Operazione “Persefone 2”, l'asse della droga Torino-Bagheria

Torino-Bagheria, la nuova rotta della cocaina smerciata da Cosa nostra

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Torino-Bagheria, la nuova rotta della cocaina smerciata da Cosa nostra

Roberto Greco  |
giovedì 23 Marzo 2023

L'ordinanza emessa dopo il blitz Persefone 2, l'operazione antidroga che ha portato a 21 misure cautelari contro esponenti vicini alla mafia del Palermitano.

Da Torino un nuovo canale di arrivo della cocaina. Parte del ricavato era destinato al mantenimento dei carcerati. Si chiude il cerchio dell’operazione “Persefone 2”, un’articolata manovra investigativa avviata dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Palermo nel 2019 e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.

L’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Antonella Consiglio ha riguardato 21 persone, 9 in carcere, 8 agli arresti domiciliari e 4 all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.

Operazione “Persefone 2”, droga e mafia a Bagheria

È stata accertata, recita l’ordinanza, “l’esistenza di fatto di una struttura, durevole nel tempo, nella quale s’inserisce organicamente e funzionalmente il contributo del singolo, di qualsiasi natura o modalità esecutiva, nella prospettiva del perseguimento dello scopo comune” e che “il patto associativo è l’elemento costitutivo fondamentale della fattispecie oggettiva del reato ed è rappresentato da un accordo destinate a costituire una struttura permanente (ossia destinata ontologicamente a protrarsi nel tempo) in cui i singoli associati divengono, ciascuno nell’ambito dei compiti assunti o affidati, parte del sodalizio inteso nella sua unitarietà”.

In realtà l’operazione che ha portato all’ordinanza cui ha dato esecuzione oggi l’Arma dei carabinieri, ha preso il via lo scorso 13 settembre quando fu eseguito un decreto di fermo, fra gli altri, a carico di Onofrio Catalano, Massimiliano Ficano, Giuseppe Cannata e Salvatore D’Acquisto e che, tra i reati oggetto di fermo, oltre a quello di cui all’art. 416-bis C.p. (che punisce chiunque faccia parte di un´associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone), vi era quello relativo all’art. 74 D.p.r. 309/90. (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope).

Il ruolo di Onofrio Catalano

In quell’occasione – fondamentale per la riuscita dell’operazione Persefone 2 – fu riconosciuto che la piazza di spaccio di Bagheria era stata formalmente in mano a Onofrio Catalano, i”ncaricato di gestirla su autorizzazione del capo mafia Giuseppe Scaduto e concordata col capo mandamento della mafia di Villabate Francesco Colletti”.

Lo spaccio di droga ha costituito il core business della famiglia mafiosa, anche perché principale forte d’introiti da destinare al mantenimento dei carcerati, circostanza confermata dall’intercettazione del 20 settembre 2019, nel corso della quale “Onofrio Catalano, recatosi all’interno dell’abitazione dei coniugi Salerno – Di Gregorio, per consegnare circa 200 grammi di cocaina, spiegava che parte del guadagno del traffico di stupefacenti era destinato al mantenimento dei carcerati (‘a quelli che non ci sono!’)”.

L’autonomia della piazza di Bagheria

I rapporti, si legge nell’ordinanza seguita all’operazione Persefone 2, “con la piazza di spaccio di Bagheria, venivano altresì ribaditi, quando, nel corso della conversazione tra presenti intercettata alle ore 15.05 del 04/11/2020 (…) Salvatore D’Acquisto, alla presenza di Massimiliano Ficano e Giuseppe Cannata, durante un pranzo all’interno di un ristorante, nel discutere di dinamiche di approvvigionamento di sostanze stupefacenti, riferiva di aver detto a Totò Binario, fornitore di hashish di ‘Falsomiele’, che Santa Flavia, Sant’Elia e Porticello erano subordinati a Bagheria e che per tale motivo non avrebbe potuto acquistare da lui”.

Le indagini hanno consentito di “raccogliere elementi probatori di natura gravemente indiziaria di solido spessore a carico dei fornitori Francesco Paolo Lo Iacono e Daniele Cardinale, nonché a carico della coppia Salvatore Salerno e Rosaria Di Gregorio, e di svariati altri soggetti orbitanti (Giovanni Tripoli, Paolo Rovetto e Francesco Torres fra questi), a seconda del momento storico, intorno alle figure di Onofrio Catalano e Massimiliano Ficano” e che “sulla scorta dei gravi indizi raccolti (…) può affermarsi che la piazza di spaccio di Bagheria, controllata da Cosa nostra e destinata a costituire un’imprescindibile fonte di guadagno per gli scopi funzionali della stessa associazione, in primo luogo il sostentamento dei detenuti, è stata diretta, dapprima, da Onofrio Catalano, detto Gino, su autorizzazione di Pino Scaduto concordata con Francesco Colletti, per poi passare sotto ii controllo e la direzione di Massimiliano Ficano, successivamente all’assunzione di quest’ultimo del ruolo di reggente la famiglia mafiosa di Bagheria”.

