Dopo il “Festino sospeso” dell’anno scorso, quando Palermo e i palermitani, reduci dall’emergenza sanitaria globale, sono stati costretti a vivere un Festino-non-Festino, la città, quest’anno si prepara a festeggiare la “Santuzza” con un pizzico di coraggio in più, rispetto allo scorso: quello che serve per riprendere a vivere e a respirare l’ aria della ripartenza.
In realtà il Festino di Santa Rosalia, amato o odiato, criticato o apprezzato, rappresenta l’essenza dei palermitani e anche coloro che dicono di detestarlo- siamo certi – ne hanno sentito la mancanza.
Così, anche quest’anno, possiamo provare ugualmente a vivere il nostro Festino alternativo “mettendo gambe in spalla” ed iniziare il rituale tour che ci conduce attraverso un interessante itinerario culturale e gastronomico tanto caro ai palermitani, quanto apprezzato dai turisti che da ogni parte del mondo accorrono per apprezzare “u fistinu“ di Santa Rosalia.
Per ogni palermitano, che sia credente o meno, infatti, “U fistinu “ di Santa Rosalia, rappresenta un appuntamento imperdibile in occasione del quale consolidare la propria “palermitanità” gridandola al mondo interno al noto inno di “Viva Palermo e Viva Santa Rosalia”. Nonostante le inevitabili polemiche che ogni anno avvolgono e travolgono l’organizzazione di questo evento divenuto ormai di fama internazionale, “u fistinu” – inclusa la sua assenza- desta l’ interesse di tutte le classi sociali, senza distinzione di sesso ed età.
Insomma “u fistinu è u fistinu” e, come tale, racchiude in sé un percorso storico, culturale e gastronomico che è espressione e orgoglio di tutti i palermitani.
Se avrete la pazienza di seguirci in questo itinerario, infatti, scoprirete che, religiosità a parte, il “fistinu” in realtà è un cammino costellato di innumerevoli tappe che rappresentano tutti gli elementi principali della cucina siciliana: dalla frittura di panelle e crocchè alle granite e gelati.
Il nostro percorso inizia da “Francu u Vastiddaru”, in corso Vittorio Emanuele, dove è possibile, anzi doveroso, munirsi del cosidetto “cuppino” di “panelle e cazzilli” rigorosamente gustati con il succo di limone appena spremuto, e un panino con melanzana fritta, con o senza pangrattato.
Così rifocillati iniziamo il cammino lungo Corso Vittorio Emanuele, illuminato a festa. In realtà, nonostante il succo di limone fresco spremuto su “panelle e cazzilli” bollenti, aiuti la loro digestione, di certo il “pipitone” (cedro), venduto in uno dei tanti chioschetti di frutta sparsi lungo il cammino renderà ancora più facile digerire quelle deliziose quanto pesanti fritturine dorate, e, cosparso di sale, secondo tradizione, sarà ancora più efficace.
Proseguendo, nonostante quest’anno non siano previste le bancarelle di venditori ambulanti, se ne avete la possibilità, acquistate un secondo “cuppino” di calia e semenza da “spizzuliare” durante il tragitto.
Trionfanti con il nostro “coppo” procediamo spediti incontro alla “Santuzza” che intravediamo in lontananza , svettare dal carro, costruito in suo onore, apparentemente ignara di quanto sia faticoso, ogni anno, e in questo in particolare, organizzare un “ Fistinu” all’altezza delle aspettative dei palermitani e di tutti quelli che, da ogni parte del mondo, arrivano attratti da una manifestazione la cui fama da anni ha ormai valicato i confini dell’isola.
La Santuzza è là, sovrasta il suo carro e irradia la sua luce su tutti coloro che, nonostante i propri fardelli e preoccupazioni, le vanno incontro, con la stessa leggerezza e gioia di quando vai a trovare un parente o un amico che non vedevi da tempo.
Certo è che se non avessimo già le mani impegnate dal “cuppino di calia e semenza” potremmo gustare una calda e succulenta pannocchia bollita, o dei lupini salati, oppure rivolgendoci al dolce, un coloratissimo “gelato di campagna”.
In realtà non si tratta di un gelato ma di un dolce di origine araba, fatto con zucchero colorato (bianco, rosso, verde e marrone), pistacchi, mandorle e canditi. Si tratta di un dolce tra i più calorici che la mente umana abbia potuto concepire poiché è fatto unicamente di zucchero, anche se poi, mordendolo, l’incontro con la frutta secca ne smorza l’eccessiva dolcezza.
Superata Porta Felice, si apre dinanzi a noi il porto della Marina, la cosiddetta “Cala”, che, quest’anno, sarà uno dei cinque punti da cui verranno sparati i fuochi d’artificio a mezzanotte e che avranno la durata di circa venti minuti.
Se non avete la fortuna di guardarli da una terrazza potrete conquistare un ambitissimo posto in una delle gelaterie lungo il foro italico dove gustare un gelato o una granita di vari gusti di cui alcuni sono tra i più antichi quali melone alla siciliana, scorsonera (gelsomino e cannella) oppure giardinetto (fragola, limone e pistacchio) in attesa dello spettacolo dei fuochi d’artificio.
E se, invece, vi venisse voglia di mangiare una bella fetta di anguria non esitate a recarvi dal “mulunaro” per rinfrescare il palato con una bella fetta di anguria ghiacciata anzi “agghiacciatissima”.
Così sazi e rinfrescati non ci resta altro che attendere i fuochi per dire, come ogni anno, che “quelli dell’anno scorso sono stati più belli” e poi tornare ogni anno puntuali, in prima fila per vederli, continuando a vivere con orgoglio la nostra ”palermitanità”. D’altra parte “u fistinu è u fistinu”, o si ama o si odia, ma chi lo ama lo ama per sempre.
Manuela Zanni

