Lei ha avuto la possibilità di conoscere il professor Bachelet prima come studente poi come collaboratrice. Qual era il rapporto tra il professore e i suoi studenti?
“Da studente ho avuto la possibilità di seguire le sue lezioni che erano sempre molto interessanti perché il professor Bachelet era una persona che univa una grande sensibilità al rigore del metodo giuridico, che possedeva una grande cultura e, soprattutto, una grande visione d’insieme che da noi studenti in quegli anni, era la fine dei ’60, era vista come un valore aggiunto. Potevamo contare su una sua presenza continua e costante perché non è mai mancato a nessuna lezione. Durante la preparazione della mia tesi, il cui argomento era la “Partecipazione amministrativa”, un tema innovativo in quegli anni, fui seguita non solo con attenzione ma anche con grande pazienza. Tutto ciò, poi, l’ho potuto riscontrare anche quando, all’interno dell’università, il mio ruolo cambiò e divenni sua assistente. Fu lui ad avviarmi alla vita accademica, che molto presto lasciai per dedicarmi all’impegno politico. Il professor Bachelet non lasciava “per strada” nessuno dei suoi studenti perché aveva la capacità di valorizzare i migliori e, al tempo stesso, di assicurare a tutti di potersi laureare, anche alle persone meno dotate. Questo era il professor Bachelet”.
Il professor Bachelet è stato ucciso dopo aver tenuto una lezione nell’aula titolata ad Aldo Moro. Cosa c’era in comune tra Moro e Bachelet?
“Innanzitutto la formazione, sia quella giuridica sia quella ecclesiale e cristiana. Sono stati entrambi impegnati nella Fondazione Fuci (la “Federazione Universitaria Cattolica Italiana”, ndr) ed entrambi provenivano sì da due generazioni diverse, essendo Moro più anziano, ma che avevano però seguito il medesimo percorso. Anche se non abbiamo ancora appurato se fosse iscritto al partito, senza ombra di dubbio possiamo dire che Vittorio Bachelet era un democratico-cristiano. Dal punto di vista professionale, invece, entrambi conciliavano l’impegno universitario con quello politico e istituzionale. A quel tempo non c’era l’obbligo dell’aspettativa per chi aveva cariche politiche o istituzionali e, seppur Bachelet fosse il vicepresidente del Csm e Aldo Moro un politico di primo piano della Democrazia Cristiana, avevano entrambi continuato la loro attività di docente senza risparmiarsi. Come ho già detto gli studenti potevano contare sulla loro presenza alle lezioni, agli esami e all’accompagnamento per la redazione delle tesi di laurea.
Si trattava di due persone caratterizzate da pensieri molto larghi e profondi, molto articolati e mai inclini a dare giudizi sommari su niente e nessuno. Avevano la capacità di cogliere la complessità della realtà e andavano in profondità sia nella lettura dei problemi sia nella ricerca delle soluzioni possibili”.

