Pubblicato il rapporto di Legambiente sulle ecomafie: nel 2019 oltre 34 mila crimini (+ 6.500). I roghi sono cresciuti del 95,5%, colpiti oltre 50 mila ettari di patrimonio boschivo
ROMA – In Italia il numero dei reati perpetrati contro l’ambiente è in aumento e rimane cruciale, a danno di tutto il paese, il quadrilatero composto dalle regioni meridionali di Campania, Puglia Sicilia e Calabria in fatto di illegalità da ecomafie. Il responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente Enrico Fontana invita a tradurre il dato di crescita come frutto di un aumento dei controlli da parte delle forze dell’ordine. Tra i relatori della presentazione del Rapporto Ecofamie 2020 alcuni evidenziano anche la crescita delle denunce da parte dei cittadini, ma su quest’ultimo aspetto è emersa contestualmente un’opinione che va in contrasto con l’idea di maggiore attenzione degli italiani al benessere del territorio: la lotta al cambiamento climatico viene considerata tra le ultime necessità su cui lavorare sfruttando il Recovery Fund.
In Italia ogni ora vengono compiuti quattro reati contro l’ambiente, nel 2019 ne sono stati commessi 34.648 con un aumento di 6.500 unità. I cittadini denunciati sono stati quasi 30 mila e oltre 9 mila sono stati i sequestri con 288 arresti, 46 in più rispetto l’anno precedente. Nei settori che interessano i reati di ecomafie sono aumentati del 74 per cento i casi legati al cemento illegale, del 19 per cento quelli legati ai rifiuti, dell’11 per cento i reati contro gli animali e solo i reati contro il patrimonio culturale sono diminuiti del 9 per cento. Alcuni dati appaiono particolarmente sconvolgenti, come quelli legati agli incendi, cresciuti del 95,5 per cento lo scorso anno e andando a interessare quasi 53 mila ettari di patrimonio boschivo italiano (+261 per cento in dodici mesi). Tanti anche gli arresti nel settore rifiuti, aumentati del 112 per cento nel 2019, per un numero vicino ai 200 cittadini in carcere per questo illecito.
Stando ai dati raccolti da Legambiente, gli incendi hanno avvolto le montagne di Sicilia, Calabria, Campania e Abruzzo, ma il 50 per cento delle richieste d’intervento in Italia sono arrivate da solo due regioni, Sicilia e Calabria: nell’Isola in 365 giorni si sono susseguite quasi 300 richieste.
C’è ancora la Sicilia tra le quattro regioni definite “a tradizionale insediamento mafioso” in cui si concentrano il maggior numero di infrazioni sul territorio nazionale. L’Isola è terza per reati accertati con una percentuale del 9,4 per cento, anticipata da Puglia 10,4 per cento e Campania 16 per cento.
Il business potenziale prodotto dai reati ambientali si avvicina ai 20 miliardi di euro. Ad alimentare una grossa fetta di guadagno è la gestione illecita dei rifiuti speciali, compone il 26,3 per cento del profitto, mentre un altro 20 per cento scaturisce dall’abuso edilizio. Rifiuti e cemento illegali portano un introito di 11, 3 miliardi di euro alle mafie e non allo Stato.
Legambiente ha evidenziato una costante presenza delle mafie negli appalti delle opere pubbliche e riguardo ciò è all’interno della classifica nazionale dell’illegalità del ciclo del cemento che ritroviamo la Sicilia nel poco lusinghiero terzo posto per numero di reati accertati (7 per cento) nel 2019, seconda è la Puglia con quasi il 12 per cento e prima la Campania con oltre il 14 per cento.
Nella classifica per province in Italia, i territori siciliani coinvolti sono tre: al quattordicesimo posto Siracusa (239 casi), al sedicesimo Messina (204 casi) e al diciassettesimo Palermo (197 casi di reato).
L’applicazione della Legge 68 del 2015 sugli ecoreati, negli ultimi cinque anni, ha portato buoni risultati e fatto emergere nuovi scenari, come il peso specifico della Lombardia nei reati ambientali. Secondo il Rapporto Legambiente sulle Ecomafie, in questa regione sono stati spiccati più ordinanze di custodia cautelare che in tutte e quattro le regioni meridionali considerate finora. La Lombardia emerge anche nell’intreccio corruzione e ambiente rintracciato nel rapporto, dove la Sicilia è ancora una volta interessata con 27 inchieste (prima regione in Italia) ed è seconda proprio alla regione lombarda che ne ha 22 in corso. Ventuno sono le inchieste aperte nel Lazio, tredici in Puglia e dieci in Campania. Questi ultimi dati sono aggiornati all’ottobre 2020.
Come evidenziato durante la presentazione del rapporto, dal procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho, “diverse normative sono intervenute per contrastare i reati ambientali, ma ad oggi sono fermi i disegni di leggi che sarebbe stato importante rendere attuativi (piena operatività della Legge 136/2016, il Dl ‘Terra Mia’, il Dl contro le Agromafie, l’introduzione del Titolo VI – bis del Codice penale, inasprimento dell’art. 452 quaterdieces per l’inasprimento delle sanzione per il delitto di traffico di rifiuti). Oggi è determinante rendere delitti alcune circostanze contestate con forme di contravvenzioni al codice ambientale. Ad, esempio le emissioni sono ancora punite con sanzioni amministrative . Si ha come la sensazione che l’industria debba essere protetta al punto da consentire determinare forme di inquinamento. E se fosse lo Stato a finanziare l’adeguamento? Se fosse il Ministero dell’Ambiente a guidare la reingegnerizzazione degli impianti italiani? In questo caso potremmo pensare ad una riduzione dei rischi. La salute è il primo bene a cui dobbiamo guardare”.
Twitter: @ChiaraBorzi