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Monica Contrafatto, bronzo a Tokyo 2020 si racconta al QdS

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Monica Contrafatto, bronzo a Tokyo 2020 si racconta al QdS

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martedì 28 Settembre 2021

Monica Contrafatto, a quarant'anni alla sua seconda paralimpiade agguanta un bronzo a Tokyo2020 nei 100m categoria t63, si racconta in esclusiva a Qds.it

Sotto il cielo di Tokyo, Monica Contrafatto è stata protagonista dei 100m  categoria t63. Con la conquista della medaglia di bronzo, insieme alla medaglia d’oro Ambra Sabatini e alla medaglia d’argento Martina Caironi ha colorato di verde bianco e rosso il podio, consacrandosi una delle velociste più forti al mondo.

Arrivata alla sua seconda
Paralimpiade a quarant’anni, la storia di Monica Contrafatto è l’emblema della
forza di volontà e della voglia di rialzarsi riuscendo a trasformare un evento
tragico e drammatico in un nuovo inizio.

Nel marzo 2012, Monica
Contrafatto ha 31 anni ed è primo caporal maggiore dell’esercito, 1° Reggimento
Bersaglieri. Si trova in Afghanistan, sua seconda missione all’estero, e rimane
vittima di un attacco. Le schegge la colpiscono all’altezza della femorale,
all’addome, a una mano. La gamba destra verrà amputata, un tratto
dell’intestino asportato, la mano ricostruita utilizzando un osso della gamba.

Tra terapie e
riabilitazione, arriva la folgorazione della corsa. Mentre fa zapping, si
imbatte nelle gare delle Paralimpiadi e da quel momento nasce il desiderio in
lei di parteciparvi e di vincere una medaglia.

Quattro anni dopo, a Rio de Janeiro, nel 2016, Monica non solo sbarca con gli altri atleti paralimpici, superando selezioni durissime, ma si aggiudica il terzo posto nei 100 metri.

Cinque anni dopo è ancora
podio e diventa con le altre due atlete una “Charlie’s Angels”, regalando una
delle immagini simbolo dei Giochi Paralimpici di Tokyo 2020.

I Giochi Paralimpici
hanno decretato che sono italiane le tre donne più veloci al mondo. A distanza
di tempo, quali sono le sue consapevolezze?

È stato un film da quando
ho avuto l’attentato a oggi. È di una bellezza infinita occupare i tre gradini
del podio, essere tra le tre italiane più forti del mondo. È come l’inizio di
un nuovo film. Tutti ci hanno detto che abbiamo fatto la storia, speriamo di
continuare a farla.

Qual è il rapporto tra
voi?

Non dico che siamo amiche
perchè viviamo in tre città diverse, però quando siamo insieme stiamo insieme.
Ho un rapporto particolare con Ambra (nda Sabatini) anche perchè è la più
piccola. Lei ha diciannove anni, io quaranta: potrebbe essere mia figlia.

Ambra è una bravissima
ragazza, non che Martina non lo sia ma è già formata caratterialmente. Stiamo
bene durante i raduni, ma non c’è un rapporto. Invece con Ambra mi sento
spesso. È la piccolina del gruppo: per me è come fosse mia figlia.

Ha riconfermato la
medaglia di bronzo di cinque anni fa di Rio2016, migliorando il tempo. Come ci
si prepara per riuscire a riconfermare una medaglia alle Paralimpiadi, impresa
per nulla scontata?

Quest’anno abbiamo
lavorato tantissimo. Venivo da un infortunio del 2019. La pandemia mi ha pure aiutata
a recuperare. Se le Paralimpiadi fossero state nel 2020 avrei fatto fatica,
perchè ho avuto la frattura al metatarso.

Speravo di fare meglio in
finale, ma sarà stata l’ansia, la pioggia, il campo bagnato, sono partita male
ma poi ho avuto un grande recupero. Avrei potuto migliorare il tempo della
semifinale e magari arrivare all’argento, invece ho avuto lo stesso tempo. Va
benissimo così e non era scontato perchè c’era dietro l’avversaria che mi aveva
battuta ai Mondiali. È stata un’impresa straordinaria. Abbiamo realizzato il
nostro grande sogno di essere tutte e tre sul podio e di colorare di verde
bianco e rosso il cielo di Tokyo e di rendere fiere di noi tutta l’Italia anche
perchè io sono siciliana, Ambra è di Grosseto e Martina è del nord. Così
abbiamo fatto felice tutta l’Italia.

Ha accennato alla
pandemia: che ruolo ha giocato nella preparazione fisica e mentale?

Come dicevo, avendo avuto
l’infortunio, mi ha aiutata a recuperare a livello fisico. A livello
psicologico no, perchè io vengo da un attentato quindi ho delle paure in più.
Con la pandemia, sono diventata ipocondriaca e ho avuto paura ad avvicinarmi
alle persone che per me erano tutte portatrici di Covid. Facevo fatica ad
andare sul campo di atletica quando c’era gente. Adesso va meglio.

La sua storia sa di
miracolo e di rinascita: dove ha trovato la forza?

In ognuna di noi c’è una
forza che si chiama forza di volontà. Io pensavo di non averla, ma ce l’abbiamo
tutti. A volte bisogna trovarla in qualcosa o in qualcuno. Io l’ho trovata
nell’atletica. Ero in ospedale quando vidi per la prima volta correre quella
che sarebbe stata la mia gara. Da lì mi sono innamorata dell’atletica che è
diventata la mia forza di volontà e la mia luce in fondo al tunnel.

È stato difficile
accettare il suo corpo con la novità della protesi?

