Emerge una nuova verità sui colloqui con il procuratore Paolo Guido dopo l'arresto.
Ha detto di non essersi mai pentito ma dai colloqui successivi all’arresto emergerebbe che il boss Matteo Messina Denaro non escludeva la possibilità di “parlare” ai magistrati. “Mai dire mai”, diceva in una delle conversazioni con il procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido che lo invitava a raccontare i segreti di Cosa nostra per ricostruire quell’era stragista di cui il boss di Castelvetrano è stato indiscutibilmente protagonista.
Messina Denaro, malato da tempo, è morto senza rivelare nulla dei misteri sulle stragi e sugli omicidi di mafia. Tanti segreti li ha portati con sé nella tomba, ma da alcune dichiarazioni rese dopo l’arresto sembra che l’ultimo Padrino non escludesse la possibilità di collaborare.
Messina Denaro sul parlare ai magistrati: “Mai dire mai”
A Guido il boss avrebbe detto: “Non sono interessato, poi nella vita mai dire mai, intendiamoci. Io non sono stato mai un assolutista nel senso che non è che perché dico una cosa sarà sempre quella. Nella mia vita ho cambiato tante volte idea”.
Nei colloqui resi noti nelle scorse ore il pm Guido invitava Messina Denaro a parlare “per ricostruire pezzetti di verità“, ma non a pentirsi. “Sono alla fine della mia vita, ma il punto è io non sono il tipo di persona che rovina altri”, avrebbe risposto – in sintesi – il boss.
“Nessun traditore”
Nei colloqui successivi all’arresto, Messina Denaro avrebbe detto anche di non essere stato tradito. “Mi avete preso per il male sennò non mi prendevate. Con la mente ho ricostruito tutto come è stato il discorso, so che non c’è stato nessun traditore“.
Capaci e l’attentato a Falcone
“Ma ci sono cose, però, che, per esempio, nessuno è mai arrivato, perché a me mi sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del maxi processo. Se poi voi siete contenti di ciò, bene venga, sono fatti vostri, ma la base di partenza non è questa…”. Insinuava verità ancora da scoprire sulla strage di Capaci il boss Matteo Messina Denaro, in un altro passaggio del verbale. “Quello che sto dicendo è verità… ognuno poi, nella vita… tutti questi, chiamiamoli pentiti, che hanno detto… hanno detto, sì, qualche pezzo di verità, gli hanno fatto fare dei processi, va bene; ma ognuno ha portato acqua al suo mulino poi. Poi, se per portare acqua al suo mulino, dicono cose anche che possono coincidere con quello che cercate voi o con quello che interessa a voi, ben venga, giusto?”, continua. “Voi siete contentati che il giudice Falcone sia stato ucciso, perché ha fatto dare 11 ergastoli? Perché di 11/12 ergastoli si trattava, nel maxi processo, credo, ma credo che questi siano…”, insiste insinuando.
Mai pentito
Anche nel libro “La Cattura“, che svela i retroscena dell’arresto e i primi contatti del boss malato con le istituzioni, si fa cenno alla strategia comunicativa di Messina Denaro. Lucido fino all’ultimo, non si è mai dichiarato colpevole per le stragi, non ha mai svelato segreti compromettenti né si è pentito. Dai dialoghi pubblicati nelle scorse ore, però, emerge la tendenza ad alternare i momenti di chiusura totale verso il sistema della giustizia che lo aveva “incastrato” dopo oltre 30 anni di latitanza a piccole aperture che, però, purtroppo non hanno portato a tutti i risultati sperati dopo l’arresto.
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