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Giovanni Pizzo  |
lunedì 20 Marzo 2023

Si vota i ben 18 capoluoghi di provincia e in Friuli-Venezia-Giulia e queste amministrative saranno un banco di prova per il "nuovo" PD.

Tra aprile e maggio, purtroppo si torna al voto. Diciamo purtroppo perché sta diventando faticoso il votare spesso e volentieri. Il voto è democrazia ma si potrebbe gestire in maniera più ordinata e non come il calendario di calcio attuale in cui ogni giorno praticamente c’è una partita. Sembra che tutto questo sia fatto per aumentare il faziosismo, la politica da bar, il tifo sul nulla visto lo stato comatoso continuo delle nostre amministrazioni. Più spesso si vota, più la gente non va a votare. Non ne percepisce il fondamentale diritto e percepisce invece inutilità dell’esercizio, a causa della scarsa capacità di governo a tutti i livelli.

Comunque si vota i ben 18 capoluoghi di provincia e in Friuli-Venezia-Giulia, bisogna dirlo completo perché qualcuno si potrebbe offendere. È la prima prova di Meloni presidente e di Schlein capa dell’opposizione. Chi vincerà, chi perderà? Per Meloni è un sondaggio anche sulla salute governativa. Per Schlein? È più una cartina di tornasole sulla tenuta del partito, dopo il congresso che ha dato una maggioranza diversa tra gli iscritti e gli elettori liberi. Le correnti spariranno? Oppure aspettano al varco il segretario, anzi la segretaria? Sarà la verifica anche della tenuta della squadra Schlein. La quale ora dovrà comporre la segreteria dopo una direzione che ha già fatto intravedere qualche mugugno. Bonaccini ha chiuso l’accordo, ma diversi non hanno gradito. Volevano restare con il loro candidato distinti e distanti. Lui invece ha strappato ed è andato alla presidenza del partito.

Si vota anche a Brescia, terra Lombarda del lodigiano Guerini. Siamo sicuri che Base Riformista, la sua corrente, riesca a stare dentro questa unità sbandierata a parole ma non nei temi all’ordine del giorno. Siamo sicuri che gradiscano a Brescia, per esempio, l’abbraccio con i 5stelle? A Catania l’accordo progressista era partito in quarta. Siamo solo noi, come fossero Vasco Rossi, escludendo ipotesi di accordo con altri, dal civico Bianco al Terzo Polo o altri al centro. Però il candidato, Emiliano Abramo, si è prontamente ritirato. Ragioni personali, sembra una formula molto di rito per non dire altro. Il nodo alleanze, e quando ci sono elezioni è una spada di Damocle per chi deve decidere, ritorna come quei ritornelli di canzonette estive, tipo sole, cuore e amore.

Dopo le elezioni, dopo i conteggi di morti e feriti, chi nel PD teme di scomparire si farà due conti. Gli occhi sono puntati sulla parte popolare, cattolica, ex renziana in gran parte. O Base Riformista cambia nome, tipo Base Salariale o Base Sindacale, o per loro si fa dura. Le Riforme che hanno in mente gli uomini della Schlein non sono proprio le Riforme auspicate dal correntone di Guerini e Lotti. Lì potrebbe esserci più che una scissione un perdersi di vista. Un arrivederci al 2027 o anche prima, se il governo alle europee fa flop. Soprattutto se poi il sentimento antiguerra strisciante nel paese conquista like e comunicati pacifisti. Difficile che Guerini, l’americano, due volte presidente del Copasir, ex ministro della Difesa, insignito dell’ordine ucraino di Jaroslav il Saggio, possa seguire una simile rotta del PD. La verità è come al solito quella che fa ridere sotto i baffi che non ha quel diavolaccio di Rignano. Guerini e soci hanno molto più in comune con Renzi di quanto non abbiano con il trio Schlein, Conte e Landini.

Per questo Renzi sul nuovo soggetto che dovrebbe superare il Terzo Polo fa la parte di Penelope. Aspetta truppe fresche, o usate garantite, da apportare. Certo la Schlein potrebbe stupirci, e come ha cooptato Bonaccini potrebbe farlo con Guerini, ma la vedo difficile, l’uomo è un testardo lodigiano democristiano, laureato all’Università del Sacro Cuore, fatto di pasta meno malleabile di quella con cui si fanno i tortellini.

Così è se vi pare.

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