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Palermo, intesa per il reinserimento dei detenuti nel tessuto sociale

redazione

Palermo, intesa per il reinserimento dei detenuti nel tessuto sociale

Antonio Schembri  |
giovedì 01 Dicembre 2022

Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e Comune hanno siglato un accordo per impiegare cinquanta soggetti dell’Ucciardone in attività finalizzate alla cura del decoro urbano

PALERMO – Cinquanta detenuti del carcere Ucciardone da impiegare presto in attività di decoro urbano. Lo prevede il protocollo di pubblica utilità siglato dal sindaco Roberto Lagalla e il capo del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) Carlo Renoldi, delegato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Intitolata “Mi riscatto per Palermo”, l’intesa è stata presentata nella Sala Onu del Teatro Massimo: non a caso. Perché è al recupero e alla salvaguardia della bellezza che mira questo progetto, in linea con i dettami di sostenibilità ambientale dell’Agenda 2030. E perché questa iniziativa – che in Italia ha un retroterra segnato dalla riforma dell’ordinamento penitenziario del 2018 e dall’accordo dell’anno seguente stipulato proprio con il comune del capoluogo siciliano dall’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per adibire venti detenuti alla cura del verde pubblico (rimasto di fatto inapplicato con la paralisi delle attività amministrative dovuta alla pandemia) – ha cominciato a tracciare un importante solco di recupero della dignità per decine di condannati che scontano pene detentive. Un cammino espresso da quattro anni in ormai circa cento progetti di reinserimento in diversi territori d’Italia.

Un percorso su cui l’Italia è ormai un riferimento internazionale di buone prassi, oggi applicate in altri ordinamentali statuali sotto l’egida delle Nazioni Unite. Tra questi Paesi c’è il Messico, che adatta già alla propria normativa penitenziaria quella italiana e dal quale parte il Documento internazionale di pubblica utilità, stilato dall’Unodc, l’agenzia delle Nazioni Unite per il contrasto alla droga e al crimine organizzato. Punti fondamentali del memorandum sono il rilascio temporaneo dal carcere dei detenuti per consentirgli di svolgere lavori a favore della società; il loro diritto a ricevere una formazione professionale; la necessaria previsione nel bilancio del ministero della giustizia di fondi per sostenere questo genere di programmi di reinserimento e i partenariati internazionali. Un quadro nel quale sta giocando un ruolo strategico la partnership con Enel Green Power, nella ricerca e formazione di persone private della libertà.

A Palermo queste saranno indirizzate in particolare alla cura del verde pubblico. A sceglierle sarà l’Amministrazione comunale in base loro profili comportamentali forniti dal Dap, per poi inserirle in programmi di formazione ad hoc. “La cornice normativa sulle attività di pubblica utilità – ha spiegato Renoldi – è il nuovo articolo 23 dell’ordinamento penitenziario. Si tratta di lavori che i detenuti svolgono su base volontaria, senza retribuzione, basati su un processo di acquisizione di nuove competenze e abilità professionali in vista della conclusione dell’esperienza carceraria o di un inserimento lavorativo nell’ambito di misure alternative nel corso dell’espiazione della pena. Ciò può accadere con le forme della giustizia riparativa, una delle espressioni più mature del fine rieducativo della pena affermato dalla Costituzione”.

La riflessione che ha portato a definire questo nuovo istituto parte proprio dalla Sicilia negli anni Novanta, con l’intensificarsi, nella popolazione carceraria, dell’istanza di partecipare a attività socialmente utili. “Nel 2003 – ha ricordato Gianfranco De Gesu, direttore generale dell’Ufficio detenuti presso il Dap – circa cento detenuti provenienti da quasi tutte le carceri siciliane vennero impiegati in lavori straordinari di pulizia nel sito archeologico di Morgantina. Ma mancava appunto ancora un istituto che disciplinasse questo genere di attività. D’ora in avanti, ripartendo da Palermo, puntiamo a estendere questa sperimentazione ad altri ambiti lavorativi”.

L’emancipazione della persona che ha commesso reati, ha concluso il sindaco Roberto Lagalla, “va sempre più agevolata, perché la detenzione deve arrivare a una sua fine. Se no, avremmo solo trasformato la pena di morte effettiva in pena di morte sociale”.

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