Mineo, l’anti-Montalbano di Palermo e un inutile superpotere - QdS

Mineo, l’anti-Montalbano di Palermo e un inutile superpotere

Valeria Arena

Mineo, l’anti-Montalbano di Palermo e un inutile superpotere

venerdì 16 Ottobre 2020

Alla scoperta del personaggio letterario (e non solo) creato da Francesco Bozzi nel suo primo romanzo, “L’Assassino scrive 800A”. Un giallo strano, dissacrante, sopra le righe, ma soprattutto estremamente divertente.

PALERMO – È dalla scomparsa di Andrea Camilleri, e dalla conseguente morte letteraria del suo personaggio più popolare e iconico, che ci chiediamo da chi e come verrà colmato il vuoto lasciato dal Commissario Montalbano.

La risposta, in maniera un po’ goffa e assolutamente inconsapevole, esattamente come il suo Commissario Mineo, è arrivata da Francesco Bozzi, storico autore di Fiorello e siciliano doc, nel suo primo romanzo, “L’Assassino scrive 800A”, un giallo strano, dissacrante, sopra le righe, ma soprattutto estremamente divertente.

Saverio Mineo è stato definito da molti l’anti Montalbano: è pigro, indolente, senza particolari qualità – se non per un super udito, che è però totalmente inutile per la risoluzione delle indagini – o interessi, a eccezione di un’unica grande passione, la lettura della Gazzetta dello sport.

“È un giallo diverso – spiega Bozzi al Quotidiano di Sicilia – con un personaggio diverso dagli altri, molto strano. Forse per questo la gente si affeziona e si immedesima in lui. Nessuno vuole essere Mineo, così come nessuno vuole essere Fantozzi, tutti vorranno essere Montalbano, ma sappiamo bene che tutti noi abbiamo una piccola parte di Mineo o di Fantozzi dentro. Come il dottor Frankeinstein, ho creato in laboratorio il mio piccolo mostro, a cui ho appioppato tutte le mie fisime, tutte le mie psicosi e molte di quelle dei miei amici”.

“Molti lo hanno definito l’anti Montalbano – continua Bozzi – e in effetti un po’ lo è, ma non è una cosa a cui ho pensato, a dire la verità. Essere accostato a Camilleri mi onora e per me è motivo di orgoglio, ma ci sono molte differenze tra il mio romanzo e i suoi racconti. Innanzitutto, la mia Sicilia è reale e molto meno edulcorata di quella di Camilleri e Montalbano. Mi sono limitato a descrivere esattamente quello che vedevo: l’immondizia, le code, il vigile urbano che non lavora e gira i bar… Insomma, è un po’ neorealista. E poi non c’è il siciliano e la mia Sicilia è quella occidentale, casa mia, quella del Palermitano, tra Cinisi e Terrasini. È vero che il mio personaggio, rispetto a Montalbano, è un anti eroe, non ha questo fuoco dentro che lo guida, non è spinto dalla volontà di dover necessariamente consegnare il criminale alla giustizia. Non gliene frega nulla, è un vincitore di concorso e l’importante per lui è leggere la Gazzetta, quindi qualunque cosa si contrapponga tra lui ed essa viene vista come una seccatura, pure i crimini. Viene letteralmente trascinato, controvogia, sulla scena del delitto”.

Sorridere del paradossale, di ciò che generalmente non dovrebbe strappare una risata, come l’assenteismo o un commissario inetto. D’altra parte, tutti gli scrittori siciliani prima o poi devono fare i conti con un passato ingombrante. Se ci limitiamo ai gialli, poi, oltre a Camilleri, Bozzi non può ignorare un certo Sciascia: “È la nostra terra. è così, è piena di contraddizioni, è uno spaccato di realtà. I nostri paesi, soprattutto quelli siciliani, offrono spunti che fanno ridere. La mia comicità, che poi è quella che mi ha insegnato Rosario Fiorello, è qui, è ridere del quotidiano, dell’ovvio. I monologhi che abbiamo scritto insieme partivano da cose accadute davvero”.

Presto Saverio Mineo, esattamente come Montalbano, avrà un volto e diventerà una serie televisiva. Lo stesso romanzo di Bozzi è nato come un progetto televisivo e solo successivamente è diventato un libro. “Questa è nata come idea per la tv. Eravamo io, mio fratello, vice questore di Polizia, ha corretto i libri di Camilleri dal punto di vista criminologico e della scientifica, e ha collaborato con Lucarelli, Cesare Inzerillo, scultore di fama mondiale, lo scenografo di Ciprì e Maresco, e Valerio Buscetta, un mio amico musicista. Parlavamo di questa idea, di questo commissario che ha un super potere, un super udito, quindi mentre si trova sulla scena del crimine, in mezzo a impronte, luminol e altro, capisce che c’è lo scaldabagno rotto, abbandona la scena del crimine e si mette a riparare lo scaldabagno. E da lì siamo partiti. La nostra idea era quella di fare il giallo più corto del mondo, un giallo di cinque minuti per la tv, quindi ho iniziato a scrivere, poi però mi sono reso conto che in cinque minuti non usciva fuori il personaggio. Allora ho iniziato a scrivere una storia più lunga. L’ho fatta leggere a Rosario, che mi ha consigliato di pubblicarla o di metterla in pratica. Ci ho preso la mano, e dopo tante traversie, perché il mondo dell’editoria è complicato e complesso, forse pure peggio di quello della televisione, è arrivata alla Solferino e le è piaciuto. L’unico problema è che era una sceneggiatura, quindi ho dovuto imparare a scrivere narrativa. Lavorando per la tv o per il teatro, quello che scrivo la gente lo vede, mentre in questo caso dovevo essere quanto più preciso possibile e ho imparato un nuovo mestiere”.

Anti Montalbano fino in fondo, Mineo continuerà a intrattenerci con i suoi casi. Bozzi, infatti, è alle prese con nuovi racconti: “Per me è una serie, non un romanzo singolo. Sto scrivendo il sequel con gli altri episodi. Ne dico uno, giusto per far capire il mio livello di follia: si chiamerà Mineo contro il Vampiro. Poi siccome sono malato di anagrammi e giochi di parole e appena vedo una parola la scompongo, camminavo per Terrasini e ho letto la parola Turandot e mi sono reso conto che è l’anagramma di ruttando. E così ho deciso di far partire un caso proprio da questa mia battuta”.

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