Torino-Bagheria “solo andata”

Dalle attività investigative svolte nell’ambito dell’operazione Persefone 2 si sono raccolti “gravi indizi di colpevolezza sul conto di Francesco Paolo Lo Iacono (…) sotto un profilo gravemente indiziario, si è potuto accertare che il predetto è stato un fornitore stabile di stupefacenti di Onofrio Catalano, avendolo costantemente approvvigionato di cocaina, ed essendosi associato a Catalano anche nell’organizzazione di vari ed ulteriori traffici finalizzati a costanti acquisiti di sostanze stupefacenti”. Ed è evidente che si “consente altresì di ritenere che Onofrio Catalano riusciva ad alimentare il traffico di sostanze stupefacenti anche attraverso Francesco Paolo Lo Iacono” e che “dalle investigazioni è emerso inoltre lo stretto legame fra i due sodali che, nel corse dei dialoghi intercettati non esitavano a trattare qualsiasi problematica inerente sia la custodia del denaro provento delle attività illecite, sia a individuate ‘nuovi’ canali di approvvigionamento”, anche pianificando “l’avvio di trattative con personaggi (non noti) residenti in Torino e che avrebbero l’autorizzazione a rifornire di cocaina Palermo al fine di assicurarsi un canale di approvvigionamento continuo che poteva fruttargli ingenti guadagni. E che tali trattative fossero state quanto meno avviate lo si comprendeva dagli accertamenti svolti dalla PG operate da cui è agevole apprendere che Onofrio Catalano in data 17 giugno 2019 si recava a Torino, in compagnia di Aniello Garofalo, proprio per dare inizio alla pianificata attività illecita”.

In un’intercettazione ambientale del 20/9/2019, è emerso anche che Di Gregorio, Salerno e Catalano riuscivano complessivamente a smerciare 1,500 chili di cocaina

La famiglia Salerno – De Gregorio nell’operazione Persefone 2

L’abitazione di Salvatore Salerno e di Rosaria Di Gregorio, in particolare “ha rappresentato il principale luogo di custodia delle sostanze stupefacenti procurate da Onofrio Catalano che, in più occasioni, provvedeva personalmente alla consegna delle sostanze stupefacenti nelle mani di Salvatore Salerno e della moglie Rosaria Di Gregorio. Questi ultimi provvedevano al taglio e alla suddivisione in dosi, attività funzionale alla successiva redistribuzione sia ai pusher, sia a svariati acquirenti, anche per il tramite dei figli (pure odierni indagati)”.

La vendita di “tubi”

Non più cavalli o casse di arance. Nella nuova terminologia mafiosa, come dimostrato da diverse intercettazioni, il riferimento che appare costante è quello relativo alla vendita di un “tubo” che, in realtà, proprio dal tenore complessivo delle conversazioni captate può affermarsi che la proposta d’acquisito non era affatto quella di un tubo, ma di una sostanza stupefacente del genere cocaina.

Il giudice osserva che “anche in relazione alle condotte sopra rubricate deve definirsi grave il quadro indiziario a carico dei soggetti” e che “in tal senso le captazioni del 20 settembre 2019, con i relativi servizi tecnici di video sorveglianza a riscontro oggettivo delle intercettazioni, restituiscono definite le condotte, che oltre a integrare le astratte fattispecie, contribuiscono indubbiamente a delineate un rapporto univoco e diretto tra Catalano e Cardinale“.

Il ruolo di Massimiliano Ficano e altri dettagli sull’operazione Persefone 2

“Con l’assunzione del comando da parte di Massimiliano Ficano, quale ‘reggente’ della famiglia mafiosa di Bagheria, si è registrata una sottomissione alla sua autorità di Catalano e, dopo l’arresto di quest’ultimo (avvenuto il 9.10.2019), del suo uomo di fiducia Giuseppe Cannata” e che “Ficano ha anche aperto un nuovo canale di rifornimento della piazza di spaccio bagherese, rivolgendosi a soggetti riconducibili alla famiglia mafiosa di Roccella” e che “l’acquisto della sostanza stupefacente avveniva grazie all’intermediazione di Massimiliano Ficano e Giovanni Cici”.

Il giudice osserva che “Il legame esistente fra i sodali è stabile, duraturo net tempo, finalizzato in via precipua alla messa in alto dei vari delitti”. Questo dettaglio, assieme agli altri indizi raccolti, è all’origine dell’ordinanza odierna.

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