Passaporti a go go - QdS

Passaporti a go go

Pino Grimaldi

Passaporti a go go

sabato 18 Marzo 2023

In una Italia nella quale in molti non hanno neanche la carta d’identità è arrivata una quasi “marziana socio-politica” che siede alla Camera dei deputati della Repubblica (quella fondata –vedi art. 1 Costituzione – sul lavoro) e che un giorno dopo la sua elezione gazebiana a presidente del PD con il 53,80 dei voti, ma che nei precedenti gazebi in cui votavano gli azionisti del partito – cioè gli iscritti ad esso – aveva preso un misero 32%, ha ripeso la tessera di quel partito dal quale era uscita sdegnata in tempi renziani, ha dichiarato “essere donna, non madre, che ama una donna” (cose sue) ed oggi dopo il Congresso che ha ratificato la sua elezione è de jure e de facto (ammesso che lo si possa dire per un qualsiasi partito che non ha alcun valore legale essendo una associazione privata) segretario a tempo indeterminato, ma che ha un problema del quale, immagino, nella sua tachifemia annichilente e gridata, non si è resa bene conto: ha tre passaporti.

Quello svizzero, immagino il primo perché è nata a Lugano nel 1985, quello statunitense per via di suo padre con il quale ha vissuto in Usa alcuni anni della sua vita, e quello italiano perché cittadina italica residente a Bologna ove è stata eletta sia al Parlamento europeo, poi alla Camera e tra i due alla Regione Emilia Romagna della quale è stata vice presidente.

E se è vero che “omnia trinum est perfectum” tale non appare se riferito al multipassaportismo della nostra: al secolo Elly Schlein.

Che in teoria (ma lei lo ha negli spazi reconditi della sua mente) può anche divenire primo ministro e (se Mattarella si dimettesse) Presidente della Repubblica e che, ad esempio incontrando suoi pari, creerebbe imbarazzo. Tanto per dire, Joe Biden (USA) o Alain Berset (Svizzero) non saprebbero se stessero parlando con una loro concittadina o con un capo di governo o di stato “frostiero”. E lo stesso in Italia, quando incontra il segretario di un altro partito che potrebbe eccepire che non intende parlare con un cittadino per lui altrettanto “foresto”.

Ma a prescindere da tutto ciò, e considerando che nella sua parte politica anche Togliatti aveva il passaporto italiano e della URSS (dunque nulla di nuovo), va detto che è una stupenda creatura umana, giovane, costante, di ottima famiglia, intrisa di multiculturalismo, poliglotta, sicura – anche troppo – di sé (quasi narciso), chiara ed elegante nel linguaggio forbito, con uno spruzzo di paranoidismo (“omnia mecum fero” e tutti gli altri sono in errore) poco pragmatica e sbaciucchiona (le origini ebraiche).
Si direbbe arrampicatore sociale, ma nel tempo può essere una risorsa per una casta politica nella quale chi è all’altezza si conta su qualche mano.

Un solo problema: se Xi-jinping, vistola, le desse “honoris causa” (ma per utilizzarla!) il passaporto cinese.
Be’, sarebbe troppo. Forse.

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