Il nuovo corso del partito di Berlusconi targato Schifani non sembra più brillante dell’ultimo Miccichè: il commento.
Forza Italia in Sicilia è andata male, dicendola piatta. A Trapani non ha superato il 5%, a Ragusa non pervenuta, attende l’esito di Siracusa, dove al ballottaggio c’è un suo candidato in quota famiglia Gennuso. Ma quello che ha ottenuto maggior consenso in quell’area è stato Edy Bandiera, che si è candidato in proprio ed è passato con il sindaco uscente Francesco Italia, da un’Italia all’altra. Tiene, ma calando rispetto alle regionali, a Catania, trainata da Marco Falcone, che però molti danno in uscita come assessore.
Il nuovo corso del partito di Berlusconi targato Schifani non sembra più brillante dell’ultimo Miccichè, che alle regionali scorse, nonostante le diatribe interne, comunque tallonava FdI.
A breve ci saranno le Europee, e i giochi si stanno già facendo dentro il corpaccione dell’ex corazzata siciliana di Silvio da Arcore. Affila le armi la cosiddetta componente Cardinale, che vanta diversi uomini dentro il partito, ma potrebbe essere affiancata dalla Balena Bianca di Totò Cuffaro, che una candidatura è certamente in grado di esprimere, e i moderati berlusconiani sembrano l’approdo naturale. Di fatto tra gli ex manniniani Cardinale e Cuffaro, per quel che resta del vecchio partito liberale di Antonio Martino e compagni non c’è spazio.
Paradossalmente più sparisce la vecchia Forza Italia, che in Sicilia aveva con Gianfranco Miccichè l’ultima fortezza Bastiani, più aumenta il potere di intermediazione e di garante senza truppe di Renato Schifani, il suo ruolo naturale. Schifani a parte Caruso non ha mai avuto seguito, truppe e fedelissimi. È sempre stato un uomo di relazioni più che di consenso. Come Casini, che si è dovuto smagrire il partito per entrare nella cruna dell’ago della sopravvivenza politica. Il ruolo di Schifani oggi è di mediatore tra le ardue frammentazioni del centrodestra, tra Lombardo e Sammartino, passando per Turano, tra Cuffaro e la coppia Pogliese&Cannella, con un orecchio al paternese La Russa. Anzi un partito forte di consensi gli sarebbe forse di ostacolo alla mediazione, perché gli tirerebbe eccessivamente la giacchetta per ottenere spazi e potere.
Di fatto Schifani più che il ruolo di Governatore sta interpretando una postura mattarelliana, con moniti e moral suasion, cercando di tenere insieme una maggioranza risicata e per nulla semplice. Ruolo perfetto se fosse stato eletto dal Parlamento siciliano, come succedeva prima del 2000, e come è successo a lui quando assurse alla carica di Presidente del Senato. Solo che oggi l’elezione diretta dei cittadini sovraccarica la presidenza della Regione di attese di risultati gestionali, quelli che ottengono Zaia e Fedriga, e non di fini astuzie mediatrici e comportamenti di rappresentanza. Ma tant’è che per la maggioranza di centrodestra tutto questo è perfetto. Tanto anche se l’oggi è incerto, domani è sempre un altro giorno.
Così è se vi pare.