Io faccio quello che
facevo prima e pure di più. Non è stata una grave perdita. Per me non è mai
stato un problema aver perso una gamba anche perchè ne ho cinque in più. Ho due
gambe da cammino, due da corsa…

Considerando la sua
storia, per lei vincere e perdere hanno sostanza diversa?

Dico sempre che quando si
cade, bisogna rialzarsi. La vera vittoria è rialzarsi. Tutti riusciamo a fare
imprese straordinarie se ci lavoriamo sopra.

Ha dedicato la medaglia all’Afghanistan.
Lei è tra i pochissimi che davvero ha vissuto quella realtà. Secondo lei cosa
ha davvero bisogno l’Afghanistan oggi?

Io non sono un politico e
quindi non so dire di cosa ha bisogno. Ho vissuto quel paese e per quanto possa
essere antico, si vivono sapori che noi abbiamo scordato come quello del
sentimento. Noi ci soffermiamo tanto sulle cose materiali e dimentichiamo che
la vita è fatta di cuore e di mente. Non solo di oggetti. Mi dispiace
tantissimo per quello che stanno vivendo perchè di quel posto mi sono
innamorata la prima volta che sono andata.

Tante volte loro ci hanno
aiutato e non meritano di vivere questo momento. Spero un giorno loro trovino
pace e riescano a vivere la loro vita con la loro cultura senza cambiare nulla.

In occasione della
Paralimpiadi, si è parlato di voi atleti. Come si rapporta con l’attenzione dei
media?

I media sono molto
importanti per noi. Non tanto i giornali, ma di più la televisione perchè pochi
comprano i giornali, ma molti guardano la televisione. Sono contenta che
quest’anno abbiano fatto vedere molte delle nostre gare su Rai 2.

Il dispiacere che ho è
che pochi di noi atleti sono conosciuti perchè magari quelli conosciuti hanno
moltissimi sponsor e gli altri, anche se vincono moltissime medaglie com’è
accaduto nello sport, hanno poco o nulla.

Non capisco come funzioni
questo meccanismo. Negli altri paesi l’attenzione sul Paralimpiadi è diversa.
Spero che le cose cambino e che il monopolio degli sponsor e dei media sposti
la sua attenzione anche su altri atleti che hanno storie straordinarie e sono
forti altrettanto.

Io ho avuto sempre
difficoltà nel trovare sponsor così come molte altre colleghe. Anche dai
messaggi che ricevo, ho notato che quest’anno gli italiani hanno seguito di più
le Paralimpiadi. Forse con questi Giochi è iniziata la rivoluzione.

Hanno definito gli atleti
paralimpici supereroi. Le piace?

Mi piace perchè mi ci
sento (nda ride). Non per quello che faccio, ma perchè davvero ognuno di noi ha
una storia straordinaria. C’è chi si è fatto veramente male quando è caduto, ma
ha avuto la forza di rialzarsi e di essere incredibile. Molti di noi abbiamo
avuto grandi traumi e abbiamo fatto molto meglio dei normo.

Qualcuno ha detto: “gli
olimpici sono degli eroi, i paralimpici dei supereroi”. Per me va benissimo,
sono d’accordo perchè abbiamo avuto la forza di rialzarci dopo una grande
caduta. Non è questione dell’aver vinto una medaglia, ma perchè siamo persone
che si sono rimboccate le maniche e hanno raggiunto risultati straordinari.

Sono supereroi tutti
quelli che hanno la forza di rialzarsi dopo essere caduti.

Ha scritto “Non sai
quanto sei forte”, un libro sulla sua storia. Scrivere è una delle sue
passioni?

(Nda ride) Ricordo che
quando ho scritto il libro, ho finito pure l’inchiostro della penna. Io penso
di essermi riuscita a raccontarmi bene, per come sono fatta, anche perchè è un
libro leggero dove ridi e piangi.

Quali sono le sue
passioni?

Mi piace molto dormire…(nda
ride) no scherzo! Io ho un cane, un cocker nero che si chiama Raul. La mia
passione è lui. È come fosse mio figlio. Io amo i cani e casa mia sarebbe piena
di cani se potessi.

Lei è siciliana: c’è
qualcosa che le manca della Sicilia?

Io penso che i siciliani
siano le persone più dure di capoccia che esistano. Io, quando mi prefiggo una
cosa, la devo fare. Sono delle persone caratterialmente forti. Della mia terra
mi manca tutto. Essendo di Gela, la cosa brutta è che ci posso tornare
pochissimo perchè ho sempre bisogno di un campo di atletica che lì non c’è.
Visto che mi alleno sempre, non posso tornarci mai.

Mi manca tanto la
Sicilia, ma alla Sicilia mancano un po’ di cose che potrebbero allietare la mia
villeggiatura e formare tanti campioni perchè penso che in Sicilia ci stanno
molti campioni, ma mancano tante strutture per poterli far nascere.

Monica, quali sono i
progetti futuri?

A livello sportivo, spero
di arrivare a Parigi 2024, concludendo questa seconda vita con la carriera da
atleta paralimpica sul grandino più alto del podio. Lavorerò in questi anni per
questo. Se non ci arriverò, l’importante nella vita è mettercela tutta. Ho
cominciato con una cosa che mi piaceva tantissimo e vorrei finire con la
realizzazione del mio più grande sogno.

Vasco Rossi canta “Vivere
e cercare di star meglio”. Per lei cosa è vivere?

Vivere è godersi la vita,
facendo quello che ti piace e rispettando tutti senza combinare guai. E lasciare
perdere le cose negative perchè se ti ci si soffermi, le cose positive non
arriveranno mai.

Sandy Sciuto

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