La consapevolezza di ciò che si vede non è data dagli stessi occhi, bensì dai circuiti neurologici
Si continua a parlare dei nostri occhi come organi che portano le immagini al nostro cervello. In effetti è così, ma la consapevolezza di ciò che si vede non è data dagli stessi occhi, bensì dai circuiti neurologici che sono all’interno del nostro organo.
Perché facciamo questa differenza, non certamente medica in quanto non è nostra competenza? Perché noi vediamo anche cose che non vediamo: scusate il bisticcio di parole. Infatti, come potremmo vedere le cose che non vediamo? Accade perché nel nostro cervello (ippocampo, corteccia cerebrale e sistema limbico) vi sono immagini memorizzate in precedenza, le quali ci danno la possibilità di raffigurare scenari, vicende e situazioni che i nostri occhi non vedono.
Perché vi descriviamo questa situazione? Per esaltare ulteriormente le nostre capacità elaborative, le quali affondano in un archivio immenso, quasi infinito, nel quale si trovano fatti, circostanze, esperienze vissute, discorsi sentiti, parole e immagini, anche sfiorate per pochi secondi.
Quanto scriviamo non sembri una questione di lana caprina, ma semplicemente un argomento che serve a portare a galla ciò che avviene nel nostro processo elaborativo.
Non sempre si riflette su questa struttura e sembra che tutto avvenga per caso, senza che noi ce ne accorgiamo: i fatti e le vicende si susseguono e vengono introiettare inconsapevolmente. Ed è proprio questo il punto: avere consapevolezza di ciò che avviene intorno a noi, in modo da creare una connessione con essa e, quindi, saperci regolare di conseguenza.
Non sempre ci comportiamo così, anzi, direi che più spesso agiamo in un modo che ci sembra sconosciuto e non tentiamo invece di prenderne atto per evitare di viaggiare su terreni viscidi.
Non è semplice comportarsi nel modo prima descritto, poiché richiede un grande sforzo, ma ogni Persona con la P maiuscola dovrebbe essere consapevole che tutto quello che ci è stato fornito ha una sua ragion d’essere e, proprio, per questo bisogna utilizzarlo nel modo adeguato, soprattutto consapevole.
Semplice a dirsi, difficile a farsi.
Spesso, inconsapevolmente, dagli studi, dai libri letti, dalle lezioni ricevute, memorizziamo la storia (più o meno lontana), che è basata su fatti e circostanze. Se questa memorizzazione non avviene nel modo più completo possibile, ci possiamo formare idee sbagliate e che non corrispondono alla verità.
E se poi agiamo di conseguenza a informazioni sbagliate, ecco che possiamo imboccare strade altrettanto sbagliate. Quindi è nostro interesse cercare sempre, nel momento della memorizzazione di qualunque fatto, di analizzarlo e introiettarlo solo dopo che si è ben capito.
Il processo che descriviamo non è da tutti perché spesso per pigrizia, indolenza, cattiva volontà o superficialità ogni persona diventa una sorta di recipiente dentro cui vanno in maniera disordinata e incontrollata fatti, eventi e circostanze. Invece, ognuno di noi dovrebbe analizzare tutto ciò che arriva alla nostra attenzione, capirne la sostanza e, quindi, metterla a confronto con ciò che è già nel nostro archivio.
La materia non è di facile comprensione e perciò facciamo il possibile per semplificarla. Ma non c’è dubbio che i processi di memorizzazione ed elaborazione debbano essere controllati e non possono essere assunti alla sans façon, perché se ci si regolasse in questa maniera si creerebbe il disordine nel nostro serbatoio mnemonico e, quindi, si creerebbe difficoltà nella successiva elaborazione.
Questa rapida riflessione la facciamo perché noi siamo persone, non solo corpi viventi. La persona deve comportarsi in maniera conseguente, cioè adoperare e adoperarlo bene quell’organo formidabile di cui siamo dotati. Notiamo che nella maggior parte dei casi le persone non sanno neanche di possederlo, il cervello, e meno che mai sanno di possedere quella che i filosofi hanno chiamato anima, spirito o volontà, cioé quell’entità immateriale che sta al di sopra della nostra testa e che guida le nostre azioni.
In ogni caso, è bene ricordarsi che solo quando si usa la testa nella sua completezza ognuno è padrone di sé stesso, oppure è capra.