Nessun risultato? Percorso sbagliato - QdS

Nessun risultato? Percorso sbagliato

Nessun risultato? Percorso sbagliato

martedì 25 Marzo 2025

Non basta lavorare, è il risultato lavoro che fa la differenza

La questione che vi sottoponiamo oggi riguarda un modo di pensare piuttosto diffuso che non è efficace. Tutti parlano di lavoro, ma nessuno parla di risultati, con la conseguenza che si valorizza ciò che si fa quando non produce niente.
Quanto precede non sembri fatto secondario perché nella vita di tutti/e quello che conta non è tanto ciò che si fa, quanto ciò che si produce. Sia chiaro, però, che non intendiamo limitare il termine alla questione economica o finanziaria, bensì estenderlo a tutti i settori.

Per esempio, si produce in famiglia l’educazione, il culto dei principi etici o il modo di pensare; si producono in tutte le religioni, monoteiste e politeiste, insegnamenti che fanno vedere fatti e circostanze precedenti e attuali e che insegnano come vivere; si produce nelle istituzioni, che hanno il compito di mettere in campo i servizi di ogni genere e tipo necessari alla Collettività, oltre che di realizzare eguaglianza fra i/le cittadini/e, anche mediante la distribuzione della ricchezza.

Chiarito il significato del termine produrre, cerchiamo di vedere qual è il metodo, ovvero il percorso per raggiungere i risultati.
La questione si riduce a una sola parola: organizzazione. La materia è stata inventata negli ospedali canadesi nel 1937; prima di quell’epoca non esisteva, per cui si procedeva a tentoni o in maniera intuitiva.
Perché cito questa branca dello scibile? Perché essa, essendo su base matematica, consente di rendere produttiva qualunque attività si faccia, non solo nel campo economico, ma anche in quello sociale, istituzionale e via elencando.

La questione è che pochi/e fanno riferimento a tale organizzazione, per cui il lavoro in senso lato, che spesso costa fatica e sudore, non ottiene i risultati sperati. E la questione diventa ancora più grave quando chi lavora non si pone obiettivi, con la conseguenza che non funziona in base a un metodo che gli permetta di raggiungerli. Cosicché accade spesso che gli obiettivi non vengono raggiunti e il proprio lavoro viene considerato inutile. Perché inutile? Perché lo sforzo che è stato compiuto non ha prodotto nulla che possa beneficiare qualcuno, o chi l’ha prodotto o altri.

Per esempio, nella Pubblica amministrazione, vi è l’obbligo per ogni ente di redigere il cosiddetto Piao (Piano integrato di attività e organizzazione), che condensa le regole in base alle quali un ente pubblico dovrebbe funzionare. Ma queste sono regole teoriche che non stabiliscono gli obiettivi da raggiungere, i quali sono demandati ai dirigenti, il che è come mettere una volpe a guardia di un pollaio, poiché i dirigenti che debbono raggiungere gli obiettivi sono portati a fissarli a un livello basso, in modo da non soffrire troppo.
Ovviamente la questione etica dovrebbe impedire un comportamento scorretto di tal fatta, ma si sa che spesso essa viene utilizzata solo quando conviene.

In tutti i campi ci dovrebbe essere il rapporto fra lavoro e obiettivo, ma un obiettivo serio, cioè raggiungibile, anche non facilmente, in modo da indurre chi intenda perseguirlo a metterci tutti gli sforzi necessari.
Questo non accade frequentemente, forse per indolenza, tanto poi il compenso arriva lo stesso.

Perché l’argomento odierno lo trattiamo nella collana Etica&Valori? Perché chi non si comporta secondo i principi etici non utilizza le proprie energie per adempiere al proprio dovere, il quale viene sempre prima del proprio diritto poiché bisogna rispettare gli altri più che se stessi/e.

Nel nostro Paese vi sono attività sociali, quelle del terzo settore, quelle caritatevoli, quelle nelle Ong e altre simili che sono onerose, svolte senza alcun compenso dai volontari col solo obiettivo di alleviare le pene altrui. In questo caso vanno encomiate tutte le persone che prestano il loro tempo e le loro energie per perseguire questi nobili obiettivi di servizio.

Tali attività, però, non devono far venire meno il dovere principale di ognuno, che è quello di capire a livello sistemico come funzionano le cose e di intervenire con ogni mezzo lecito per indicare ai propri rappresentanti istituzionali questioni che ignorano e non dovrebbero, al fine di spingerli ad affrontare i problemi di chi ha bisogno.

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