Olio, da Chiaramonte Gulfi un progetto per rendere più sostenibile la produzione - QdS

Olio, da Chiaramonte Gulfi un progetto per rendere più sostenibile la produzione

Biagio Tinghino

Olio, da Chiaramonte Gulfi un progetto per rendere più sostenibile la produzione

martedì 05 Luglio 2022

Nell’areale della Dop Monti Iblei prende il via un modello produttivo supportato dal Crea
Il referente Spina: “Puntiamo su tecniche di estrazione innovative come gli ultrasuoni”

CHIARAMONTE GULFI (RG) – “In.Mi.Qu.Oil” è il progetto che ha l’intento di migliorare la qualità degli oli d’oliva grazie a un modello produttivo innovativo, tecnologicamente avanzato e sostenibile. Obiettivo del progetto è quello di dare risposte e soluzioni al comparto olivicolo regionale attraverso un modello produttivo tecnologicamente avanzato e sostenibile, una metodologia scientifica standardizzata per lo svolgimento di tutte le attività volte al miglioramento della qualità del prodotto, sia in campo che in frantoio.

Il progetto ha preso il via nel cuore dell’areale della Dop Monti Iblei, nell’ambito del PSR Sicilia 2014-2020 (Sottomisura 16.2 “Sostegno a progetti pilota e allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie”), ed è stato illustrato durante un seminario tenutosi a Chiaramonte Gulfi (RG). Ad aprire i lavori è stato Giuseppe Spina, referente del progetto.

“Le azioni che saranno messe a punto sono due – ha detto Spina -. Da un lato si punterà sulla messa a punto di tecniche innovative per il recupero e la gestione degli impianti tradizionali, con un particolare riguardo alla gestione della chioma e all’attitudine alla meccanizzazione, per poter sfruttare le potenzialità produttive e ridurre i costi di produzione, dall’altro lato si punterà su un processo di innovazione per l’estrazione dell’olio d’oliva in frantoio così da migliorare sia la resa sia la qualità. La finalità principale sarà quella di trovare il punto ottimale di raccolta e di poter utilizzare tecniche di estrazione innovative (ad esempio il protoreattore o le tecnologie ad ultrasuoni per la frangitura) che consentano l’ottenimento di un olio di qualità, sia dal punto di vista chimico che organolettico”.

Ciò sarà possibile grazie al supporto scientifico dell’ente di ricerca Crea e alle aziende coinvolte attraverso un partenariato ossia Frantoi Cutrera srl (capofila di progetto), Società agricola Cutrera Giovanni di Salvatore Cutrera & C.S.S., Azienda agricola Cinque Colli di Giaquinta Sebastiano, Tenuta Iemolo Az. Agricola di Iemolo Thierry, La Via Giovanni, Stella Anna, Società Cooperativa agricola Produttori Olivicoli e Tenuta Cavasecca Società Semplice Agricola. Si tratta di aziende operanti nell’area della Dop Monti Iblei, dove vengono maggiormente coltivate varietà quali la Moresca, la Tonda Iblea e la Nocellara etnea e dove la raccolta delle olive avviene a seconda dell’altitudine, da settembre a gennaio.

“Si tratta di un progetto legato al territorio – ha detto dal canto suo Flora Valeria Romeo, referente del Crea -. Il progetto in realtà è già iniziato qualche tempo fa, abbiamo iniziato a fare delle attività con il mini frantoio per capire, cultivar per cultivar, come si possa raggiungere un’ottima qualità senza rinunciare alla resa. È vero che in Italia abbiamo assistito a un calo della produzione però non è mai diminuita la qualità come testimonia la costante crescita delle superfici olivicole legate a coltivazioni biologiche o ricadenti nell’ambito delle Dop. Oggi dobbiamo cercare di recuperare innanzitutto ciò che abbiamo e lavorare alla messa a punto di un modello produttivo innovativo che ci consenta di migliorare la qualità della produzione lavorando sia in campo, con l’utilizzo di tecniche razionali di gestione della chioma e l’attuazione di una difesa fitosanitaria sostenibile, sia in frantoio puntando ad un rinnovamento tecnologico del comparto olivicolo per dare ai prodotti la massima impronta di qualità e tracciabilità, cioè di legame con il territorio”.

Sulla difesa fitosanitaria è intervenuta anche Veronica Vizzarri, ricercatrice del Crea, la quale ha sottolineato che qualità non può prescindere dall’adozione delle giuste tecniche di difesa fitosanitaria.

“Sarà importante in questo progetto avere un quadro generale della situazione evidenziando eventuali criticità legate ai fitofagi – ha aggiunto la ricercatrice -, in primis la Mosca dell’olivo (Bactrocera oleae). Dobbiamo comprendere il ciclo biologico degli insetti dannosi, a seguito dei cambiamenti climatici, e definire la soglia di tolleranza e le strategie da adottare: dalla lotta biologica e microbiologica a quella biotecnica o chimica. Il monitoraggio costante dei fitofagi già noti e di quelli emergenti, supportato da un’adeguata formazione professionale, rende strategica l’applicazione di tecniche agronomico-colturali nell’agro-ecosistema oliveto”.

A supportare le aziende coinvolte nel progetto che avrà la durata di due anni, sarà lo studio di consulenza Sata che si occuperà della gestione dei dati raccolti su una piattaforma condivisa e dell’applicazione e monitoraggio delle tecnologie di agricoltura di precisione, con l’installazione di sensori di umidità e temperatura del suolo e la creazione di capannine meteo virtuali in ogni appezzamento oggetto del progetto.

Biagio Tinghino

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