I nuovi confini dell’occidente - QdS

I nuovi confini dell’occidente

I nuovi confini dell’occidente

Stefano Modena  |
venerdì 14 Luglio 2023

Il vertice Nato di Vilnius ha di fatto delineato i nuovi confini dell’Occidente

Il vertice Nato di Vilnius ha di fatto delineato i nuovi confini dell’Occidente che si consolideranno con la fine della guerra in Ucraina.

La Turchia ha dato il via libera all’ingresso della Svezia nella Nato di cui ormai, ad eccezione di Austria, Irlanda, Svizzera Moldavia e Serbia, fa parte tutta l’Europa. Il legame con Kiev è sempre più stretto e l’Ucraina è diventata un membro de facto della Nato. Anche non potendosi appellare all’articolo 5 del trattato, che prevede l’intervento degli alleati a difesa di un paese aggredito, in oltre 500 giorni di guerra ha ricevuto un enorme sostegno sia militare che economico. L’esercito di Zelensky, nel frattempo, è stato addestrato all’utilizzo delle armi occidentali e sta per iniziare la formazione di piloti sui velivoli F-16. Per quanto poco importante dal punto di vista pratico si tratta di un forte segnale politico che difficilmente ammette ripensamenti.

Sul terreno invece le cose vanno diversamente. La controffensiva appare difficile, i russi hanno avuto tempo per fortificare le loro difese e il fronte fatica a muoversi. La situazione di stallo ha separato l’Ucraina in due parti omogenee: una ucraina e pro-europea e una russofona e, forse, filorussa. Il presidente Biden sembra propenso a raggiungere un accordo con la Russia in tempi brevi per poter affrontare in tranquillità la campagna per le presidenziali del 2024, e questo non può che voler dire un congelamento delle posizioni attuali. Nel momento in cui questo risultato sarà raggiunto, magari con armistizio sullo stile di quello che da 70 anni divide le due Coree, l’Ucraina potrà entrare nella Nato.

Tatticamente la conquista del Donbass significherà una vittoria Russa, ma strategicamente sarà una sconfitta che confermerà la perdita di influenza sull’Ucraina, il posizionamento della Nato a 800 chilometri da Mosca, e una dipendenza sempre maggiore dalla Cina.
Non proprio il risultato che si aspettava Putin quando ha iniziato “l’operazione militare speciale”.

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