“Auguriamo buon lavoro al nuovo ministro della Salute, Orazio Schillaci. I pazienti oncologici rappresentano un vero e proprio esercito di persone, sono circa 3,6 milioni in Italia e il sistema sanitario deve saper rispondere ai nuovi bisogni di questi cittadini. Serve una strategia unitaria per combattere il cancro”. A dichiararlo è il presidente di Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), Saverio Cinieri, dopo il giuramento del nuovo Governo Meloni.
In particolare, “serve un vero e proprio piano di recupero dell’oncologia, per colmare i ritardi nell’assistenza ai pazienti oncologici accumulati durante la pandemia”, rimarca lo specialista assicurando che “siamo pronti a collaborare con il nuovo ministro per definire questo progetto”.
“I tumori – ricorda Cineri in una nota – stanno diventando sempre più malattie croniche grazie ad armi efficaci come l’immunoncologia e le terapie mirate, che si aggiungono a chirurgia, chemioterapia, ormonoterapia e radioterapia. Però devono essere abbreviati i tempi di accesso alle nuove terapie, che oggi troppo lunghi. Senza dimenticare la prevenzione, visto che il 40% dei casi” di cancro “e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati agendo su fattori di rischio prevenibili, in particolare sugli stili di vita”. Ecco perché, secondo il numero uno dell’Aiom, è necessario che il piano di recupero dell’oncologia “parta dagli stili di vita sani: no al fumo, dieta corretta e attività fisica costante. Inoltre – sottolinea Cinieri – a causa della pandemia gli screening per il tumore della mammella, della cervice uterina e del colon retto hanno registrato una netta riduzione” e anche su questo fronte bisognerà intervenire.
“Schillaci è un medico nucleare e conosce bene i problemi dell’oncologia – osserva il presidente degli oncologi – Chiediamo al nuovo ministro della Salute di inserire in agenda, tra i primi obiettivi da realizzare, un reale potenziamento” del settore “con un’attenzione a 360 gradi – dalla prevenzione all’assistenza domiciliare, alle terapie, alla riabilitazione, all’accompagnamento di fine vita, fino alla ricerca clinica – in grado così di incidere a 360 gradi sull’impatto di questa patologia nel nostro Paese”.

