Il sindaco De Luca ha annunciato una nuova versione del documento, con una massa debitoria sensibilmente ridotta. Il primo cittadino: “Spiegherò ogni cosa alla Corte dei Conti”
MESSINA – I conti del Comune, il dissesto e la sesta versione del Piano di riequilibrio. Le ultime settimane da sindaco di Cateno De Luca sono scandite da quei numeri che lo hanno impegnato fin dall’inizio del suo mandato, quelli della massa debitoria che la città si porta dietro da tempo e certificati dal febbraio 2013, quando ci fu il primo tentativo di Riequilibrio.
Durante l’Amministrazione di Renato Accorinti ci furono tre versioni di Prfp, nel 2014, 2015 e 2016. Nel 2018 arrivò il Salva-Messina di De Luca, presentato come la migliore soluzione possibile per scongiurare il disastro economico della città. Ma in questa storia infinita di cifre fluttuanti il sindaco, a sorpresa, in una diretta social ha tirato fuori l’ennesima versione del Riequilibrio, concordata con il direttore generale Federico Basile, con una sorprendente diminuzione della massa debitoria che passa da 552 a 145 milioni di euro.
La delibera è stata approvata dalla Giunta e già trasmessa al Collegio dei Revisori dei conti e alla presidenza del Consiglio. “Un aggiornamento – ha precisato De Luca – in continuità con il Salva-Messina, un atto reso possibile da una norma discussa in sede Anci a novembre e inserita nella Legge finanziaria dello Stato”. Quest’ultima prevede che i Comuni in fase di procedura di approvazione di Piano di riequilibrio, con istruttoria incompleta, possano richiedere di rimodularlo entro trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento.
Il tutto dovrà adesso passare al vaglio dell’Aula, che dovrà approvare entro il 28 febbraio. “In caso contrario saranno loro (i consiglieri, ndr) a portare la città al dissesto” ha detto De Luca in questo clima sempre più teso con il Consiglio con cui ormai lo scontro è aperto e che il primo cittadino indica come motivo principale delle sue dimissioni.
Questo nuovo passaggio potrebbe rendere superata l’audizione alla Corte dei Conti di martedì sulla vecchia versione del Piano. Ma De Luca ha regolarmente inviato le controdeduzioni (130 pagine con circa 2.500 allegati) ai rilievi che la Magistratura contabile ha fatto e con una lettera ha comunicato che intende partecipare regolarmente all’incontro in videoconferenza, per spiegare il percorso seguito in questi tre anni per il risanamento finanziario del Comune, compresa la diversa impostazione seguita nell’aggiornamento.
Come si è passati da 552 milioni di debiti a 145?
De Luca, che manterrà le sue finzioni di sindaco fino al 14 febbraio – al netto di ulteriori ripensamenti – ha parlato di strategia, di avere volontariamente sovrastimato il Piano iniziale inserendo dati che potevano essere tenuti fuori e di aver lavorato contemporaneamente a quello “reale”. “Su un totale di 17 mila 500 transazioni con i creditori abbiamo fatto – ha evidenziato – 12 mila 800 accordi, 3 mila 700 sono andati in prescrizione e abbiamo risparmiato 220 milioni”.
C’è poi la questione delle partecipate, i cui debiti erano stati inseriti nel Piano per un ammontare di 132 milioni. E il fondo rischi, “calcolato in modo eccessivamente prudenziale”, per circa 60 milioni.
“Una massa passiva – ha spiegato De Luca – che non era obbligatorio inserire nel Piano ma che è servita per apparire come un Ente vicino al dissesto e per ‘spaventare’ i creditori, spingendoli ad accontentarsi del 50%. In pochi hanno voluto il loro credito per intero, ma lo avranno rateizzato in tredici anni”.
Una strategia per De Luca legittima, che allontanerebbe definitivamente dalla città l’incubo del dissesto, ma che la maggioranza dei consiglieri comunali ha definito scorretta. Qualcuno ha parlato anche di cifre “gonfiate”, preannunciando esposti alla Procura della Repubblica.
“Spiegherò ogni cosa alla Corte dei Conti – ha detto il primo cittadino – e sarò io ad autodenunciarmi. Ma nel Salva-Messina non ci sono dati falsi”.
Intanto, a difesa del Piano del 2018 sono intervenuti anche la vice sindaco e assessore al Bilancio Carlotta Previti e l’assessore al contenzioso Dafne Musolino. “Il Piano – hanno affermato – era veritiero al 100%, perché per la prima volta includeva per intero anche i debiti delle società partecipate, quelle stesse società i cui debiti era stati ricompresi, solo in parte, nelle versioni precedenti delle Rimodulazione perché non avevano neppure i bilanci approvati e dunque neanche si riusciva a capire il preciso e reale stato del loro indebitamento”.