FdI candida a sindaco il suo coordinatore provinciale che in un’intervista al QdS spiega la strategia per i primi cento giorni di governo: “Rimettere al centro le infrastrutture strategiche”
TRAPANI – La destra c’è ed accelera. La sfida a Trapani sarà difficile, complessa, piena d’ostacoli. Il sindaco uscente Giacomo Tranchida non lascia spazi politici ai suoi avversari, ma è arrivato il momento di cambiare. È il manifesto di Fratelli d’Italia, che ha deciso di lanciare nella mischia il suo coordinatore provinciale Maurizio Miceli. Uno scontro – in attesa di altri candidati – che sarà senza esclusione di colpi. Miceli punta ad un’operazione verità sui cinque anni di amministrazione Tranchida ed ha già pronta l’agenda dei primi cento giorni di governo della città. Ma l’ultima parola spetterà ai trapanesi il 28 e 29 maggio.
Perché ha scelto di proporre la sua candidatura anticipando il confronto con la coalizione di centrodestra? Prima candidato di Fratelli d’Italia e poi dello schieramento?
“FdI, nelle autorevoli figure del coordinatore regionale Giampiero Cannella e del deputato regionale Nicola Catania, di concerto col responsabile nazionale del partito Giovanni Donzelli, ha chiesto la mia disponibilità a candidarmi alla carica di sindaco di Trapani per proporla alla città, sia alle forze politiche che alle realtà civiche, imprenditoriali, associative, sindacali, professionali, per costruire un progetto politico ambizioso per il rilancio del nostro capoluogo. Come noto, già diversi partiti e il mondo civico stanno rispondendo favorevolmente al nostro appello, in primis il Movimento per le nuove Autonomie, il Movimento STOP, Noi con l’Italia e altre interlocuzioni sono ben avviate. Il nostro schieramento è uno solo: Trapani e gli alleati saranno i nostri concittadini che meritano di meglio che vedere una forte emigrazione. Sono troppi i giovani costretti a scappare da Trapani, lasciando i propri affetti, la propria terra d’origine e la speranza di poterci tornare a vivere, troppi gli ostacoli all’impresa privata”.
Quando parla delle realtà civiche del territorio a quali fa riferimento? Il civismo cittadino è egemonizzato dal sindaco Tranchida.
“Il civismo di Tranchida serve a comporre marmellate para – clientelari e a nascondere le promiscue identità di partito, per organizzare macchine elettorali utili ad un solo scopo, rimanere attaccato alla poltrona, a tutti i costi. Ne è conferma una recente dichiarazione delle consigliere comunali di maggioranza che si vantano del Pd senza mai aver costituito il gruppo consiliare e che definiscono platealmente Tranchida sindaco del Pd. Il civismo cui ci rivolgiamo noi è genuino, nasce nei quartieri, si muove partendo dalle esigenze specifiche e diffuse, è frutto di un moto spontaneo. Un esempio di vero civismo lo abbiamo sperimentato nella vicina Misiliscemi, con l’associazione capitanata dall’attuale sindaco Tallarita. All’epoca quasi in solitaria, col comitato del ‘No’, mi opposi alla nascita di questo Comune – mentre proprio Tranchida parlava di autodeterminazione dei popoli e cialtronate simili -, tuttavia non ho difficoltà a riconoscere l’autentica matrice civica del gruppo di Tallarita, coriacei nel difendere le prerogative di un’area di Trapani trascurata nel tempo. Ero contrario a questa soluzione ma condividevo i loro disagi, in termini di servizi e di infrastrutture, che spero riescano a superare quanto prima”.
Come farà a convincere i trapanesi che l’attuale amministrazione va cambiata?
“Basta girare per la città, i trapanesi sono già convinti. Questa giunta ha fatto le cose peggiori nel modo migliore possibile. Tuttavia non ci dobbiamo appiattire sulla critica ma abbiamo il dovere della proposta, tanto per l’ordinaria quanto per la straordinaria amministrazione. Siamo in un’era di forti innovazioni, le dobbiamo declinare al meglio per valorizzare le eccellenze naturali, storiche, imprenditoriali e, in senso lato, artigianali che possiamo esprimere. Questo è il nostro inestimabile patrimonio che non dobbiamo disperdere né vedere trapiantare, per nostra colpa, in altre parti d’Italia o all’estero”.
La prima cosa che farebbe da sindaco di Trapani?
“Farei immediatamente certificare il bilancio, perché senza questo strumento, definito e approvato, non potremo dare risposte ai cittadini. I danni dell’alluvione dovuti alla stagnazione dell’acqua, altro non sono che frutto della mancata manutenzione della rete fognaria, mancata per incapacità amministrativa e perché il bilancio non era stato approvato. è bene che i trapanesi abbiano chiaro questo concetto. Chiaramente nei primi cento giorni ci premureremo di superare certe storture, intollerabili, su tutte il rifacimento della rete idrica, la questione del sottopasso, i lavori mal fatti sulla via Fardella, che intendiamo spianare e rivedere in una organica revisione urbana della città. Punteremo a rimettere al centro i nostri fondamentali, sfruttando al meglio e potenziando le infrastrutture strategiche, porto e aeroporto, favorendo intese tra Comuni, operatori culturali e del settore turistico. Ciò che più conta è che a governare Trapani siano le nuove generazioni, sulle spalle esperte di chi ci ha preceduto, per guardare con favore al futuro, disegnando una città moderna, fertile per investimenti del settore privato, che non lasci nessuno indietro e senza complessi di inferiorità nei confronti di nessun’altra realtà, affinché Trapani non sia più terra di conquista”.