ROMA – Sono 1,3 milioni in Italia le aziende guidate da donne (il 22,2% del totale delle imprese nel Paese), prima in classifica la provincia di Roma con quasi centomila. E il tasso di occupazione femminile nella Capitale ha raggiunto il 58,5%, valore più alto di sempre.
Il rapporto di Unioncamere sull’imprenditoria femminile
Questi alcuni dei dati contenuti nel rapporto realizzato da Unioncamere sull’universo femminile del fare impresa. “Fanno le imprenditrici per scelta e non per ripiego – si legge nel documento – sono più istruite, preferiscono lavorare con altre donne e sono attente al benessere dei propri collaboratori”. Ma le imprese di questo genere hanno anche dei limiti: sono meno produttive, più piccole di dimensione, e utilizzano molto il capitale familiare per l’avvio, cosa che limita la propensione a investire e innovare. Se però puntano sul capitale finanziario (utilizzando incentivi e credito bancario all’avvio), il loro livello di produttività cresce del 33% e raggiunge il 40% se a questo si aggiunge anche la formazione.
L’impatto del Piano nazionale per l’imprenditoria femminile
L’analisi è stata effettuata nell’ambito del Piano nazionale dell’Imprenditoria femminile, gestito da Invitalia in collaborazione con Unioncamere, per conto del ministero delle Imprese e del Made in Italy e finanziato dai fondi europei del Next Generation Eu.
Una leadership consapevole e motivata
Come sottolineato dal presidente di Unioncamere, Andrea Prete, quella femminile “è una imprenditoria matura, istruita, motivata, con una leadership consapevole quella espressa dalle donne in Italia. Una impresa diffusa, che alimenta anche le economie dei territori più fragili e soggetti a spopolamento, e quindi una risorsa preziosa che va accompagnata e seguita perché continui a rafforzarsi. Le imprenditrici sono anche molto attente alle opportunità offerte dagli incentivi del sistema pubblico ma, al tempo stesso, chiedono maggiore semplificazione nell’accesso agli stessi. In tal senso, continua ad essere fondamentale la presenza di strumenti e strutture di accompagnamento oltre che di fondi”.
Roma prima in Italia per numero di imprese femminili
Il report, come già accennato, evidenzia come quella di Roma sia la prima provincia italiana per numero di imprese femminili: quasi centomila (96.421) al 30 settembre 2025. E il tasso di occupazione femminile a Roma ha raggiunto il 58,5%, valore più alto di sempre. Tuttavia questi dati, se letti sotto una diversa prospettiva, rendono evidenti i divari ancora esistenti in numerosi ambiti e fanno apparire ancora lontano l’obiettivo di superare definitivamente le annose diseguaglianze in tema di parità di genere. In assoluto, infatti, il tasso di femminilizzazione delle imprese, a Roma come in Italia, è ancora troppo basso: in pratica, soltanto un’impresa su cinque è rosa.
Ostacoli e opportunità per le imprese femminili
La presenza delle donne in posizioni apicali è, poi, ancora limitata. Secondo Unioncamere occorre lavorare in primo luogo per migliorare un contesto burocratico, legale e fiscale che spesso ostacola l’attività d’impresa, anziché agevolarla. E, parallelamente, intervenire sulle problematiche che più condizionano la partecipazione delle donne alla vita economica del Paese tra cui la difficoltà di accesso al credito, in particolare per le piccole imprese.
Il milione e 300mila aziende guidate da donne presenti nel nostro Paese lo scorso anno (+0,4% rispetto al 2014), pari al 22,2% del totale delle imprese italiane, “si rivela una leva fondamentale per innalzare la partecipazione femminile al mercato del lavoro. Le donne rappresentano oltre la metà dei dipendenti all’interno delle imprese femminili (54% contro il 39% nelle imprese non femminili)”.
I livelli di istruzione e le motivazioni delle imprenditrici
Le imprenditrici, che presentano livelli di istruzione mediamente più alti rispetto ai colleghi uomini (25% delle imprenditrici laureate a fronte del 21% degli imprenditori) e che nell’85% dei casi provengono da un percorso lavorativo precedente, scelgono di mettersi in proprio come percorso di autorealizzazione (nel 37% dei casi) e non come una alternativa alla mancanza di lavoro dipendente (27%).
Le imprese femminili e l’attenzione al welfare aziendale
Questa motivazione genera imprese più orientate alla qualità e alla valorizzazione delle risorse umane. Cosa che emerge anche considerando l’attenzione riservata ai collaboratori: il 28% delle imprese femminili, infatti, adotta misure di conciliazione dei tempi di vita lavorativa e privata (contro il 22% delle non femminili), ma la presenza di una leadership laureata aumenta l’attenzione al welfare fino al 40%.
Dimensioni aziendali e accesso al credito
L’universo femminile dell’impresa italiana, però, è contraddistinto da dimensioni aziendali piuttosto piccole (il 96,2% ha meno di dieci addetti, sebbene le “taglie” superiori stiano aumentando) e sconta purtroppo un livello di produttività inferiore del 60% rispetto a quello delle imprese non femminili. Questo anche perché il 74% delle imprese femminili fa ricorso al capitale proprio o familiare per l’avvio d’impresa, fattore che, pur generando una maggiore stabilità iniziale, può frenare la propensione delle imprese a investire in modo strutturato.
Se però le capitane d’azienda decidono di far ricorso al credito bancario (strada praticata dal 37% delle imprese femminili, in misura analoga a quella delle imprese non femminili), in otto casi su dieci investono (contro il 70% delle imprese femminili che non hanno attivato finanziamenti bancari). Le imprenditrici, inoltre, sono molto propense a chiedere incentivi: il 27% li ha già utilizzati e il 19% ha intenzione di utilizzarli (quote pari al 23% e al 18% nel caso delle non femminili). Le misure più utilizzate? Aiuti regionali e credito d’imposta; il 15% ha utilizzato incentivi gestiti da Invitalia. Nonostante dimensioni mediamente più contenute, le imprese femminili mostrano una buona propensione a investire, soprattutto in beni tangibili (macchinari, attrezzature Ict) e ammodernamento organizzativo.

