Nuovi dettagli in seguito al blitz antimafia successivo al delitto che ha portato alla morte del 27enne, vicino alla criminalità organizzata palermitana.
Giancarlo Romano, vittima dell’omicidio allo Sperone dello scorso 26 febbraio, aveva una talpa che lo informava delle indagini a suo carico e su come evitare la cattura: è quanto emergerebbe dalle ultime indagini seguite al delitto e alla morte del 37enne.
Pare che l’uomo, prima di essere ucciso, fosse a conoscenza dell’esistenza di un’inchiesta a suo carico.
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Giancarlo Romano aveva una talpa? L’intercettazione
“Allora l’anno scorso mi è venuto a dire che hanno messo mano i carabinieri. Chi è che me lo ha detto non si può sbagliare (…) è della squadra mobile”. Questa l’intercettazione finita in mano agli inquirenti, che fa pensare che tra i fedelissimi di Romano vi fosse anche un membro delle forze dell’ordine.
Il dettaglio è emerso nella recente operazione antimafia seguita proprio all’omicidio di Giancarlo Romano, che ha smantellato la famiglia mafiosa di corso dei Mille. Il 37enne, in questa intercettazione, parlava con Giuseppe Chiarello e Settimo Turturella, due degli indagati nell’ambito del blitz dei carabinieri, e mostrava di essere al corrente delle azioni delle forze dell’ordine a suo carico (forse già dall’anno precedente).
Il ferito è uscito dal coma
Gli inquirenti continuano a indagare sull’omicidio di Giancarlo Romano. Informazioni fondamentali potrebbero emergere dall’interrogatorio di Alessio Salvo Caruso, il giovane rimasto ferito durante la sparatoria mortale allo Sperone.
Il ragazzo è appena uscito dal coma e quindi a breve potrebbe fornire dettagli sulla notte del delitto. Al momento, Caruso è indagato come Camillo e Antonio Mira – padre e figlio – per quanto accaduto. Camillo Mira, rispondendo al gip, avrebbe affermato di aver sparato per difendersi.
Il movente
Ancora da chiarire il movente dell’omicidio di Romano: secondo le prime ipotesi, dietro al delitto potrebbero esserci gli “affari” della criminalità organizzata con le scommesse clandestine e dei debiti di mafia.
Foto da Facebook