importante avere interscambi culturali, scientifici e condividere strategie. Se la Svizzera, la Slovenia, la Francia, la Spagna, il Portogallo e tutti i Paesi del nord Europa come l’Inghilterra hanno preso delle decisioni di alleggerimento non si possono fare passare come cretini e noi come i più bravi, bisogna chiedersi perché l’hanno fatto. Quando dicono che si tratta di una decisione politica e che gli scienziati sono tutti contrari, non è vero. Non è una decisione politica, ma una decisione che segue l’andamento del virus, dobbiamo uscire dalla logica che la gestione del virus sia fatta unicamente di divieti, ad una gestione in cui ormai la maggioranza della popolazione è stata istruita su come fare per difendersi, infatti, lo Stato in questi due anni, anche con alcuni obblighi, ci ha insegnato ad usare la mascherina, a distanziarci, a lavarci le mani, a vaccinarci. Per queste cose non c’è più bisogno della legge, ormai la gente ha imparato. Io sono convinto che se domani togliessero l’obbligo di usare la cintura di sicurezza in auto, il 95% degli italiani in macchina continuerebbe a metterla perché ha capito che la cintura ti salva la vita. Anche oggi credo che la maggioranza degli italiani abbia capito come ci si difenda dal virus, senza bisogno di imposizioni».

Discutibili i bollettini dei decessi in alcune regioni

Ultimamente ha criticato le modalità con cui si continuano a diramare i bollettini dei decessi in alcune regione come la Sicilia, perché le contesta?

«Nei bollettini i decessi si mettono dentro dopo venti giorni quelli che sono morti un mese prima, secondo è profondamente sbagliato. Io sono un nemico del bollettino giornaliero così pensato, perché se oggi non mi danno i decessi di ieri ma quelli di una settimana fa, si tratta di un bollettino farlocco, infatti, non mi dà la fotografia del giorno prima ma quella di dieci giorni prima. Davanti ad un fatto delicato come quello dei decessi, che colpisce le coscienze di tutti, credo sia fondamentale dire quando le persone siano morte. Se il bollettino è giornaliero deve essere giornaliero, altrimenti lo chiamiamo in un altro modo. Inoltre, anche il bollettino dei morti dovrebbe prevedere secondo me delle differenziazioni importanti, dare il numero dei morti in questo modo non ha senso. Sarebbe come se nel caso dei morti sulla strada, ad esempio, ci metti dentro quello che è morto investito, quello che ha fatto l’incidente e quello che gli è venuto un infarto mentre guidava. È chiaro che non possono essere categorizzati tutti come morti sulla strada, devono essere categorizzati in modo diverso».

Sonia Sabatino

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