Nuovi guai ma stessi, cronici problemi per la Casa circondariale di Barcellona - QdS

Nuovi guai ma stessi, cronici problemi per la Casa circondariale di Barcellona

Lina Bruno

Nuovi guai ma stessi, cronici problemi per la Casa circondariale di Barcellona

sabato 08 Giugno 2019

Numero insufficiente di agenti in servizio, dubbi sulla sicurezza e interrogativi posti dall’Asp. Il recente incendio appiccato da due detenuti ha riportato molte questioni alla ribalta

BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME) – L’incendio appiccato una settimana fa nella Casa circondariale da due detenuti ha evidenziato ancora una volta tutte le criticità di una struttura su cui incombe ancora il peso del suo passato da Opg (Ospedale psichiatrico giudiziario).

I due ristretti, inseriti su disposizione del Provveditorato regionale nel Reparto 8, quello dell’Articolazione per la tutela della salute mentale, provenivano dal carcere di Catanzaro dove sembra avessero già creato non pochi problemi. Arrivati a Barcellona dopo alcuni contrasti con gli altri detenuti, sono stati messi in cella dove per protesta hanno dato fuoco ai materassi, provocando l’intossicazione di sette agenti e di un infermiere. Per accertare eventuali responsabilità la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta.

Restano le vulnerabilità messe in luce dall’accaduto, che riguardano il numero insufficiente di agenti in servizio, da tempo denunciato dal Cosp. ma anche le carenze di presidi per la sicurezza nei luoghi di lavoro, rilevati da un’ispezione dei giorni scorsi. Ci sono poi alcuni interrogativi che la stessa Asp si sta ponendo.

“Su che basi si è deciso di trasferire quei due detenuti in una struttura sanitaria?”. Se l’è chiesto Carmelo Crisicelli, primario del Servizio Assistenza sanitaria di base e referente della sanità penitenziaria dell’Asp. Uno dei due ristretti (spostati adesso a Lecce e a Reggio Emilia) è stato condannato all’ergastolo e dopo la sentenza ha minacciato la Corte cercando di sottrarre la pistola a un agente. “È stato ritenuto capace di intendere e di volere – ha detto Crisicelli – in caso contrario sarebbe andato in Rems. Dopo l’ergastolo diventa però malato psichiatrico e siccome da fastidio a Catanzaro viene mandato a Barcellona, tanto lì c’era un Opg e non importa se siamo a un numero insostenibile che a volte supera anche le ottanta presenze. In tutte le altre strutture carcerarie con Atsm, i posti sono quattro, come al Pagliarelli di Palermo, al massimo dieci. A Barcellona abbiamo l’etichetta dell’Articolazione per la tutela della salute mentale ma le logiche sono quelle manicomiali”.

Insomma, sembra quasi che all’interno della Casa circondariale permanga un piccolo Opg, dove il contenimento prevale sulla cura; eppure siamo in un reparto su cui dal 2016 ha competenza il Sistema sanitario regionale e dove l’Asp mette risorse per pagare venti infermieri, 109 ore di guardia infermieristica, quattro medici incaricati, 280 ore di psichiatria, una guardia medica di 27 ore al giorno, una psicologa e due tecnici della riabilitazione psichiatrica.

“Non c’è un linguaggio comune – ha sottolineato Crisicelli – c’è un decreto dell’Amministrazione penitenziaria che dice che l’Atsm di Barcellona vale cento posti calcolati in funzione dei metri quadri della struttura, ma dice anche ‘previo accordo con l’Asp competente’. Abbiamo predisposto un protocollo che il provveditore però ci ha bocciato. Chiedevamo che non si andasse oltre i 57, tra donne e uomini, di stabilire criteri di accettazione con un filtro effettuato da un’equipe interna di operatori. Se arriva un depresso non occupo un posto per lui perché può essere trattato in carcere. Questa intesa però toglierebbe all’Amministrazione penitenziaria la libertà di disporre dei trasferimenti. Scriviamo lettere e relazioni, ma non servono. Le Cta come le Rems hanno un massimo di venti posti ma ci sono dei riferimenti normativi regolamentati che stabiliscono criteri, risorse e requisiti strutturali. Non è così per le Atsm e a Barcellona, a parte il nome assegnato, l’ottavo resta un reparto carcerario, con ritmi e modalità che contrastano con le finalità riabilitative”.

“Se dovessi scremare – ha concluso Crisicelli – delle persone presenti solo il 50% forse dovrebbe stare lì. Ma Barcellona è lo scarico degli altri istituti. Capisco le gerarchie a cui rispondere, le esigenze, ma così non si fa un buon servizio e si danneggia chi ha veramente bisogno”.

In assessorato regionale si sta lavorando a un nuovo protocollo, ma intanto sono passati tre anni senza che succedesse nulla.

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